La storia di Luigi o “Luigi e la storia”? Quando la politica cambia, ma il cuore rimane
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Savona - Mi capita, alcune volte, di chiudere gli occhi e di pensare a come sarei se fossi nata in un decennio diverso dal mio: quali pensieri avrei? Come mi vestirei? Le idee in cui sono fermamente convinta oggi, forse non esisterebbero in me. O forse avrebbero forme e definizioni differenti, ma la sostanza sarebbe molto simile? In particolare questo slancio a spingermi indietro o avanti negli anni ha trovato una sua ragion d’essere nella fine degli ‘60.
Mi sono trovata più volte nella mia immaginazione in mezzo alle proteste studentesche o della classe operaia che inondavano le vie delle città. Ciò che mi affascina molto di quegli anni è la forza e determinazione con cui le persone cercavano di portare avanti le proprie convinzioni. Grandi le idee e con esse grande la volontà di cambiamento. Ma chi ha vissuto davvero tutto ciò, come vive oggi il presente? Come vive, se lo vive, l’attuale cambiamento in atto che ogni giorno qui raccontiamo?
Qualche giorno fa mi sono trovata seduta ad un tavolo fuori dalla Casa dei Circoli, Culture e Popoli di Ceriale, a chiacchierare di questo con Luigi, uno dei suoi fondatori. Oggi ottantenne, fondò questo luogo nel ‘96, trasformando un ex sede del partito di rifondazione comunista. Insieme a Nunzio Valenti Antonio, compagno di avventure e ideologie, si recano spesso a Savona per frequentare le società di mutuo soccorso.
«Volevamo portare a Ceriale parte di quello che vedevamo a Savona e così abbiamo affittato uno spazio e l’abbiamo condiviso con chi voleva esserne parte». Dopo 25 anni Rifondazione si scioglie. Ma nel frattempo diversi rappresentanti di associazioni avevano iniziato a collaborare con loro, tra cui Italia Cuba, ANPI, Associazione Beni Comuni, Acqua Bene Comune, ma anche Salviamo il Paesaggio e Libera. Si decide così di trasformare questo luogo in una sede permanente di diverse associazioni, idee e popoli, per cooperare tra loro.
Nel raccontarmi la storia di questo luogo Luigi si commuove spesso, mi chiede di fare una pausa per potersi riprendere. Le emozioni sono ancora tutte vive: le idee politiche portavano con sé malloppi carichi di sensazioni, fatti vissuti e aspettative di un futuro non concretizzato. Le persone che da qui sono passate hanno a loro volta lasciato parti di sè. Sono due stanze, ma trasudano di un passato molto vissuto, di cui Luigi ne porta il peso.
La volontà di supporto del più debole ha cambiato gli strumenti e i destinatari in questi decenni: dal mutuo aiuto per le classi operaie si è passati in questi anni a raccolte di abbigliamento e alimenti per ragazzi e ragazze immigrate. E qui mi torna in mente la bellissima fotografia scattata inconsapevolmente dalla mia mente al mio arrivo qui: un tavolo molto lungo fuori dal locale, in cui siedono giovani ragazzi italiani e nordafricani, insieme a signori anziani. Stanno giocando a carte e nel frattempo chiacchierano e sorseggiano il loro bicchiere. Una scena semplice di vita comune, dietro la quale leggo molto altro.
IL BOSCO ED IL FUTURO
Di fronte alla sede una stradina porta ad un piccolo anfiteatro autocostruito dai soci della casa, con davanti un palco. Il tutto è in legno ed è circondato dal bosco. Ed è qui che vengono organizzati spettacoli teatrali, riunioni, incontri serali. Ma anche cene a tema, tra cui la Spaghettata antifascista, in commemorazione di eventi del passato, organizzata per ricordare ed evitare di ricommettere gli stessi errori nel futuro. Chiedo a Luigi come vede il futuro, e la risposta mi inquieta:
«Sono del ‘43 e credo che la mia generazione ha vissuto la vita più bella: si usciva da una guerra, e c’era volontà in tutti di ricostruire, essere migliori. Il futuro lo vedo buio: crisi finanziare e di valori umani, siccità, guerre e pandemie. Chi pagherà le conseguenze di tutto ciò? Probabilmente non quelli in alto, ma sempre la parte di società che è già in difficoltà e ciò mi crea molta rabbia e preoccupazione».
IL RAZZISMO
Parte della storia di questo luogo pone le sue basi sulla lotta al razzismo. Chiedo dunque a Luigi secondo lui come si è evoluto, se lo ha fatto, il razzismo in questi decenni: «È peggiorato moltissimo. Qui abbiamo circa 150 soci che vivono secondo valori e idee simili, tra cui la lotta al razzismo. Ma spesso mi capita di guardarmi intorno e chiedermi quante delle persone che sono fuori da questo luogo, attraversata la strada, quanti si interrogano su questo e altri temi e lo applicano davvero nella loro vita?».
Quando chiedo a Luigi sulla base di cosa pensa ciò, si commuove ancora e mi racconta di storie di vita reale, di persone non italiane in difficoltà che cerca di sostenere, perché lasciate sole a se stesse. Tra queste quella che lo affligge di più è quella di un uomo di origine marocchina che per anni ha lavorato nel settore edile e ora si trova senza famiglia, solo e malato. Con amore e dedizione Luigi ogni giorno porta pranzi e cene a casa sua e lo accompagna alle visite e alle cure. «Non ha necessità di denaro, anzi: avrebbe bisogno di un’umanità che lo accogliesse anche ora che non può più essere “produttivo”».
E così lo guardo negli occhi, mentre si asciuga le lacrime: Luigi è uomo qualunque apparentemente. Se l’avessi incrociato per strada non avrei potuto coglierne il cuore. Eppure, ora qui, la sua vita mi sembra espressione di qualcosa di molto più grande: questo signore dagli occhi bagnati e il cuore troppo appesantito ha passato la sua vita a cercare di fare qualcosa per gli altri, di crescere e accrescere se stesso, passando da ideologie partitiche a associazionistiche, ma rimanendo con la stretta convinzione che da soli non andiamo da nessuna parte.
E forse questo è proprio ciò che siamo qui a fare, in questo mondo così bizzarro: riconoscerci in chi ci è accanto, offrendo supporto anche quando non è esplicitamente richiesto. Non rimaniamo ancorati a idee e convinzioni, qualsiasi esse siano. Il mondo cambia e con esso anche noi! Parola di una mancata ma immaginata sessantottina.
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