13 Lug 2022

Vaccini Covid, tutto quello che c’è da sapere

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

I vaccini anti Covid sono stati uno degli aspetti più discussi degli ultimi due anni. Si è parlato molto della loro efficacia e sicurezza e la società è sembrata spaccarsi in favorevoli e contrari alle vaccinazioni. Cerchiamo di vederci più chiaro.

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I vaccini Covid sono al centro del dibattito da mesi. Fra polemiche, imposizioni, reazioni avverse, teorie cospirazioniste, le campagne vaccinali sembrano aver diviso l’Italia, e il mondo, ancor più della pandemia, in due classi distinte e reciprocamente escludenti di pro-vax e no vax. Ma come sempre, la realtà è molto più complessa di così. In questi mesi abbiamo provato ad andare oltre le divisioni e approfondire l’argomento.

In questo articolo potrai trovare:

QUALI E QUANTI SONO I VACCINI COVID

Secondo il sito Covid19 Vaccine Tracker, un’iniziativa finanziata dalla McGill University Interdisciplinary Initiative in Infection and Immunity esistono al momento (luglio 2022) 38 diversi vaccini Covid, 11 dei quali approvati dall’Oms. 

Come abbiamo spiegato, tali vaccini differiscono per il “metodo” utilizzato per stimolare la risposta del sistema immunitario. Tutti contengono un “antigene”, ovvero un qualcosa di appartenente al patogeno rispetto a cui si vuole immunizzare (che nel caso del Covid spesso è la proteina Spike, una particolare proteina che il virus usa come “chiave” per agganciarsi alle cellule), ma i modi in cui questa immunizzazione avviene possono variare anche di molto. 

Le tipologie di vaccini covid sono le seguenti:

  • a mRNA, o RNA messaggero
  • a vettore virale
  • inattivati
  • proteici

Fra i primi vaccini Covid sviluppati ci sono stati quelli a RNA messaggero (mRNA) e quelli a vettore virale. Nel primo caso (ad esempio Pfizer e Moderna) si inserisce il codice necessario alle cellule per produrre la proteina Spike. Nel secondo caso invece (ad esempio AstraZeneca e Johnson & Johnson) si inietta un altro virus opportunamente ingegnerizzato e reso inoffensivo, il cui scopo è comunque produrre una reazione immunitaria alla proteina Spike.

vaccini covid
Moderna, uno dei primi vaccini Covid sviluppati

Tuttavia ne esistono adesso anche di altri tipi. I vaccini inattivati, che introducono nell’organismo una certa di quantità del virus ucciso (per quanto ci sia un vivo dibattito sull’opportunità di considerare “vivi” i virus), come ad esempio i cinesi Sinovac e Sinopharm. Quelli proteici, come il cubano Soberana o il più recente Covavax (prodotto dall’americana Novavax).

EFFICACIA DEI VACCINI COVID

Stando ai dati ufficiali, i vaccini Covid – con una differenza non molto marcata l’uno dall’altro –  hanno una discreta efficacia nel coprire dall’infezione nelle prime settimane e una buona efficacia nell’evitare le forme più gravi della malattia. 

  • Tale protezione svanisce molto velocemente, raggiungendo lo 0% fra il quinto e il sesto mese dalla vaccinazione. 
  • C’è molta differenza nella protezione offerta nei confronti di Omicron, che è minore di circa 20 punti percentuali rispetto alle varianti precedenti
  • La vaccinazione nei confronti di Omicron (al momento la variante predominante) offre una protezione sufficientemente alta fra la 2a e la 4a settimana (45-75% a seconda del vaccino) ma cala rapidamente e tende allo zero a partire dalla 20a-25a settimana (quinto-sesto mese). La dose booster fa salire nuovamente la protezione al 60-75%, con un andamento successivo che sembrerebbe simile, ma non si hanno dati sufficienti per monitorare l’andamento per un periodo equivalente di tempo.

Come abbiamo scritto, alcuni studi compiuti in Qatar e in Svezia sembrano suggerire che non solo la protezione dall’infezione dovuta al vaccino sembra scemare rapidamente, ma addirittura sembra invertirsi. Vi sarebbe una maggiore tendenza a infettarsi dei vaccinati. Ciò però, a detta degli stessi ricercatori, potrebbe essere (plausibilmente) dovuto alle differenze abitudini sociali e normative che riguardano le persone vaccinate e non vaccinate.

