Ecco il nuovo Rinascimento dall’Entroterra che punta a servizi, solidarietà, ambiente e imprese
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Imperia - Vi ho parlato qualche giorno fa della visione del professor Enzo Andreta, il quale ritiene che il futuro dell’entroterra sia da immaginarsi proprio nelle aree ritenute sino a oggi meno avvantaggiate, proprio grazie alle conseguenze della migrazione avvenuta decenni fa verso le città, che ha permesso a questi luoghi di rimanere così poco antropizzati e inquinati.
Esplorata la sua visione, ho deciso di porre qualche domanda anche al professor Fabio Bonsignorio – ricercatore e docente di robotica, IA e innovazione tecnologica che insieme al Professor Andreta e altri porta avanti un percorso di applicazione pratica delle sue teorie –, per comprendere come tutto ciò possa trasformarsi in azioni pratiche concrete, attraverso il progetto Rinascimento dall’Entroterra.
LE ORIGINI
«Eravamo nel pieno della pandemia – mi racconta Fabio Bonsignorio –, quando con un gruppo di 7 o 8 persone abbiamo iniziato a riflettere su quanto stesse accadendo e a cercare di comprendere in che modo avremmo potuto reagire a tutto ciò. Da questa volontà è nato un gruppo di lavoro che, unendo menti lungimiranti e impegnate in diversi ambiti scientifici e accademici, ha redatto una prima proposta di strategia su come riuscire non solo a uscire dalla situazione complessa in atto, ma anche a migliorare la vita quotidiana delle persone che abitano l’entroterra».
La proposta nei mesi si è via via andata affinando, fino a creare un puzzle strategico che comprende diversi aspetti su cui intervenire, per riuscire a «sviluppare un nuovo modello economico che garantisca benessere e ricchezza materiale diffusi, inclusione sociale e sostenibilità ecologica e crescita culturale e umana ad aree fin qui rimaste marginali, grazie all’aiuto delle nuove tecnologie e con una chiara visione di innovazione politica e sociale».
Nel raccontarmi le diverse riflessioni sviluppate nel 2020, quando tutto ebbe inizio, Fabio mi spiega che il nome dato all’associazione non è casuale: «Abbiamo una visione dell’epoca del Rinascimento di un mondo perfetto e bello, ma la realtà era molto più complessa e difficile. Furono anni caratterizzati da un’estrema instabilità dettata da pestilenze e guerre. In quel periodo era ricorrente prevedere la fine del mondo e il collasso della civiltà. Oggi viviamo analogamente una situazione per alcuni versi simile».
«L’instabilità e la non chiarezza sul futuro che ci attende sono paragonabili – prosegue Bonsignorio – e, se è pur vero che non stiamo scoprendo terre sconosciute, la conquista si è spostata sulle nuove tecnologie: genomica, biotecnologia, robotica, ma anche dibattiti sulle madri surrogate, sulle modificazioni genetiche. Possiamo dire di vivere in una fase di Rinascimento 2.0, in cui tutte le componenti umane sembrano sostituibili o modificabili e grandi quesiti si affacciano alla nostra soglia: “Fino a che punto possiamo spingerci con la tecnologia?”».
NEL PROBLEMA LA SOLUZIONE
Come insegna la Permacultura “nel problema la soluzione” e sembra pensarla così anche il team di Rinascimento dall’Entroterra, che scrive all’interno del progetto redatto due anni fa: “Siamo consapevoli che da questa crisi sanitaria ed economica usciremo diversi e che corriamo il rischio di una pesante recessione, una elevata disoccupazione, e possibile diffusa povertà; di precipitare quindi in una crisi sociale, sanitaria ed economica che la nostra generazione mai aveva dovuto affrontare”.
“Ma siamo consapevoli anche che una grande crisi può avviare grandi cambiamenti e portare a soluzioni prima impensabili. Il progresso vertiginoso della scienza e della tecnologia, la digitalizzazione, la robotica e l’Intelligenza Artificiale saranno drammaticamente accelerati dalla crisi in corso. Tutto ciò apre enormi opportunità per aree che, come l’entroterra del ponente ligure, sono rimaste sostanzialmente fuori dal precedente modello di sviluppo basato su grande industria, cementificazione e turismo balneare sulla costa”.
UN PROGETTO COMPLESSO PER UNA REALTÀ COMPLESSA
La non linearità e la complessità del sistema in cui viviamo è alla base della progettazione: «È chiaro che per agire nel creare questo rinascimento non è sufficiente mettere la banda larga se poi non ci sono i servizi essenziali per poter vivere in quel territorio: è dunque necessario agire in maniera sistemica su diversi aspetti della vita quotidiana, perché l’uno avrà ricadute sull’altro», osserva Bonsignorio.
Ed è in quest’ottica che il macro progetto prevede diverse tematiche su cui investire: dalle risorse idriche ed energetiche all’agricoltura, da soluzioni per la mobilità a quelle per i servizi sul territorio ad oggi mancanti o inefficienti, dal turismo all’assistenza sanitaria. Si tratta di un vero e proprio programma di innovazione sociale e tecnologica, con una visione a medio lungo termine. E proprio grazie a questa lungimiranza, sono molte le amministrazioni che hanno aderito: ad oggi più di 40 e abbracciano l’entroterra di Ponente dalla Valle Impero alla Val Neva.
«In questo momento non esiste un progetto di sistema ampio e dettagliato come il nostro e se da una parte ne siamo felici perché potrebbe essere un modello replicabile su larga scala, dall’altro è molto complesso il renderlo finanziabile: non sono previsti infatti bandi che sostengano un progetto così variegato. Ciò che abbiamo dunque deciso di fare è di muoverci a step, andando a partecipare a singoli bandi specifici sulle aree tematiche di riferimento».
Il primo passo sarà la presentazione al bando di Green Communities e a questo ne seguiranno altri, anche se la volontà è quella di innescare un processo che possa poi autoalimentarsi e creare esso stesso un reddito per il territorio, che vada a finanziare e sostenere gli step successivi. L’associazione sta organizzando in queste settimane diversi incontri con le amministrazioni comunali interessate per riuscire a confrontarsi con esse e muovere i prossimi passi insieme, in maniera sinergica.
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