19 Lug 2022

Giuseppe Cipolla, da assistente notarile a vignaiolo nella terra dei Sicani

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Dopo vent’anni in ufficio, Giuseppe Cipolla ha deciso di cambiare vita e si è ritirato nelle campagne dell’entroterra sicano per produrre il suo vino, che distribuisce in giro per il mondo. Dal 2020 la sua passione si è trasformata in un mestiere che lo rende felice e appagato.

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Caltanissetta - Galileo Galilei, da profondo conoscitore e amatore di vino, esperto delle tecniche di coltivazione delle viti e agricoltore appassionato che applicava ai suoi vigneti la precisione del compasso geometrico, diceva che il vino era un composto di umore e luce.

Giuseppe Cipolla, un giovane vignaiolo nel territorio sicano tra le contrade Le Robbe e Passofonduto, sta mettendo in pratica le parole dello scienziato. Come? Cambiando completamente la sua vita! Nel 2010 si appassiona ai vini e qualche anno dopo, nel 2014, decide di mettersi in gioco. Studia, approfondisce, comincia a vinificare grazie all’aiuto di un amico che gli mette a disposizione delle vigne e la sua passione, giorno dopo giorno, si trasforma in un progetto aziendale.

Nel 2020 nasce l’azienda agricola Giuseppe Cipolla, in questo lembo di terra al confine tra la provincia di Agrigento e quella di Caltanissetta. Giuseppe adesso vive qui: ha lasciato dopo vent’anni il suo lavoro in uno studio notarile di Agrigento. Non si sentiva appagato né dal punto di vista professionale, né quello vista creativo: «Nonostante i miei genitori non siano contadini, mio padre ci ha trasmesso questo legame profondo con la terra e il territorio».

«Dando seguito a questo forte senso di appartenenza ho deciso di mettermi in gioco e cambiare vita», racconta. «Volevo dare un segnale forte al territorio siciliano e locale. Avrei potuto scegliere di fare grossi investimenti commerciali e produrre vini più semplici e slegati da questa terra, ma per me vince sempre la qualità. Questo è ciò a cui si deve puntare, il vero futuro». 

giuseppe cipolla 1

Il giovane vignaiolo ha studiato infatti sui libri e sulle bottiglie con metodo e ossessione. Ha ripreso modelli francesi e italiani storici, già consolidati, per ricondurli in quei luoghi dove in passato, prima che i contadini puntassero sulla quantità e non sulla qualità, erano stati già adottati. L’innovazione di Giuseppe si riappropria della vecchia tradizione adatta al clima e al terreno della sua zona

I suoi vigneti sono impiantati ad “alberello” su un suolo argilloso-calcareo con forte presenza di gesso – in passato questa area era ricca di miniere di zolfo –,  un metodo contenitivo e intensivo che permette di ottenere un prodotto di qualità, sollecitando al massimo il suolo, il territorio e l’artigianalità del prodotto. I vigneti sono piantati molto stretti, lo spazio limitato non permette alle radici di estendersi orizzontalmente, ma di andare in profondità, alla ricerca del proprio equilibrio ricavato grazie anche ai ricchi minerali presenti nel terreno.

«La presenza di gesso rende i vini molto salati; qui del resto siamo al confine con il fiume Platani – dal greco Alikòs, salato – che con le sue acque estrae il salgemma. L’alberello era la prima forma di allevamento in uso in Sicilia, la più adatta ai nostri territori e al clima. Quando ho cominciato a piantare le viti seguendo questo sistema mi dicevano tutti che ero pazzo, a cominciare da mio padre. Adesso hanno cambiato idea, apprezzano il mio lavoro, ma il loro modo di fare agricoltura è molto diverso dal mio. Puntano sempre a meccanizzare e a semplificare dando priorità alla quantità».

Come diceva Galileo il vino vuole umore e luce. E io sono nel luogo perfetto per il mio vino, un vino riconoscibile grazie alla forte identità

I vini, secondo la filosofia di Giuseppe, devono esprimere le proprietà del territorio, il clima, la geologia, ma anche l’uomo che da sempre lo ha abitato: «Oggi interpreto con dei canoni di vinificazione più contemporanea rispetto a quello che era il vino di un tempo. Sono vini artigianali, in alcuni casi più specifici, più particolari, che esprimono l’identità del produttore. All’assaggio si nota subito la differenza tra un vigneto ad alberello e uno standard». 

Nel 2020 Giuseppe ha prodotto 2.500 bottiglie, nel 2021 8.000, quest’anno spera di arrivare a 14.000 grazie anche a nuovi vigneti che ha preso in gestione. I suoi vini – ormai apprezzati da più parti, dagli Stati Uniti a nuovi mercati del Giappone e dell’Australia verso cui si sta aprendo – sono due rosati, un bianco e un rosso realizzati a partire da vitigni autoctoni siciliani come il nero d’avola, il nerello mascalese, l’insolia, il moscato e il grillo. Distribuirli non è stato complicato, perché come dice Giuseppe, la qualità ripaga sempre! 

La sua azienda conta 18 ettari, due di questi impegnati con i vigneti, il resto dedicato all’olio, al grano e al paesaggio. Un’azienda agricola varia in corso di certificazione biologica che punta all’equilibrio, ma anche alla biodiversità e alla bellezza del luogo. «Può sembrare folle, ma fare attenzione al paesaggio circostante è un ulteriore elemento per garantire una certa qualità del prodotto. Si dice sempre che i vini buoni nascono nei posti belli».

Le parole infatti che rappresentano la sua filosofia in assoluto sono equilibrio, insieme a identità, suolo e sale: «Dietro a una bottiglia ci sono sempre emozione e curiosità. Il vino è uno strumento per sentirmi ambasciatore di questo territorio, di una generazione che vuole cambiare, di una Sicilia e un’Italia che vuole rinascere. Oggi la Sicilia è anche più avvantaggiata rispetto ad altri territori, fino a poco tempo fa non era così».

giuseppe cipolla

«Io sono riuscito a crearmi un micromondo, bisognerebbe fare una rivoluzione per assistere chi vorrebbe cambiare vita», aggiunge Giuseppe. «Non penso purtroppo che tutti i giovani abbiano la forza che ho io, che è nata dalla disperazione, dalla voglia di cambiare, di essere libero. Oggi faccio quello che voglio, anche se sono più vincolato di prima, ma sono felice».

Secondo Giuseppe gli ingredienti giusti per andare avanti sono la passione, l’amore e il dare il giusto senso alla dignità professionale e lavorativa. Tutto va studiato e curato. Per fare agricoltura oggi bisogna essere preparati. «Se nel 2014 avessi avuto soldi e carta bianca per poter realizzare un progetto, avrei sbagliato o avrei fatto qualcosa di molto diverso da quello che ho creato in questi anni. Si arriva piano piano, cercando di correggere il tiro su ciò che si sbaglia».

«Non consiglio a nessuno di fare il vignaiolo, è una vocazione. Mi dico sempre che nella peggiore delle ipotesi sono contento di aver trovato una strada, di fare un viaggio con un obiettivo da percorrere. Dobbiamo imparare a godere dei progetti che portiamo avanti, passo dopo passo. Essere felici. Qui siamo nella Valle del Platani, detta anche la valle della luce. Chiunque viene resta colpito per quanto sia forte e potente. Come diceva Galileo il vino vuole umore e luce. E io sono nel luogo perfetto per il mio vino, un vino riconoscibile grazie alla forte identità» conclude Giuseppe.

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