21 Lug 2022

Radio 32, l’ascolto come atto rivoluzionario di inclusione e affermazione del mondo della disabilità

Scritto da: Elena Rasia

Radio 32 è un'emittente che vuole portare avanti una rivoluzione nel modo in cui si comunica e si affronta la disabilità. Questa rivoluzione parte dall'ascolto, un atto che la superficialità delle relazioni di quest'epoca ha fortemente sminuito e che deve essere recuperato.

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«Radio 32 sarà un orecchio attento in un mondo dove, a dispetto del moltiplicarsi delle voci e degli strumenti di espressione, la capacità di ascoltare è sempre più rara. E faremo tutto questo con il sorriso, il primo vero atto di prevenzione, il primo atto di cura, il gesto forse più rivoluzionario in questo preciso momento storico».

Ed è con un grandissimo sorriso, gigante e rivoluzionario, voglio raccontarvi il meraviglioso mondo della radiofonia e di Radio 32, introdotto qui sopra dalle parole dei suoi fondatori. È questo un mondo che mi ha dato l’opportunità, in diversi anni di speakeraggio e di format per varie radio in fm e web, di capire che il giornalismo era il mondo in cui desideravo crescere professionalmente e che poteva portarmi a incontrare storie, persone e realtà senza barriere di alcun tipo, anche dove la mia “quattro ruote” avrebbe fatto fatica ad arrivare.

Ed è proprio attraverso un microfono – che non ti giudica e ti avvicina al mondo esterno – che Radio 32 dà la possibilità a moltissime persone di riabilitarsi partendo da sé stesse, perché è quando una voce incontra storie, racconti e altre voci che smette di essere sola, di sentire il peso dell’indifferenza, che si riempie andando in giro per il mondo dove ascoltare non è solamente sentire e dove si sedimenta in ciò che attraversa delle nuove consapevolezze.

radio 32

Radio 32 è un progetto che nasce da un’idea di Ipse Lab, un’associazione di promozione sociale che si occupa di sviluppo e di ricerca nell’ambito della psicologia clinica applicata, di formazione specialistica per operatori e professionisti del settore e che svolge attività di comunicazione sociale e prevenzione primaria attraverso i social media in collaborazione con enti pubblici e privati, in particolare nella Capitale.

Radio 32 è la vitamina quotidiana che rivolta e fortifica il concetto di cura e assistenza: la medicina, da sola, può ben poco. Serve un sistema di cura basato sulla collettività. Edgardo Reali – psicologo clinico, psicoterapeuta e responsabile del progetto – mi racconta come nasce la radio e come un insieme di voci che trovano ascolto e che di conseguenza riescono a farsi ascoltare, possano diventare e un potentissimo antidoto all’indifferenza del mondo che, spesso e volentieri, si interessa al disagio dell’altro solo se lo vive personalmente. Edgardo per oggi cambia prospettiva, lasciandosi intervistare.

Come e quando nasce Radio 32?

Radio 32 nasce nel 2017 da un piccolo gruppo informale – uno psicologo, un operatore sociale, un medico esperto di sanità pubblica e una persona con disabilità – che man mano è cresciuto, divenendo un aggregatore di persone, realtà, comunità. Attualmente il gruppo promotore è formato da persone con diverse disabilità – motoria, visiva, cognitiva – e/o con problemi di salute mentale, operatori sanitari e sociali, familiari, cittadini.

Di quali tematiche si occupa prevalentemente all’interno del suo palinsesto?

Vogliamo condividere, comunicare e promuovere un cambiamento culturale nell’approccio alla cura delle persone che vivono un problema di salute mentale e/o fisica che compromette l’autonomia personale. Salute, diritti, inclusione e autodeterminazione sono le parole chiave della nostra comunicazione. L’obiettivo è far emergere l’esperienza vissuta delle persone, sia delle persone esperte per esperienza, che vivono o hanno vissuto una condizione di malattia e/o disabilità, sia degli operatori che lavorano nell’ambito sanitario e sociale.

Tuttavia, in realtà, parliamo un po’ di tutto. Ci divertiamo molto. Il nostro obiettivo è fare comunità, che per noi è sinonimo di salute, e tutte le tematiche, sia di attualità che di svago, che portano i partecipanti del progetto ad affrontare le mille sfide quotidiane per uscire dall’isolamento o dallo stress quotidiano, vanno benissimo. Fare radio spesso è “solo” una scusa per vivere tutto quello che c’è dietro la radio. L’importante è rimanere dentro i confini del nostro manifesto.

radio 32 1
In che modo all’interno dei gruppi redazionali che trasmettono i loro format radiofonici la comunicazione multimediale diventa uno strumento terapeutico?

Terapeutico è una parola “inflazionata”. Diciamo che tutto ciò che è vivo, tutto ciò che coinvolge, anima e – perché no? – sconvolge è potenzialmente terapeutico. Se rispondo da psicoterapeuta, l’aspetto terapeutico della comunicazione multimediale, quando è fatta bene, è legato al dare voce e al poter costruire e mostrare la propria identità, oltre lo stigma.

Parlare, dire il proprio punto di vista, fa bene, perché di fatto permette di appropriarsi della propria situazione esistenziale, dei propri bisogni, dei propri talenti e passioni. Comunicare il proprio vissuto e/o le proprie passioni permette di orientarsi nello spazio e nel tempo. Permette di ri-conoscersi e capire quali azioni fare per costruire, concretamente, la propria identità.

Poter comunicare bene è un privilegio per pochi. La comunicazione multimediale, se fatta con qualità, fornisce da subito un eco-sistema di possibilità, quasi sempre negate a chi è vittima di pregiudizi e stigma. Parliamo di persone da sempre abituate ad essere ‘oggetto’ di discorso: si parla tanto di loro, quasi mai con loro. Dire il proprio punto di vista è ribaltare questa situazione.

Quale definizione darebbe il team di Radio 32 alla parola “ascolto”?

Ne darebbe tante. Probabilmente una per ogni partecipante. Diciamo che senza l’ascolto, quello che dicevo prima – il comunicare, il dire la propria verità – non ha senso. Ascoltare è fornire spazio. Il contrario di quello che accade ora nei social, in cui tutti invece tendenzialmente prendono spazio, alimentando il proprio punto di vista in modo autoreferenziale. Alimentando vere e proprie bolle cognitive cariche di odio. Dal mio punto di vista, ascoltare è per prima cosa tollerare. E andare oltre le parole, per vedere quali contesti, quali vite, quali fatti indicano le parole di chi sto ascoltando.

Salute, diritti, inclusione e autodeterminazione sono le parole chiave della nostra comunicazione

L’ascolto è l’unica arma che abbiamo contro il pensiero veloce e meccanico, che si accontenta per mancanza di tempo delle categorie e delle etichette. Solo l’ascolto ci permette di andare veramente oltre tali etichette e scoprire la soggettività, la vita, spesso sorprendente, delle persone che abbiamo di fronte. L’ascolto è anche piacere. Amplifica i sensi. Aumenta la qualità della vita, perché rende la vita di tutti più interessante. Ci si scopre improvvisamente dentro una rete di storie. Tutte interessanti e coinvolgenti, soprattutto perché non si sa mai come va a finire. Veramente.

Ci sono delle novità in arrivo?

Tante. Probabilmente troppe. Stiamo lavorando per costruire veri e propri corsi di formazione in ambito sanitario, sociale e sportivo rivolti a tutte le persone oppresse. Vorremmo aiutare i territori che abitiamo a divenire luoghi realmente più inclusivi e intersezionali. A settembre cominceremo un radio TG intersezionale, per dare voce a tutte le persone oppresse nella nostra società.

Ma non siamo bravi a programmare. Dipende da come stiamo e da come staremo: per noi la domanda “come stai?” viene prima di ogni progetto, anche quello più prestigioso. Questo ci porta a stare molto nel presente per affrontare meglio tutto. E quasi sempre non siamo noi a proporre e progettare novità, ma sono le novità che ci travolgono, mentre siamo impegnati a resistere, ma con il sorriso. Stare insieme e sorridere è veramente complicato, ma fa la differenza.

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