7 Lug 2022

Radice Sicula: così GianLuca recupera piante da frutto antiche e dimenticate

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

A Rosolini GianLuca Pannocchietti ha creato il vivaio Radice Sicula, dove custodisce 700 piante di frutta antica recuperate in diverse località della Sicilia. Una passione che porta avanti da vent’anni con lo scopo di valorizzare le radici, l’identità e la biodiversità della sua terra.

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Siracusa - «Circa vent’anni fa ero in compagnia di mio zio, che mi portò lungo una strada di campagna tra San Giacomo e Giarratana, dove vidi delle varietà di pero antiche. Continuavano a sopravvivere perché non potevano arrivare i mezzi agricoli e perché un tempo era una strada percorsa dai viandanti che facevano la spola dalla Sicilia occidentale alla Sicilia Orientale passando per la contea di Modica. Si portavano appresso tutte le marze e innestavano i perastri per raccogliere del cibo e della frutta durante il loro passaggio».

«La parte restante la lasciavano a chi sarebbe passato dopo di loro», racconta GianLuca Pannocchietti descrivendo quello che lui considera un vero e proprio atto d’amore, che ha innescato il desiderio di recuperare le varietà antiche siciliane di frutta da tempo scomparse dai mercati della grande distribuzione. 

Nasce così il progetto Radice Sicula, un  vivaio dove GianLuca ha riprodotto tutte le piante di frutta antica che ha recuperato in questi anni, circa 700. Ha iniziato con le pere, poi è passato alle albicocche, alle pesche, alle mandorle. Una vera e propria scommessa con l’obiettivo di ridare identità, attraverso i suoi frutti, alla terra. Come la mandorla chiricupara, coltivata all’origine solo nelle zone di Rosolini e Noto – anche se conosciuta come mandorla di Avola – dove si raggiungono delle altitudini di 400 metri.

radice sicula frutta

Qui era impossibile coltivare le varietà più usate in commercio – la pizzuta e il fascianello – che avevano preso il sopravvento su tutte le altre, soprattutto sulla chiricupara. In pochi hanno mantenuto la coltivazione di questa varietà più antica che si caratterizza anche per una fioritura tardiva. GianLuca l’ha fatta conoscere a gelatai e pasticceri della sua zona. Dalla chiricupara si ricava il vero latte di mandorla, detto ‘nmissione (immersione), ottenuto pressando le mandorle dopo averle lasciate ammollo in acqua. 

Sei anni fa GianLuca ha fatto il primo impianto di mandorle chiricupara nella sua azienda, circa 300 piante che si sono aggiunte alle 70 piante di ulivo, 40 varietà di uva, 300 piante da frutto, 100 piante di gelso, 600 di melograno ed estensioni minori per altre varietà. «Quando vai in controtendenza, soprattutto all’inizio, vieni sempre criticato. In tanti mi dicevano di lasciar perdere, ma io ero certo – e lo sono ancora – che i prodotti che esprimono il territorio hanno più successo perché gli danno identità. Noi abbiamo la ricchezza del paesaggio, serve valorizzarlo con le coltivazioni che c’erano una volta», racconta GianLuca.

L’intento di Radice Sicula è recuperare e valorizzare le varietà e le piante endemiche, autoctone della tradizione siciliana, anche dal punto di vista paesaggistico e dell’artigianato. Questa continua ricerca gli ha permesso di riscoprire il patrimonio frutticolo dell’area di Cava d’Ispica, uno scrigno di biodiversità lungo un canyon di 13 chilometri che si sviluppa fino a Modica e che fino al 1920 era abitato e coltivato. Ha così recuperato le diverse varietà che crescevano all’epoca, tra queste il pistacchio di Cava d’Ispica, l’arancia belladonna, di forma allungata e tardiva, il limone muddusi, agrodolce perfetto per le insalate. 

Abbiamo la ricchezza del paesaggio, serve valorizzarlo con le coltivazioni che c’erano una volta

All’inizio attraverso il passaparola e il porta a porta, oggi grazie ai social, i prodotti di GianLuca sono destinati alla vendita locale, alle famiglie, alle pasticcerie e alle botteghe solidali. Ogni varietà ha circa 5-6 piante, ogni giorno c’è frutta diversa da raccogliere. «Ormai sono in tanti a credere in questo progetto, c’è un rapporto diretto con le persone che si sono fidelizzate, se propongo loro una vecchia varietà che non è gustosissima, la comprano», continua GianLuca.

I prodotti di Radice Sicula non sarebbero adatti alla grande distribuzione, mancano dell’uniformità del colore, della forma e del calibro, caratteristiche richieste dal mercato. GianLuca è molto orgoglioso di questo. Si differenzia dalla produzione offerta dalla GDO anche per i prezzi: i suoi sono sempre costanti, anche per una scelta etica, e non variano come a seconda dell’abbondanza. 

«Le piante mi ripagano per la passione sfrenata che ho nei loro confronti. Ho lavorato la terra da sempre, aiutavo spesso mio papà contadino durante le raccolte. Ma era un’agricoltura diversa, si coltivavano pomodori e zucchine. La mia è un’agricoltura naturale, io cerco di realizzare degli agro ecosistemi naturali che non hanno bisogno di molto lavoro né di input energetici dall’esterno, concimi o insetticidi».

«Uso anche i microrganismi effettivi, un complesso microbico di lactobacilli e fermenti per la concimazione che inducono resistenza alle piante. Grazie alla biodiversità presente nella mia azienda non ho problemi di animali infestanti, si creano degli insetti antagonisti dei parassiti che attaccano le piante. C’è un equilibrio. Mio papà faceva un’agricoltura monoculturale e spesso era soggetto a grandi batoste economiche. Aveva capito che per me un chilo di frutta equivaleva alla sua mezza giornata di lavoro che non sempre andava a buon fine». 

radice sicula gianluca

Durante l’inverno e la primavera GianLuca organizza laboratori di innesto – la sua prima vera attività che gli ha permesso, in giro per tutta la Sicilia, di entrare in contatto con le varietà antiche delle varie zone che oggi coltiva – e laboratori per la riproduzione della macchia mediterranea. Grazie a questa attività Radice Sicula è coinvolta in molti progetti di agricoltura sociale, insieme ad altre aziende come L’Arcolaio e Terramatta.

Da quattro anni si sta dedicando alla rivalutazione del sommacco siciliano, una pianta che fino al 1800 era la terza coltivazione più diffusa in Sicilia. Appartenente alla famiglia anacardiaceae come il pistacchio, era usato per la concia delle pelli grazie ai tannini che si estraevano dalle foglie.

Dai frutti invece si ricava una spezia, una polvere rossa antiossidante, ricca di vitamina C, dal sapore piccantino resinoso, con un retrogusto di limone. È uno degli ingredienti della spezia libanese Zaatar insieme a sesamo, origano, timo. Grazie a GianLuca un’azienda di giarratana ha deciso di impiantare una coltivazione di sommacco e da quest’anno metterà in commercio la spezia. «Non ho dato un nome a caso: Radice Sicula vuol dire valorizzare le nostre radici per guardare il futuro in maniera più consapevole e con occhi diversi», conclude GianLuca.

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