6 Lug 2022

Settevoci, la comunità rurale nata in un casale diroccato nella campagna siciliana

Scritto da: Maria Enza Giannetto

Un gruppo di giovani ha ridato vita a un antico palazzo prossimo al crollo sulla sponde del fiume Alcantara, nella Sicilia orientale. Quello è stato solo l'inizio: da lì è nato un progetto di autoproduzione, creazione di comunità, permacultura, ospitalità rurale e riattivazione territoriale. Il suo nome è Settevoci e riprende l'anima artistica e creativa dei suoi fondatori.

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Catania - Questa è una storia di terra, sogni e passione. Una storia che si alimenta di incontri, relazioni e natura. È la storia di Settevoci, un progetto di socialità, sostenibilità, arte e permacultura che affonda le sue radici nella florida Valle alcantara, nel territorio di Castiglione di Sicilia, al confine con la messinese Francavilla di Sicilia e ai margini di quel fiume che dà il nome alla valle e forgia il carattere degli abitanti di queste zone.

Tutto ha inizio tre anni fa, quando un gruppo di trentenni si imbatte in maniera quasi fortuita nel palazzotto ottocentesco, immerso nelle campagna e di proprietà della famiglia Sgroi. Un edificio abbandonato da anni, costruito due secoli fa da Pietro Sgroi per la moglie, la baronessa Elena Baratta. Senza interventi sarebbe stato destinato al crollo come i tanti casali che puntellano questi luoghi, ma l’immobile cattura l’anima di Guido – figlio di un’altra Elena, erede di questo palazzo – e degli amici Giovanni e Silvia, oggi pionieri del progetto Settevoci insieme a Checco.

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E così, tra lavoro, condivisione e sogni – la presentazione sul sito del progetto recita proprio: “Un sogno fatto in Sicilia. Ridar vita a un palazzo dell’800 da vivere con gli amici” – quella costruzione enorme e diroccata si è trasformata in pochissimo tempo, ma con tantissima fatica ed energia, in un avamposto di sostenibilità e condivisione. «Ho ridato la mia vita al mondo e alla natura e quando si vive in armonia con il caldo e il freddo, l’umido e l’asciutto non si può che vivere meglio», confessa Giovanni Simon.

Giovanni è un musicista bolognese, tra i fondatori della band Rumba de Bodas, che ormai da più di tre anni ha lasciato la sua città trasferendosi a Settevoci per intraprendere quella strada fatta di permacultura, orto sinergico e comunità da cui era stato già stato rapito anni fa durante un suo viaggio in Senegal. «Vivere meglio non significa condurre una vita più facile, perché in campagna non c’è nulla di semplice, ma sicuramente oggi illumina il mio cammino la consapevolezza che sono in armonia con i ritmi della natura e della terra».

E della terra i giovani della comunità si prendono cura mentre rimettono in sesto il palazzotto, puntando anche a farne un luogo ospitale per chi viene a trovarli e porta in cambio il proprio aiuto. Già un anno fa, grazie a un crowdfunding, la comunità di Settevoci è riuscita a raccogliere il 100% della somma occorrente per poter realizzare qualche piccola opera urgente nella casa: l’allaccio alla rete idrica, un nuovo bagno e le basi per mettere in piedi un laboratorio per realizzare in autonomia le proprie conserve.

Stiamo creando una bella rete di mutuo aiuto e di collaborazione, ci sentiamo sempre più radicati

Oggi però la ristrutturazione intraprende anche altre strade: «L’idea iniziale è stata quella di ristrutturare lentamente le stanze per l’accoglienza. Grazie al turismo sostenibile e all’ospitalità che proponiamo in cambio di aiuto e collaborazione, in questi anni abbiamo realizzato tante piccole cose e ci siamo arricchiti di nuove esperienze. Il progetto però è in continua evoluzione e in questi ultimi mesi abbiamo iniziato a dedicarci a un percorso di edilizia in terra cruda, grazie agli insegnamenti di Eva Polare e Aronne Musumeci, e il modello della loro casa di canapa. Troviamo che sia perfetto per Settevoci».

Un modello edilizio più ecosostenibile che meglio si sposa con la filosofia alla base della comunità, che in questi anni è diventata un po’ la custode di queste terre. «Coltivare attraverso metodi di permacultura e agricoltura sinergica è un’attività che ci rende anche custodi orgogliosi sia di questo luogo sia di tecniche agricole antiche riprese in modo innovativo», osserva Giovanni.

«Certo, non siamo ortolani e le nostre produzioni al momento sono in vera e propria fase sperimentale e non ci permettono ancora di autosostentarci totalmente. I nostri ortaggi e la nostra frutta però ci hanno consentito, grazie alla collaborazione con un laboratorio artigianale locale, di realizzare conserve che possono essere acquistate dai soci: datterini in acqua di mare, passate, composta di arance, dado naturale».

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La collaborazione è una parola chiave per il gruppo di Settevoci: chi all’inizio guardava con diffidenza e curiosità a questi giovani venuti dalla città e dal Nord e stabilitisi in un luogo da cui spesso i ragazzi vanno via, oggi ha imparato a conoscerli, si interessa alla loro attività, dà consigli e condivide esperienze. «Stiamo creando una bella rete di mutuo aiuto e di collaborazione, ci sentiamo sempre più radicati e sappiamo di essere un po’ i custodi di questa zona», dicono.

Una presenza che è anche veicolo di promozione per il territorio visto che i giovani di Settevoci – il nome deriva dalla loro passione per l’arte e la creatività – organizzano spesso momenti di aggregazione, educazione e divertimento: si va dalle classi di yoga e di tecniche di volo nel circo, alle giornate di spettacolo con i buskers, i musicisti e tanti altri creativi.

Concerti, laboratori e incontri di vario tipo si sono avvicendati in questo terreno e il programma non accenna a interrompersi: questa estate si terrà la Gran Festa do Verao, in calendario per il 22 e 23 luglio, «una festa bagnata dal fiume Alcantara, nei suoi posti segreti e tropicali, una festa di maschere animalesche e balli selvaggi, una festa di serenate di bossa nova al lume di candela, una festa di circo, una festa di musiche trascinanti, facce siciliane, corpi umani e anche meno».

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