4 Lug 2022

Quanto costa la nostra energia al pianeta? Tra fonti fossili e rinnovabili, ecco i rifiuti che produciamo

Scritto da: Elisa Elia

Il tema della gestione rifiuti è fondamentale per affrontare il cambiamento climatico. Per questo ha senso interrogarsi su quanti rifiuti produciamo per avere energia e quali sono le differenze fra energia da fonti fossili e rinnovabili. Altrettanto importante è elaborare soluzioni e in questo ambito, come in molti altri, un aiuto decisivo può arrivare dall'economia circolare.

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Spesso si pensa ai rifiuti soltanto come a qualcosa di immediatamente tangibile, come a quell’elemento che non serve più e che proviene dalle nostre case, dagli edifici commerciali, dalle aziende. In realtà il rifiuto – o meglio lo scarto – è alla base del modello economico occidentale, che è fondato su un paradigma lineare, ed è strettamente collegato anche alla questione energetica.

Anche produrre energia infatti significa nella maggior parte dei casi produrre uno scarto, che varia in base al tipo di energia e al modo in cui questa viene creata. C’è una differenza fra l’energia prodotta da fonti fossili – causa di immissione di gas climalteranti nell’aria – e quella proveniente da fonti rinnovabili, anche se pure queste ultime non sono esenti da alcune complicazioni riguardanti i rifiuti. Ma andiamo per gradi.

centrale carbone

Pensiamo alla produzione di energia attraverso le centrali termoelettriche: si tratta di uno dei modelli più diffusi al mondo, all’interno del quale viene bruciato un combustibile – che può essere olio combustibile, carbone o gas o anche biogas e/o biomassa – per produrre il calore che poi metterà in moto i macchinari adibiti alla produzione di energia. È già il processo stesso a portare un rifiuto, perché bruciare un elemento combustibile implica necessariamente la produzione di uno scarto che non vediamo, ma che finisce nell’aria. Parliamo della CO2 e di tutti quei gas che stanno alterando in modo decisivo il nostro clima.

Secondo uno studio americano, il 5% delle centrali elettriche alimentate con fonti fossili del mondo inquina per il 73% delle emissioni di CO2, che negli ultimi venti anni sono aumentate del 53% proprio per via dell’industria elettrica. Per guardare più vicino a noi, uno studio dell’ISPRA pubblicato nel 2019 ci segnala come in Italia le emissioni di origine energetica siano l’80% di quella nazionali e fra queste “la gran parte delle emissioni per la produzione elettrica e calore è dovuta agli impianti termoelettrici che nel 2019 determinano il 78,7% delle emissioni del settore elettrico”.

Per guardare a qualcosa di ancora più vicino alla vita quotidiana, basti pensare alla produzione di energia motoria e al relativo scarto di CO2 che ne deriva ogni giorno nell’aria. Il settore dei trasporti infatti è responsabile di circa un quarto delle emissioni di CO2 in Europa, con il 71,7% proveniente dal trasporto stradale, secondo i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente.

Tutti questi problemi hanno portato alcuni a sostenere l’utilizzo dell’energia nucleare, che si basa sul calore prodotto da una fissione nucleare e che è a bassa emissione di anidride carbonica. Il problema del rifiuto però qui rimane: se è vero che le emissioni di CO2 sono nettamente ridotte, da questo processo rimane qualcosa di molto pericoloso, e cioè le scorie nucleari. Queste scorie radioattive non sono altro che isotopi e cioè atomi altamente instabili e difficili da smaltire, che possono vivere dai 500 alle migliaia di anni e che se non ben controllati costituiscono un rischio per la salute degli esseri umani e per l’ambiente stesso.

Il problema sta a monte: bisogna passare da un modello di sviluppo lineare a un’ottica di pensiero circolare

Dall’altra parte, c’è poi tutto il mondo dell’energia proveniente da fonti rinnovabili, che risolve il problema dei gas climalteranti e che è appunto potenzialmente sempre rinnovabile, basandosi su fonti quali il vento, l’acqua e il sole. Anche qui però rimane il problema del rifiuto, almeno allo stadio attuale. L’energia eolica prodotta grazie all’utilizzo di pale, ad esempio, ha grossi problemi di smaltimento delle sue componenti, soprattutto delle pale stesse.

L’Ente nazionale dell’Energia eolica in Germania ha segnalato come si potrebbero avere 140.000 tonnellate di rifiuti da smaltire nei prossimi anni nel paese a seguito degli incentivi all’eolico. Stessa cosa si può dire per i pannelli solari, su cui i ricercatori del National Renewable Energy Laboratory avvertono che entro la fine del decennio 8 milioni di tonnellate di rifiuti potrebbero provenire da quell’ambito. Sono tutte questioni che emergeranno in modo forte nei prossimi anni, dal momento che queste tecnologie sono state incentivate da poco e in molti casi non hanno ancora raggiunto il loro fine-vita.

Ma allora si può produrre energia che non faccia danni al nostro pianeta e agli esseri viventi? La risposta è sì, ma non risiede semplicemente nella tipologia di energia utilizzata – se rinnovabile o meno. Come già visto, anche dalla produzione di energia eolica o solare possono provenire dei rifiuti. Il problema dunque sta a monte: bisogna passare da un modello di sviluppo lineare a un’ottica di pensiero circolare, dove lo scarto non esiste.

energia

Nel caso delle energie rinnovabili, ad esempio, questo comporterebbe il pensare i materiali di produzione di pale eoliche e pannelli solari in un’ottica di riciclo, durabilità e riparabilità, per ridurre al minimo il rifiuto e dare sempre l’opportunità di creare qualcosa di nuovo dallo scarto. La linea guida di ogni sistema di produzione deve essere la sostenibilità ambientale in primis.

Le rinnovabili sono meglio dell’energia da fonte fossile? Sì, ma è necessario un ragionamento che prenda in carico la questione dei rifiuti e faccia sì che non diventi il nuovo problema del nostro futuro prossimo. Occorre un cambio di mentalità verso l’economia circolare: solo allora potremo dire che la nostra energia costerà poco al pianeta e a noi stessi.

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