Hisn Al-Giran, l’antico villaggio bizantino rinasce grazie a un gruppo di giovani siciliani
Seguici su:
Enna - Una fonte storico letteraria del XI secolo redatta dal cronista arabo Ibn al-Athir racconta di una scorreria di soldati musulmani nell’alta val Dittaino, ovvero nell’attuale territorio ennese. Secondo il suo resoconto, gli arabi riuscirono a conquistare un Hisn Al-Giran – letteralmente una “fortezza delle grotte” –, costituita da una trentina di ambienti ideali per caratteristiche di difesa e di insediamento.
È proprio Hisn Al-Giran il nome scelto da Gianluca Rosso per la sua associazione fondata nel luglio del 2011 con l’intento di prendersi in cura, proteggere e diffondere la storia dei luoghi citati dal cronista arabo; luoghi che in realtà, attraverso le sue rocce, i suoi paesaggi e i suoi anfratti, testimoniano migliaia di anni di frequentazione umana di un territorio ai più ancora sconosciuto. Il sito prende oggi il nome di Villaggio Bizantino e si trova a pochi chilometri dal comune di Calascibetta (EN). Il sistema di grotte si affaccia sulla valle del Morello, da dove è possibile lasciare andare lo sguardo sulla verde vallata sino alle solitarie cime degli Erei.
«Sono arrivato al Villaggio quando di anni ne avevo tre», mi svela Gianluca. «I territori che mio padre gestiva come agente tecnico forestale erano costellati di caverne. Mi affascinarono così tanto da suscitare in me un immediato interesse per l’archeologia. Durante la mia adolescenza iniziarono i primi lavori archeologici all’interno del Villaggio e ricordo che gli studiosi parlarono con mio padre suggerendo di assecondare il mio interesse nei confronti della disciplina. E così ho fatto».
La fine dei lavori di valorizzazione portarono però a un nulla di fatto. Fino al 2011 il sito rimase abbandonato e alla mercé di chiunque. «Durante una notte insonne nel mio periodo da studente – continua Gianluca – mi balenò l’idea di occuparmi di questo luogo. Pochi giorni dopo, l’archeologo Sandro Amata mi consigliò di prendere in gestione il Villaggio Bizantino. Lo presi come un segno. L’11 luglio del 2011 registrammo l’associazione con dieci miei amici. Oggi siamo in quattro, ma l’associazione è più viva che mai»
Negli anni di gestione da parte di Hisn Al-Giran, il Villaggio Bizantino ha ripreso vita. Interventi piccoli ma essenziali – come l’installazione di cestini, panchine e il costante lavoro di pulizia del sottobosco e dei sentieri, hanno reso fruibile e godibile l’intero sito che conta all’incirca tre ettari. Gianluca non ha cifre esatte alla mano sul numero di visitatori annui ma «sicuramente superano il migliaio e provengono da tutto il mondo». A dimostrazione del fatto che il lavoro svolto dall’associazione ha acquisito nel tempo autorevolezza, attirando così i visitatori più curiosi e attenti in grado di apprezzare i segreti dell’entroterra siculo, oltre che a stuoli di studiosi e giornalisti.
«Oltre alle visite guidate e ai lavori di manutenzione, ci siamo spesi al fine di rendere il Villaggio Bizantino un luogo che possa dialogare con l’intera comunità. Il Villaggio Bizantino non è di Hisn Al-Giran, ma è un bene di tutti». Negli anni, l’associazione ha organizzato residenze artistiche, corsi di cucina per bambini, laboratori sul riciclo e riuso di materiali di scarto e molto altro. «Prepariamo anche dei piccoli souvenir con quello che la natura ci dona qui. Dagli aculei degli istrici ricaviamo dei pettini per esempio. Inoltre, produco conserve e marmellate con la frutta ricavata dagli alberi del mio terreno. Non voglio sprecare nulla ed è un ulteriore assaggio di questo territorio ai nostri visitatori».
«Non è facile portare avanti il tutto. Non riceviamo il supporto che questo luogo meriterebbe. Il comune di Calascibetta e il Corpo Forestale sono proprietari delle particelle di territorio all’interno del sito. Ci sono molti lavori di manutenzione da avviare urgentemente, come la messa in sicurezza di alcune grotte affinché possano tornare fruibili al 100%». Il lavoro di Gianluca si inserisce dunque in un contesto territoriale complesso, dove le istituzioni spesso latitano nel momento del bisogno. Non solo: tombaroli, bracconieri e incendiari, sono una costante minaccia per l’integrità del sito.
«Mi è capitato di scacciare dei tombaroli. Aprire degli scavi illegali all’interno del sito causerebbe dei danni gravissimi. Per non parlare degli incendi. Quest’inverno un incendio si stava propagando a valle. Se non avessimo chiamato i Vigili del Fuoco in tempo, le fiamme avrebbero raggiunto il Villaggio, distruggendo completamente un ecosistema di per sé fragile». Hisn Al-Giran è attiva anche nel contesto drammatico della lotta anti-incendio siciliana, facente parte del coordinamento regionale Salviamo i Boschi, nato come movimento spontaneo nel 2018 dopo la devastazione causata da un incendio doloso presso la Riserva dello Zingaro.
Immersi in un’orchestra di cicale, Gianluca e Kevin – il più giovane membro dell’associazione – mi mostrano gli antichi palmenti, testimonianza di una vita vibrante all’interno della valle che riporta alla memoria lo scandirsi di ritmi sacri e millenari. Un’unica pianta di vite è ancora presente all’interno del sito, giusto a pochi passi dall’antica chiesa ricavata nella caverna. Tutti i popoli che hanno vissuto questi luoghi hanno toccato le pietre che anche noi stiamo toccando.
Un ambiente che alle sue origini si prestava a funzioni funerarie, trasformatosi nei secoli in luogo di culto da parte dei Bizantini e ancora, in tempi più recenti, divenuto riparo per i pastori con i loro animali. Un intreccio di vita e morte che continua a esistere ancora oggi grazie al lavoro infaticabile di Gianluca e della sua brigata.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento