Friend of the Earth, in missione per salvare dall’estinzione il lemure cantante del Madagascar
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Torino - Nel cuore delle foreste del Madagascar vive l’indri (Indri indri), il più grande lemure al mondo. Ha grandi occhi verdi, un manto lungo e nero con variegature bianche e orecchie arrotondate. I locali lo chiamano Babakoto e forse vi stupirete nel sapere che è l’unico tra i lemuri a comunicare attraverso un vero e proprio canto che riecheggia tra la fitta vegetazione. Si tratta di un canto dotato di ritmo, duetti e cori armonizzati, una capacità che ha solo un altro primate: l’essere umano. Purtroppo però questo affascinante animale è uno dei lemuri più minacciati al mondo, a rischio di estinzione a causa della distruzione del suo habitat.
Oggi facciamo un salto in Madagascar e più precisamente nella Foresta Pluviale degli Alberi Dragone di Marhomizaha, dove questo lemure vive a rischio critico. Qui alcune realtà, con impegno e dedizione, stanno contribuendo alla realizzazione di un nuovo progetto per tutelarlo: sono World Sustainability Organization, Friend of the Earth, U ONLUS, Università degli Studi di Torino e GERP – Groupe d’Etude et de Recherche sur les Primates. Insieme collaborano al Maromizaha Conservation Project, progetto attivo dal 2004 e attività di conservazione dedicate alla popolazione di Indri.
L’INDRI, UNO DEI LEMURI PIÙ MINACCIATI AL MONDO
Per saperne di più parliamo con Clarissa Puccioni, che da maggio è in missione a Maromizaha per monitorare il progetto di conservazione dei lemuri per conto di Friend of the Earth. Clarissa l’Africa la conosce bene. Come ci racconta, «ho vissuto tra l’Italia e l’Africa per dodici anni e nello specifico in Etiopia, per via degli impegni di lavoro del marito di mia mamma che collaborava con alcuni progetti umanitari. L’Africa ha sempre fatto parte della mia vita».
Clarissa in questi anni ha iniziato una collaborazione con Friend of the Earth e oggi è inserita all’interno di un progetto di sensibilizzazione sui primati. Tramite l’Università di Firenze, dove ha svolto i suoi studi, Clarissa ha conosciuto la docente Cristina Giacoma, a capo del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi e impegnata, da 16 anni, a coordinare le attività nella stazione di ricerca della foresta di Maromizaha.
La IUCN, ovvero L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, indica come critica la situazione di questi primati. «Nella Regione di Maromizaha vivono circa 1000 Indri, per un totale stimato di circa 5000 in tutto il Madagascar». Non è facile però definire un numero preciso di lemuri di questa specie perché diversi primati vivono in zone di foresta pluviale fitte, vergini e inesplorate, a cui è difficile accedere. «A oggi nella Riserva sono stati identificati 86 individui per una stima di circa 200 nell’intera area, che però potrebbe essere più bassa».
LA DEFORESTAZIONE E LA SCOMPARSA DELL’HABITAT
A Maromizaha la maggiore minaccia per gli Indri è la scomparsa dell’habitat naturale a causa della deforestazione. Ma è rilevante anche l’impatto dell’immigrazione, che tende a convertire la foresta in terra agricola, oltre al disboscamento selettivo e l’estrazione del carbone. Possiamo dire che il degrado della foresta di Maromizaha sia dovuto soprattutto alla pratica dell’agricoltura che noi definiremmo “taglia e brucia” e che in lingua locale è chiamata “tavy”.
«Intorno all’area, che è stata dichiarata protetta dal 2015, sono presenti undici villaggi, che hanno sempre sfruttato l’area forestale primaria e secondaria per il legno e per l’agricoltura. Diversi enti italiani hanno aiutato a prevenire la deforestazione, con effetti positivi, creando delle parcelle, ovvero zone agricole numerate che sono state assegnate alle diverse famiglie che qui possono occuparsi delle coltivazioni locali come riso o manioca, evitando di deforestare altrove. Il progetto non prevede scambio di denaro e per questo possiamo definirlo sostenibile, oltre che utile».
I CAMBIAMENTI CLIMATICI, TRA CICLONI E INVASIONI DI LOCUSTE
Secondo l’ONU, il Madagascar è uno dei primi paesi al mondo in cui sono visibili gli effetti dei cambiamenti climatici. «Oggi in particolare il sud del Madagascar sta subendo una siccità e una fame incredibili. L’area del centro-nord è colpita da cicloni e sicuramente il cambiamento climatico ne sta aumentando la potenza, anche sulla terraferma. In media in una stagione – che va da dicembre a marzo – si conta una media di 2-3 cicloni, «ma in questo stesso periodo- ce ne sono stati sei ed è arrivato a un milione il numero di sfollati».