Ad ogni modo, a fianco a questi dati specifici c’è un altro macrodato che è impossibile non considerare, ovvero che l’effetto delle campagne di vaccinazione sulla circolazione generale del virus è stato molto ridotto, se non praticamente nullo. Pur avendo una certa efficacia nella protezione del singolo individuo, i vaccini Covid non hanno avuto – anche per via delle nuove varianti, in particolare Omicron – l’effetto di rallentare visibilmente i contagi né tantomeno di creare la tanto agognata immunità di gregge. 

REAZIONI AVVERSE AI VACCINI COVID

Le reazioni avverse ai vaccini Covid sono stati uno dei principali argomenti addotti da chi è contrario alla vaccinazione. Ma quali e quante sono? E sono più o meno pericolose della malattia stessa?

Come abbiamo spiegato in questo articolo, “è difficile ottenere dei dati “puliti” perché la relazione causale fra una vaccinazione e una reazione avversa non è sempre facilissima da stabilire e molto dipende dai sistemi utilizzati per monitorare il fenomeno. Di conseguenza si rischia di sottostimare il problema o viceversa di cadere nel bias del post hoc ergo propter hoc che consiste nell’attribuire qualsiasi cosa succeda dopo la vaccinazione alla vaccinazione stessa”.

I dati ufficiali dei Governi ci parlano perlopiù di effetti collaterali non così frequenti e quasi sempre di lieve entità. Secondo l’Aifa le reazioni avverse generiche sono circa 120 ogni 100mila dosi somministrate, di cui 17 considerate gravi. Le percentuali molto basse sono però anche il frutto della modalità con cui vengono collezionati i dati: una modalità chiamata di “vigilanza passiva”, basata sulle segnalazioni da parte degli utenti e dei medici curanti, che tralascia un gran numero di casi che per varie ragioni non vengono segnalati. 

Secondo la Commissione Medico-Scientifica indipendente (CMSi) nata in Italia come organo di controllo autonomo della gestione della pandemia e delle politiche vaccinali, le sospette reazioni avverse sono fortemente sottostimate nelle relazioni Aifa.

L’effetto che più ha destato preoccupazione – l’unico in cui si rilevano fin qui differenze importanti rispetto agli studi clinici dei vaccini — è quello delle miocarditi e pericarditi ed eventi a esse correlati. Si tratta di infiammazioni del muscolo cardiaco che spesso si risolvono in pochi giorni, ma nella loro fase più acuta (pericardite) possono risultare anche letali.

Secondo uno studio del luglio 2021, negli Stati Uniti su 296 milioni di dosi di vaccini Covid-19 mRNA somministrati (all’11 giugno 2021), il sistema nazionale di monitoraggio passivo della sicurezza dei vaccini (VAERS) ha ricevuto 1.226 segnalazioni di miocardite. Tra le persone con miocardite segnalata dopo la vaccinazione mRNA, l’età mediana era di 26 anni, per la maggior parte maschi.

Un più recente studio  pubblicato sulla rivista Scientific Reports da Christopher Sun e Retsef Levi del Massachusetts Institute of Technology e da Eli Jafe del Servizio di medicina di emergenza di Israele a Tel Aviv ha rilevato una corrispondenza fra la somministrazione dei vaccini Covid e l’aumento del 25% delle chiamate per problemi cardiovascolari, da parte di giovani e adulti fra 16 e 39 anni, arrivate alle strutture di pronto soccorso in Israele fra gennaio e maggio 2021, rispetto ai periodi pre-pandemia e pre-vaccini.

RAPPORTO COSTI/BENEFICI

Questi dati delineano una relazione fra costi e benefici del vaccino, rispetto al contrarre il virus, che variano notevolmente in base alla fascia di età. Gli studi a disposizione mostrano che i vaccini Covid presentano vantaggi ampi rispetto al virus nelle fasce di età più anziane, mantengono un buon vantaggio per gli adulti, mentre la forbice si riduce per i più giovani.

Per alcune specifiche categorie – e relativamente ad alcuni effetti avversi – i rischi potrebbero persino superare i benefici. Ad esempio relativamente alle miocarditi negli adolescenti maschi in seguito alla seconda dose, la cui occorrenza, per quanto rara (circa 1 su 100mila), era superiore (nel gennaio 2021) alla probabilità di essere ricoverato all’ospedale per Covid per più di una settimana.  Questi dati, se confermati, potrebbero indicare cautela anche nella vaccinazione in età pediatrica, per quanto non esistano ancora studi consistenti relativi a quella fascia di età. 

