Resilienza, memoria e rinascita. Una mostra per non dimenticare il crollo del viadotto Morandi
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Genova - Il ponte Morandi, quattro anni dopo. Come si può dare voce a tutti, dalle singole persone coinvolte alla costellazione di associazioni di Certosa, dai sopravvissuti alle istituzioni e alle aziende? Poco dopo il crollo ci provai, pubblicando una raccolta di testimonianze, “Il ponte silenzioso” (di cui vi ho parlato qui).
Oggi è giunto il momento di passare il testimone ad alcuni ragazzi che, per farlo, hanno scelto il linguaggio espositivo. Il taglio del nastro della mostra sarà venerdì 22 luglio alle 17:30 a Palazzo Grillo, nel centro storico di Genova. L’entrata sarà gratuita e sarà aperta sino al 13 agosto. Con gli eventuali ricavi delle offerte libere lasciate all’associazione Un Nuovo Km 0,500, che ha allestito l’evento, verrà finanziato un progetto benefico sul territorio per agevolare chi ha vissuto in prima persona le conseguenze del crollo del viadotto Morandi.
A dare ulteriore valore al progetto sono proprio le persone in cabina di regia: l’evento è stato organizzato da due ragazzi fuori sede, ma legatissimi a Genova. «I giovani possono e devono contribuire: si può pensare a una società dove le persone collaborano tra loro per creare cose belle a beneficio di tutti», spiegano Daniele Lavezzo e Davide Piccoli. «Noi non siamo artisti né esperti d’arte o allestimenti, ma abbiamo fatto di tutto per portare avanti questa nostra idea».
La mostra sarà divisa in tre sale: nella prima, “Guarda”, si entrerà nel vivo di questi ultimi quattro anni, dalla caduta del viadotto a oggi: si viene catapultati in un ambiente buio dove ci si immergerà in una carrellata di immagini. Nella seconda, “Ascolta”, prenderanno vita le testimonianze di chi ha vissuto quel tragico giorno con una storia che dona un piccolo seme di speranza; mentre, nella terza, “Tocca”, si rivolgerà lo sguardo un po’ più in là, sul domani. Verrà, infatti, esposta una tesi universitaria di fotografia di una ragazza genovese, simbolo tangibile di una città che fa della forza interiore e della resilienza dei suoi cittadini il proprio punto di forza.⠀
Daniele, Davide, raccontateci: com’è nata l’idea di questa esposizione?
La prima bozza del progetto nasce in una giornata di inverno, nel nostro bar di fiducia a Sestri Ponente. La scintilla? Le parole del sindaco Marco Bucci durante la Lodi’s night al Teatro Carlo Felice che invitava ragazze e ragazzi genovesi a tornare in città e mettere le proprie conoscenze a disposizione dei cittadini. Così, sfruttando quanto appreso durante il nostro percorso di laurea magistrale, abbiamo deciso di metterci in gioco e successivamente è stata fondata l’associazione di promozione sociale “Un Nuovo Km 0,500”.
E da dove arriva il nome dell’associazione?
Il nome prende liberamente ispirazione dal racconto letto da Luca Bizzarri in occasione della commemorazione del primo mese dalla caduta del Ponte svoltasi in Piazza De Ferrari a Genova il 14 settembre 2018. Pochi mesi prima infatti era nato un bambino proprio sul Morandi, al km 0,500 dell’autostrada: da qui “Un Nuovo Km 0,500”, simbolo di luce e di speranza per il futuro, senza dimenticare però quanto avvenuto.
Chi c’è nel dietro le quinte di questo evento?
Lo staff organizzativo del progetto è composto principalmente da ragazze e ragazzi under 30 genovesi, accomunati dalla stessa ambizione dei fondatori, ovvero tornare a Genova e fare qualcosa per la propria città. Tra di noi però, e questo ci teniamo molto a sottolinearlo, ci sono anche persone che non sono genovesi, ma hanno contribuito al nostro progetto senza indugio.
A quasi quattro anni di distanza dal tragico crollo del Morandi quali messaggi racchiude la mostra?
La mostra vuole trasmettere due messaggi principali: la memoria di quanto è avvenuto, che deve continuare a essere veicolato ai giovani affinché drammi come questo non accadano più, e la celebrazione della rinascita e della resilienza, dimostrata dalla città di Genova dopo la caduta del Morandi.
Quanto è importante il lavoro di rete per dare vita a progetti di questo genere?
Il lavoro di rete sta sempre più divenendo centrale ed essenziale in questa società. Per il nostro progetto il networking è stato uno dei pilastri: attraverso la collaborazione con istituzioni, comitati, associazioni e singoli cittadini siamo andati a delineare i contenuti della mostra e la sua struttura. Proprio il lavoro di rete ci ha permesso di condividere le nostre conoscenze e metterle a servizio degli altri.
Inoltre la mostra è stata pensata per essere proprio il frutto di queste relazioni: tutto il materiale che verrà esposto è stato donato e questo fa sì che la mostra possa davvero definirsi “di Genova, per Genova” poiché è la cittadinanza ad aver costruito quello che è a tutti gli effetti un collettivo di testimonianze.
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