Sororitè Bike Ride: 2000 chilometri in bicicletta per osare, rischiare e sensibilizzare
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Il 13 luglio scorso, in sella alla sua Artemide e all’austera presenza del massiccio del Gran San Bernardo, è iniziata l’avventura di Valentina Battistoni. Sororitè Bike Ride, il suo progetto, non è solo un viaggio per parlare di ciclabilità, turismo lento, solidarietà e tematiche di genere, ma è anche una sfida personale, un’introspettiva lunga duemila chilometri, la distanza che separa la Valle d’Aosta da Leuca, in Puglia, il percorso della via Francigena.
“Dopo tanti anni passati nella paura di sognare in grande, di rischiare e osare, ora non voglio più mettere limiti e confini ai miei sogni. Così si va. Osando e rischiando. Molto più in là della mia zona di comfort”, ha scritto Valentina sui suoi canali social alla vigilia della partenza, illuminata da una “superluna” piena, abbondante e benaugurante. L’abbiamo sentita per farci raccontare le emozioni, i panorami e gli incontri di questa prima parte di viaggio.
Com’è stata la partenza? raccontaci le emozioni e le reazioni che il tuo spirito (ma anche il tuo corpo) hanno avuto alle prime pedalate di questa impresa!
La partenza è stata molto emozionante. Ho realizzato lì che tutto il progetto a cui avevo lavorato tanto stava iniziando per davvero, pedalando! Che è quello che mi mancava fare quando lavoravo tante ore al computer per organizzare tutto. Ma ne è valsa la pena. Il paesaggio al colle del Gran San Bernardo è stato meraviglioso, ho urlato a squarciagola per un po’ per liberare tutto ciò che avevo dentro. Ho attraversato piccolissimi borghi bellissimi. Mi sono sentita libera.
A un certo punto ho avuto paura della discesa perché per portare su la bici in macchina avevo smontato la ruota e l’avevo rimontata da sola, ma poi è passato tutto. Ho dovuto subito controllare la mente che stava inviando messaggi catastrofici. Il mio corpo era pronto e il mio spirito anche. Ho osservato tutto come una bambina, con meraviglia.
Dal punto di vista tecnico invece come si è presentato il percorso sinora, soprattutto rispetto alla ciclabilità?
Dal punto di vista tecnico il percorso è fattibile e ben segnalato. Ci sono purtroppo alcuni tratto di provinciale da fare qua e là, ma sono pochi. Per il resto sono sterrati, strade bianche, ciclabili asfaltate, stradine con sabbia. Sicuramente da mountain bike.
Dicci qualcosa anche sui luoghi che hai attraversato, fra natura incontaminata, piccoli borghi e città…
Per quanto riguarda i luoghi: in poco tempo ho attraversato ben sei regioni per cui i paesaggi visti e anche i borghi visitati sono stati molto vari. Ogni luogo con le sue caratteristiche specifiche. Mi è piaciuta tanto la Valle d’Aosta con i suoi borghi di montagna molto curati, le cime e l’aria fresca, mai più respirata. Le risaie piemontesi mi sono rimaste sul corpo come segno indelebile causato dalle zanzare, ma ho visto degli splendidi uccelli in questi campi, simili a fenicotteri, forse erano aironi, meravigliosi.
Ho attraversato borghi sperduti che mi hanno costretta a chiedermi come la gente faccia a viverci, per via della mancanza di servizi e di collegamenti. Ho visto tanti cimiteri, chiese e torri con orologi; dove c’è una città ci sono sempre queste tre cose. Ho ammirato paesaggi appenninici che mi hanno fatto commuovere, anche perché li avevo raggiunti con le mie sole forze.
Chi sono state le tue compagne e i tuoi compagni di viaggio in questo primo tratto?
In questo primo tratto ha viaggiato con me Monica, un’amica di Rimini. È partita da poco dopo il colle del Gran San Bernardo ed è arrivata fino a Massa per poi andare al lab di Modena con me in treno e tornare a casa. Non è detto che non mi raggiunga anche in altre tappe del Sororitè Bike Ride.
Com’è andato l’evento di Modena? Raccontaci brevemente in cosa consisteva e come si è inserito nel programma del tuo viaggio.
L’evento di Modena è andato molto bene. Era in collaborazione con la Rete Donne Transfemminista di Arcigay, in particolare con il gruppo donne di Modena. Abbiamo trattato il tema della cura come pratica transfemminista per costruire un nuovo tipo di società. Io ho curato la prima parte del lab proponendo pratiche derivanti dal teatro-danza e concludendo con l’utilizzo del poster per scrivere tutte le azioni di cura che possiamo fare quotidianamente verso noi stess*, verso le altre persone e verso l’ambiente, inteso come natura, ma anche come spazio che abitiamo e attraversiamo
La seconda parte è stata condotta da Marie Moise, esperta in studi di genere, e co-traduttrice del Manifesto della cura. questo lab è stato possibile grazie alle donazioni avvenute con il crowdfunding. Nel programma di viaggio si doveva inserire sul percorso, ma io e Monica abbiamo fatto parecchi chilometri in più rispetto al tracciato previsto inizialmente, per cui siamo dovute tornare indietro fino a Modena in treno e successivamente ho raggiunto Massa, fin dove ero arrivata in bici, per riprendere da lì la strada lungo la Francigena.
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