Per non parlare poi di altri effetti ugualmente disastrosi: «L’invasione di locuste africane è stata molto più grave rispetto agli anni precedenti. È come se avessero trovato condizioni climatiche più favorevoli e le colture locali ne risentono». A risentirne ovviamente sono anche le popolazioni del luogo. «Il Madagascar è suddiviso in etnie e tribù, specializzate in differenti mansioni. Ci sono tribù che si occupano esclusivamente di agricoltura e non possono allevare o pescare, e viceversa». Per questo motivo i danni alle colture colpiscono intere famiglie di agricoltori, così come l’arrivo ripetuto di cicloni è un danno a intere famiglie di pescatori che per determinati periodi non possono accedere al mare.
LA CACCIA
L’Indri è un animale che non sopravvive in cattività, nei parchi zoologici, quindi va necessariamente protetto nel suo habitat naturale. Un’altra minaccia a cui è sottoposto è la caccia: «All’interno dell’area di Maromizaha gli Indri sono protetti, ma è al confine che sono maggiormente a rischio».
Un tempo gli Indri erano in parte protetti dalla caccia grazie ai locali fadys, cioè tradizionali tabù che proibiscono di mangiare la loro carne. Oggi però due fattori ne stanno causando un aumento insostenibile della caccia: da una parte la minore credenza dei Malgasci nei tabù, dall’altra l’aumento di persone che non seguono le tradizioni locali.
GLI STUDI SUI LEMURI, IN COLLABORAZIONE CON L’UNVERSITA’ DI TORINO
Entrando nella foresta primaria di Maromizaha e percorrendo a piedi un sentiero è possibile giungere al suo centro polivalente. Si tratta del primo e virtuoso centro di ricerca istituito in Madagascar, ideato dalla docente Cristina Giacoma. La struttura è stata pensata per portare avanti gli studi sulle caratteristiche di specie endemiche e allo stesso tempo per permettere a stagisti e studenti di vivere e svolgere ricerche sul campo. Proprio come nel caso di Clarissa che oggi è intermediaria tra il progetto di Maromizaha e Friend of Earth.
«Il progetto di conservazione prevede di studiare e monitorare le popolazioni di Indri. In questo momento 14 gruppi di indri sono sotto osservazione: quattro guide compiono monitoraggi ogni giorno, raccogliendo dati sul loro comportamento e sui loro spostamenti; gli individui vengono identificati tramite i segni caratteristici del loro manto e inoltre è in corso un monitoraggio tramite appositi registratori acustici che vengono posizionati in punti strategici sugli alberi e spostati ogni tre settimane». Ciò permette di ottenere dei vocalizzi che vengono raccolti in specifici database che aiuteranno a conoscere le abitudini degli Indri e ad aiutarli.
Il progetto prevede anche il ripristino dell’habitat tramite la gestione di diversi vivai di bambù e di altre piante endemiche, oltre che il supporto alle comunità locali: un aspetto importante del progetto è infatti quello di fornire sostegno e formazione alle popolazioni del luogo, perché non ci può essere una tutela delle specie animali se non si parte dalla sensibilizzazione di chi vive nell’area. In questo momento sono in corso attività educative sui temi della conservazione degli Indri nelle scuole, con assegnazione di borse di studio a ragazzi meritevoli che vivono in famiglie disagiate.
Nel villaggio di Anevoka, ad esempio, grazie al progetto di conservazione è stata costruita una scuola primaria. «Gerp ha pagato tutte le prime rette, per un totale di 250 bambini dislocati in tre strutture scolastiche. Qui possono svolgere attività all’aperto, coltivare nel giardino ricreativo, visitare i vivai di piante endemiche». Insomma, si tratta di un vero e completo progetto di conservazione di cui beneficiano gli habitat naturali oltre che la popolazione locale, il cui coinvolgimento consapevole permette di avviare azioni di conservazione del territorio da parte delle stesse persone che lo abitano.
VIVERE IN MADAGASCAR
Oggi Clarissa vive in una casa fatta in legno e lamiera, ha un pozzo, ha acquistato un terreno insieme al suo compagno malgascio conosciuto proprio durante uno stage nel sud-ovest del Madagascar ed è felice. Certo, vivere in un contesto più naturale ha le sue difficoltà, come la mancanza di comfort o le questioni igieniche. Ma ciò che quest’esperienza offre in cambio è molto, molto più.
«Sto facendo un lavoro che mi piace e che mi permette di dare il mio contributo verso progetti di tutela degli habitat e delle specie, proprio come quello di Maromizaha. Io sono molto felice di farne parte e di farlo conoscere al resto del mondo, iniziando la mia vita dove volevo, ovvero in Africa».
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