25 Lug 2022

Squali e razze a rischio estinzione per finning e pesca eccessiva: l’Europa e l’Italia hanno grandi responsabilità

Scritto da: Redazione

Uno studio di MedReAct ha fatto emergere con chiarezza un quadro inquietante sulle pratiche di pesca ecocide e per buona parte illegali che stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte specie di squali nel Mediterraneo. L'Italia purtroppo risulta in vetta alla classifica dei paesi che causano i maggiori danni.

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Più del 50% delle specie di squali e razze del Mediterraneo è minacciato di estinzione. Nell’ultimo mezzo secolo 13 specie si sono estinte localmente, principalmente nel Mediterraneo occidentale e nel Mare Adriatico, e gli squali pelagici sono diminuiti di più del 70% negli ultimi 50 anni, del 54% solo nel Mediterraneo. La colpa è della pesca eccessiva nel Mediterraneo – tra i mari più sfruttati al mondo – e della perdita di habitat.

Ad oggi nel Mediterraneo vige il divieto di cattura e vendita per 24 specie di squali e razze mentre per altre 9 specie è richiesta la registrazione delle catture e dei rigetti in mare e la trasmissione dei dati alla Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo. Proprio per valutare l’efficacia delle misure esistenti nel nostro mare, MedReAct ha condotto un’ indagine nei porti italiani del Mar Adriatico, Tirreno e Ionio rilevando casi di sbarco e la vendita di specie protette di squali e razze.

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L’indagine ha anche rivelato una generale mancanza di consapevolezza delle misure di conservazione da parte degli operatori dei mercati ittici e dei pescatori. Questo contribuisce agli sbarchi e alla vendita di squali e razze strettamente protetti che, solo nel periodo preso in esame, hanno riguardato specie come lo smeriglio, lo squalo elefante, il pesce porco, la razza bavosa, il diavolo di mare, la razza bianca e lo squalo mako. Inoltre, da un confronto tra i dati riportati dall’Italia alla CGPM con quelli emersi dall’indagine di MedReAct, emerge che molte catture autorizzate non vengono segnalate.

C’è un altro fenomeno che rappresenta un pericolo ulteriore per questi animali: il finning, ovvero il taglio e il commercio delle pinne, molto richieste sui mercati orientali perché considerate una vera e propria prelibatezza. I numeri sono spaventosi: con lo scopo di commercializzare le pinne, ogni anno in tutto il mondo vengono uccisi circa 100 milioni di squali.

Tra il 2003 e il 2020, secondo un recente rapporto dell’IFAW, i prodotti a base di pinne di squalo importati nei tre principali snodi asiatici hanno raggiunto il totale di 188.368,3 tonnellate e l’Unione Europea è stata responsabile di quasi un terzo di queste importazioni – in media il 28%, 53.407,49 tonnellate –, con un costante aumento negli anni fino a raggiungere, nel 2020, il 45% dei prodotti legati alle pinne di squalo arrivati nei paesi asiatici proprio dagli Stati membri.

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In questa macabra classifica l’Italia è ben piazzata risultando, insieme a Spagna, Portogallo, Olanda e Francia, uno dei maggiori esportatori. Il nostro paese risulta il maggiore importatore, tra i paesi europei, di prodotti derivati dalla carne di squalo con un totale di 4245 tonnellate importate. Insieme a lei sul podio Spagna e Grecia.

La pratica del finning o spinnamento è brutale: le pinne vengono tagliate dall’animale vivo, che viene poi ributtato in acqua, andando incontro a una morte terribile per soffocamento e dissanguamento. Una pratica legale in Europa fino a che, nel 2013, è entrato in vigore il regolamento Fins Naturally Attached, che prevede che le pinne dello squalo debbano rimanere naturalmente attaccate alla carcassa.

Una misura che ha in parte scoraggiato questo fenomeno, ma che non ha intaccato particolarmente il commercio di carne di squalo, soprattutto dello squalo verdesca, che nel corso dell’ultima valutazione – datata 2016 – è stata classificata come una specie a forte rischio di estinzione in Mediterraneo proprio a causa dell’eccessivo sfruttamento.

Con lo scopo di commercializzare le pinne, ogni anno in tutto il mondo vengono uccisi circa 100 milioni di squali

MedReAct chiede la piena attuazione delle misure di tutela e l’immediato aggiornamento adozione del Piano di Azione per il recupero di squali e razze, redatto anni fa dal ministero Ambiente ma mai applicato. «Si tratta di misure urgenti da attuare subito», ha dichiarato Vittoria Gnetti di MedReAct.

«Temporeggiare ancora nell’applicazione rigorosa delle misure di conservazione degli squali e delle razze significa andare incontro alla estinzione locale di queste specie. Sarebbe un danno gravissimo non solo per queste specie, ma anche per l’intera biodiversità marina del Mediterraneo, già messa a dura prova da decenni di pesca eccessiva».

Qui un’infografica che riassume la situazione di squali e razze in Mediterraneo.

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