I Giardini di Vanda ad Alto: quando lavanda fa rima con comunità, turismo e biodiversità
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Cuneo - Lavanda vuol dire turismo, contatto con la natura e amore per il cibo: è ciò che ho scoperto questo fine settimana partecipando all’inaugurazione di un giardino botanico di lavanda ad Alto (CN), che ha aperto per la prima volta al pubblico. Ero scettica, lo ammetto! Saputa la notizia dell’apertura, mesi fa, ho pensato fosse una delle tante trovate di marketing territoriale, slegata dalla comunità e dall’ambiente naturale circostante. Ma sono qui a raccontarvi che cosa è avvenuto (e avverrà) perché mi sono ricreduta.
A farmi cambiare idea sono stati diversi aspetti: oltre alla narrazione del progetto e delle sue finalità, anche l’amore e la cura che giorno dopo giorno ho visto crescere intorno a questo luogo, per supportare l’iniziativa e riuscire a garantire che fosse tutto pronto per il fatidico giorno dell’inaugurazione.
L’IDEA
A raccontarmi ciò che sta avvenendo è Alberto Coddetta, titolare dell’azienda agricola Olio del Casale. Alberto, di origine torinese, si è trasferito a Nasino (SV), che è al confine tra Piemonte e Liguria, da adolescente insieme alla famiglia. Dopo alcuni spostamenti in età adulta decide che la Val Pennavaire sarebbe stato il luogo in cui mettere radici e creare la sua azienda. Dalla produzione esclusiva di olio, negli anni l’attività si è ampliata fino a includere un bar e un negozio nel centro del paesino di Alto, in cui Alberto propone degustazioni di prodotti biologici che realizza e trasforma tramite la sua azienda agricola.
«L’idea di aprire i Giardini di Vanda – mi racconta – nasce a seguito del confronto con l’associazione Lavanda Riviera dei Fiori, la quale ha come obiettivo principale quello di valorizzare il territorio dove tradizionalmente veniva raccolta la lavanda. Fino a qualche decennio fa infatti, in questa valle la lavanda cresceva in maniera spontanea e veniva lavorata e trasformata per ricavarne diversi prodotti, dall’olio essenziale all’acqua di lavanda, i sacchetti con i fiori secchi da mettere nei cassetti».
«Oggi in aggiunta a ciò si sta cercando di portare la lavanda anche nel settore alimentare, selezionando però tipologie con un basso contenuto di canfora, sostanza preziosa ai fini olfattivi, ma meno per l’alimentazione», aggiunge Alberto. «Un agricoltore di Albenga, Franco Stalla, ha così ibridato alcune tipologie della pianta, per ricavarne dopo diversi tentativi una variante adatta a essere inserita nei prodotti alimentari».
A seguito del tradizionale taglio del nastro per inaugurare i nuovi spazi visitabili al pubblico, l’azienda agricola ha proposto un assaggio gratuito dei diversi prodotti che a oggi si possono degustare all’interno dell’attività ad Alto. Tra questi diversi dolci, con un richiamo molto forte e inconfondibile all’essenza di lavanda, così come crostate e gelati, ma anche proposte di bevande alcoliche, come lo spritz al profumo di lavanda.
I GIARDINI DIDATTICI
L’elemento al centro del progetto neonato è un giardino di circa 2mila metri di terreno che ospita un percorso visitabile gratuitamente, dove è possibile scoprire e conoscere una decina di varietà di lavanda: «Abbiamo piantato diverse tipologie, scoperte anche noi da poco, per aiutare noi tutti a riscoprire le varietà autoctone del territorio, ma anche alcune nuove, che possono essere utilizzate per fini diversi».
Tra queste vi sono la varietà bosco mare, che è molto diffusa soprattutto nell’imperiese, e l’imperia, che è una tipologia di lavanda che è stata ibridata per avere un basso contenuto di canfora: «La prima verrà utilizzata a fini decorativi e olfattivi, la seconda invece per uso alimentare», spiega Alberto.
I TERRENI INCOLTI
Parte dei miei dubbi su tale progetto erano legati alla natura dei terreni utilizzati e all’utilizzo di risorse primarie, come l’acqua, che potrebbero essere destinate a usi alimentari, soprattutto in una fase così complessa a livello meteorologico. Pongo quindi qualche domanda ad Alberto per comprendere quali sono state le valutazioni a monte della progettazione e lui con gentilezza e trasparenza mi racconta che aveva seminato piante di lavanda anche nei terreni di sua proprietà a Nasino parecchi anni fa, perché gli era stato spiegato che queste piante, a differenza di altre, una volta avviate hanno necessità di pochissima manodopera e acqua.
Essendo infatti piante che crescono in maniera selvatica nella zona, qui possiedono un terreno e un clima pronti ad accoglierle, facendole crescere senza sforzi aggiuntivi umani. «Inoltre i terreni utilizzati per questo giardino didattico e per future semine, sono terreni che erano incolti e abbandonati. Il nostro obiettivo è quello di recuperare parte di questi terreni, grazie alla collaborazione e alla volontà dei proprietari, per eliminarne i roveti che nel frattempo ne hanno preso possesso e convertirli a giardini. Questo, come abbiamo visto succedere nel giardino didattico appena inaugurato, in poche settimane ha triplicato il numero di insetti presenti, soprattutto di api, farfalle e coccinelle».
LA LAVANDA COME TRAINO PER TERRITORIO
A confermare la visione più ampia di Alberto sono anche le parole del sindaco Renato Sicca: «Oggi inizia qualcosa che può avere un seguito per tutto il nostro territorio: si tratta di una bella iniziativa che può essere un veicolo di crescita, da un punto di vista turistico, agricolo e non solo. Sono convinto che questi giardini porteranno un grande beneficio generale al nostro paese e alla valle, trasformando terreni una volta abbandonati a valorizzati, ma anche creando nuovi spazi dove far vivere ed incontrare la comunità esistente ed essere veicoli di nuovi servizi che potrebbero qui nascere sia per i turisti, che per gli abitanti».
Durante la conferenza ufficiale di presentazione del progetto, avvenuta sabato 16 luglio, Alberto ha iniziato il suo discorso con i ringraziamenti, dicendo a voce alta che senza tutte le persone che hanno collaborato alla preparazione del terreno, alla semina, ma anche ai lavori manuali a latere e creativi di abbellimento, tutto ciò non avrebbe potuto essere realizzabile. Un grazie speciale è stato dato anche a uno dei proprietari dei terreni che, oggi novantenne, ha voluto credere e appoggiare il progetto, mettendo a disposizione la sua parte di proprietà.
«Si chiamano i Giardini di Vanda – ha infine concluso –, ma sono dell’intera comunità altese, della valle Pennavaire e di chiunque voglia esserne parte attiva. Spero che ciò porti visibilità a questo territorio e a un ampliamento della nostra comunità, attraverso nuovi abitanti e nuovi servizi».
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