Vaccini e farmaci: ecco la proposta di medici e ricercatori per fermare l’oligopolio delle case farmaceutiche
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Durante il periodo pandemico – ma anche in epoche precedenti e ancora oggi – si è acceso il dibattito sui vaccini, sui farmaci e sulle aziende che li producono. La quasi totalità delle opinioni più o meno fondate verteva sugli effetti e sugli aspetti giuridici, evidenziando un’ampia forbice fra le posizioni opposte, spesso tradottasi in “risse da stadio” mediatiche che non hanno per nulla giovato al dibattito, anzi, lo hanno privato di quasi ogni valore.
Eppure c’è un aspetto centrale che riguarda molto da vicino vaccini e case farmaceutiche che quasi mai viene approfondito opportunamente ed è quello legato alla sfera economica e commerciale: quanto costano? Chi li paga? Su chi ricadono gli oneri economici? Qual è il quadro legislativo che regola le transazioni?
A riportare con urgenza l’attenzione sull’argomento ci prova l’ISDE, l’associazione medici per l’ambiente, ricordando che mentre i cittadini e le cittadine europei sono ancora nella morsa del Covid-19 e delle sue varianti e stanno iniziando i piani per la quarta dose, al di là dell’Atlantico l’amministrazione Biden – secondo la notizia riportata da diversi organi d’informazione, fra cui Reuters e Wall Street Journals – ha sottoscritto un contratto con Pfizer da 3,2 miliardi di dollari per 105 milioni di dosi a 30 dollari l’una.
Le cifre riportate sollevano non pochi dubbi, dato che studi indipendenti (Imperial College, Londra; Light e Lexchin, Journal of the Royal Society of Medicine) stimano il costo di una dose di vaccino a mRNA fra 1,20 e 3 dollari: «Si genera quindi un margine di profitto lordo del 900% per la casa farmaceutica», fa notare l’ISDE. «In Europa si apre invece un’opportunità senza precedenti di andare in una direzione diversa, mettendo al primo posto il diritto alla salute».
Già, perché il prossimo 28 settembre, presso il Parlamento Europeo, si discuterà la proposta di costituire un’infrastruttura pubblica comune di ricerca biomedica per lo sviluppo autonomo di nuovi farmaci, vaccini, diagnostica e tecnologie medicali. L’attività di questa realtà sarà orientata dai bisogni della salute, sostenuta dai Governi della UE, aperta a paesi terzi, in dialogo con la società civile, in grado di valorizzare le eccellenti capacità esistenti in Europa nelle Università, negli istituti no-profit, nelle imprese innovative, sulla base di contratti trasparenti e senza esclusive brevettuali.
Una suggestione decisamente interessante che sembra andare nella direzione di una sanità veramente pubblica, al servizio dei cittadini e libera dalle implicazioni economiche e commerciali che gravano spesso sull’attività delle grandi multinazionali del farmaco. A sostegno della proposta è stata inviata pochi giorni fa una lettera aperta indirizzata alle Istituzioni europee e ai Governi, che vede tra i promotori e firmatari Massimo Florio – professore di Scienza delle Finanze dell’Università di Milano, membro del Forum Disuguaglianze e Diversità e autore dello studio che verrà discusso –, Fabrizio Barca – co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, all’interno del quale l’idea è nata – e Silvio Garattini, ricercatore e fondatore dell’Istituto Negri.
Al loro fianco anche Giuseppe Remuzzi – Direttore scientifico dell’Istituto Negri e Professore “per chiara fama” dell’Università di Milano –, Vittorio Agnoletto – medico, coordinatore campagna NO profit on pandemic –, Nicoletta Dentico – giornalista Cofondatrice dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale –, Roberto Romizi – Presidente Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia – e Giuseppe Masera, già Direttore Emato-oncologia pediatrica dell’Università Milano Bicocca. E tra i primi firmatari tanti altri studiosi e studiose, rappresentanti di associazioni scientifiche e della cittadinanza attiva, nonché le ex Ministre della salute Rosy Bindi e Giulia Grillo.
“Con un bilancio annuo simile a quello della Agenzia Spaziale Europea – circa 7 miliardi di euro nel 2022 –, ispirandosi anche all’esperienza del CERN, dell’European Molecular Biology Laboratory (EMBL) e di altre eccellenze scientifiche, il nuovo soggetto potrebbe nell’arco di venti anni divenire il primo centro del mondo per la ricerca biomedica intramurale, con un ampio portafoglio di progetti innovativi nei campi meno coperti dall’industria”, si legge nell’appello.
I firmatari chiedono “alle istituzioni europee e ai governi di prendere in considerazione questa proposta, di farla propria e di svilupparla con senso di urgenza”. In un momento in cui la salute di milioni di cittadini e cittadine europee è ancora sotto attacco del virus, sarebbe imperdonabile non cogliere l’occasione per cambiare radicalmente il rapporto tra salute come bene comune e profitto oligopolistico di un ristretto gruppo di multinazionali farmaceutiche. La scienza e i sistemi sanitari europei possono diventare autonomi iniziando ora un progetto comune.
Qui il testo dell’appello e firme. Per sottoscrivere l’appello si può scrivere una mail a perbiomedeuropa@gmail.com.
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