Inoltre, in molti si sono chiesti fino a quante dosi di richiamo possono essere iniettate (e sono consigliabili) per ciascun individuo, vista la rapidictà con cui cala la copertura.

VACCINI COVID AI BAMBINI

Il tema della vaccinazione in età pediatrica è stato in assoluto uno dei più discussi e criticati e ha fatto sorgere diversi dilemmi medici ed etici. Questo sia perché riguarda una fascia di età che tendiamo a proteggere particolarmente come società, sia perché bambini e bambine sembrano non subire particolarmente gli effetti del virus, e la loro vaccinazione sembra essere spinta più dalla volontà di rallentare la diffusione dell’epidemia che da quella di proteggerli da essa. 

vaccini covid
Vaccini Covid in età pediatrica

I pareri degli esperti e della comunità scientifica sono contrastanti. Come abbiamo spiegato, la comunità scientifica non è concorde in merito alla reale necessità di vaccinare anche la fascia 5-11 anni, né assicura unanimemente che i benefici siano sufficientemente superiori ai rischi. 

Se da un lato alcuni esperti raccomandano la vaccinazione anche per i più piccoli, dall’altro la CMSi, in un comunicato aggiornato al marzo 2022, ha individuato 24 motivi per non avere fretta nel vaccinare i propri bambini.

OBBLIGO VACCINALE

A fronte di questa situazione complessa, hanno sollevato diverse critiche le norme introdotte dal governo italiano, fra le più restrittive al mondo, al punto da 

Delle politiche legate a Green pass e altri tipi di restrizioni abbiamo parlato a lungo su Italia che Cambia, e trovate riassunti in un altro articolo gli aspetti principali. Anche l’obbligo vaccinale, pur introdotto dopo, è stato fonte di dibattito e polarizzazione, generando diverse situazioni paradossali.

Quella per il contrasto alla pandemia è stata una politica vaccinale caratterizzata da gravi falle comunicative, improntata molto sull’imposizione e poco sull’ascolto e ostaggio di rigidità burocratiche che hanno causato non pochi problemi. Ad esempio, una donna affetta da sclerosi multipla, ci ha raccontato la sua traumatica esperienza con l’iter vaccinale.

Mentre il Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina ha più volte denunciato le zone d’ombra nella gestione della verifica dell’adempimento dell’obbligo vaccinale da parte degli iscritti agli ordini delle professioni socio-sanitarie. In precedenza, lo stesso comitato aveva indagato su una serie di aspetti molto dubbi riguardanti la correttezza dell’informazione scientifica e sanitaria durante la pandemia, con alcune raccomandazioni inviate alla Commissione europea, al Governo italiano e all’Ordine nazionale dei giornalisti.

VACCINI E CASE FARMACEUTICHE

Prima di concludere questa panoramica, non possiamo non trattare un ultimo argomento: quello degli interessi economici delle case farmaceutiche e del loro peso sulle decisioni dei governi. 

L’ideatore dell’Economia del bene comune Christian Felber, nei suoi “30 motivi” per cui ha scelto di non vaccinarsi porta diverse motivazioni legate proprio al ruolo e agli scandali che hanno coinvolto le case farmaceutiche. 

Felber fa luce sugli ingenti finanziamenti privati alle istituzioni che si occupano di salute e sul fatto che in molti casi i Governi, per contratto, si assumono la responsabilità degli eventuali danni da vaccino, scaricando le case produttrici da ogni responsabilità.

Da un’attenta analisi dei pro e dei contro di affidare i vaccini Covid ad aziende private, che prendeva in considerazone molti aspetti emergeva chiaramente come in quasi tutte le situazioni sarebbe più conveniente economicamente e più funzionale affidare direttamente la ricerca e sviluppo e la produzione dei vaccini Covid al settore pubblico, che paga buona parte dei costi di ricerca, e poi paga nuovamente le aziende private comprando i vaccini, con contratti speso molto sbilanciati a favore di queste ultime.
In conclusione è importante sottolineare come la comunicazione del governo abbia spesso alimentato, invece che placato, lo scetticismo nei confronti dei vaccini e come la vaccinazione più importante sia quella contro l’odio, la disciminazione e la paura dell’altro.

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