Queen of Sheba: una coppia di naturalisti sulle tracce di una rara orchidea australiana
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Un fiore meraviglioso “campione” di biodiversità, una terra selvaggia e ancestrale, una coppia innamorata della Natura. Sono questi gli ingredienti di una storia che arriva dall’altro capo del mondo e che parla di un progetto che vuole raccontare le meraviglie dell’ecosistema e sensibilizzare in merito all’importanza di tutelarlo attraverso una delle sue espressioni più affascinanti: l’orchidea Queen of Sheba.
Ma partiamo dal principio conoscendo i nostri protagonisti: Andrea Aromatisi e sua moglie Daniela Scaccabarozzi vivono in Australia da parecchi anni. Ci sono arrivati per la prima volta nel 2012, per il loro viaggio di nozze. Da quel momento si sono innamorati di questa una terra meravigliosa e non sono più andati via. «Io sono educatore ambientale, mentre Daniela è una biologa ricercatrice in università, si occupa di studiare orchidee native e la loro strategia di impollinazione», raccontano. «Il progetto del documentario Search for the Queen of Sheba orchid di Stig Dalstrom e Darryl Saffer si inserisce nei lavori che sviluppiamo con Earth to be, il nostro gruppo di lavoro».
IL FASCINO DELL’AUSTRALIA
«Qui in Australia ci sono circa 1700 specie di orchidee, distribuite su tutto il continente», spiega Andrea. «Sono dei fiori meravigliosi che offrono un campo di studio straordinario per la ricerca di Daniela. Lei è appassionata di orchidee da quando era bambina e ora queste piante sono diventate parte della sua quotidianità e del suo lavoro. Fare ricerca a contatto con le orchidee è un sogno che si avvera».
Un altro motivo che ha spinto la coppia a rimanere in Australia è il popolo aborigeno, una popolazione millenaria che non ha perso il legame autentico con la Madre Terra: «I nostri amici Nina e Bill ci hanno insegnato e dato molto, siamo profondamente grati per questo. La loro cultura si tramanda oralmente da 60.000 anni e ricevere in custodia una piccola parte di un patrimonio così immenso è un dono preziosissimo per noi. Sono un retaggio vivente di umanità. Una cultura antichissima che è ancora viva e non ha intenzione di scomparire».
EARTH TO BE E I VIAGGIO DI LAVORO NELLA NATURA
Earth to be è il gruppo di lavoro nato qualche anno fa con il quale Andrea e Daniela sviluppano progetti ambientali con la finalità di tutelare il pianeta terra. Questi progetti sono sia di tipo tecnico scientifico che di tipo divulgativo, come ad esempio il documentario al quale hanno contribuito per la tutela di una particolare specie di orchidea. La visione di Earth to be è quella di abbracciare diverse abilità e competenze in ecologia ed educazione e di lavorare in maniera ontologica con le persone, ovvero alla base dell’essere, e fare la differenza nel mondo.
«Lo spazio dell’essere umano è il terreno fertile per condurre qualsiasi progetto con una visione ampia che porta un impatto significativo nel mondo», sottolinea Andrea. «Il nostro obiettivo finale è quello di migliorare la qualità della vita con responsabilità, sostenibilità, cura e impegno». Earth to be opera attraverso lo sviluppo di progetti perché rappresenta un modo efficace per generare azioni pratiche e concrete con un impatto diretto nel quotidiano.
La coppia ha lavorato anche ad altri progetti simili in giro per il mondo, tra cui uno studio in Perù, nella foresta amazzonica, dove i due hanno studiato la strategia di impollinazione di una specie di vaniglia nativa: «Siamo stati per circa tre mesi nella foresta a fare ricerca. Il nostro obiettivo era quello di scoprire quale fosse l’insetto coinvolto in questo processo di impollinazione».
Anche dal punto di vista personale, quel viaggio li ha segnati parecchio: «È stata un’esperienza davvero intensa, soprattutto per la situazione socio-culturale di quella zona remota del Perù. Oltre al fatto di rimanere per lungo tempo in foresta, che già di per sé è un’avventura straordinaria. Abbiamo svolto un altro grande progetto sempre in Amazzonia, ma questa volta ci siamo occupati dello studio del cacao nativo, con implicazioni nella tutela dei diritti dei campesinos che lo coltivano».
L’ORCHIDEA QUEEN OF SHEEBA
Il progetto del film Search for the Queen of Sheba Orchid è nato nel 2017 mentre Daniela stava svolgendo il suo dottorato di ricerca presso la Curtin University e Kings Park e Botanical Park di Perth su una orchidea chiamata Diuris. È stata contattata dal regista Darryl Saffer e dal botanico Stig Dalstrom per partecipare alle riprese del loro documentario sulle orchidee australiane che avevano intenzione di realizzare.
«Essendo questo il suo campo di lavoro e di ricerca abbiamo subito deciso di accettare la proposta e ci siamo uniti al loro, iniziando così una bella collaborazione. Darryl e Stig hanno girato il mondo in lungo e in largo, con una serie conosciuta come The Wild Orchid Man dove il protagonista Stig ricerca orchidee straordinarie e spesso rare in luoghi anche parecchio remoti. Per girare i loro documentari sono stati in Amazzonia, USA, Africa e Svezia. E così nel 2017 decisero di raggiungere anche il Western Australia, un hot spot di biodiversità riconosciuto in tutto il mondo per la ricchezza di flora rara e speciale, tra cui appunto orchidee».
I registi erano soprattutto desiderosi di trovare una specie di orchidea in particolare, conosciuta come Regina di Sheba, un fiore icona dell’Australia per la sua bellezza travolgente, ma purtroppo in via di estinzione locale. Il periodo in cui Darryl e Stig arrivarono per la prima volta in Australia non combaciava perfettamente con la fioritura di questa orchidea rara, perciò non fu possibile girare il suo ritrovamento: «Trovammo circa 60 specie, ma non il fiore tanto desiderato. Decisero quindi di ritornare nel 2019 nel periodo propizio per la fioritura e finalmente la trovammo splendente nel bush australiano in tutta la sua grazia e bellezza».
Quando il documentario è stato pubblicato, nel gennaio 2021, la troupe intrapreso una lunga serie di proiezioni in tutta l’Australia occidentale: «È stato un tour che ci ha portato a fare dieci date presso Festival, Comuni, Biblioteche pubbliche, Università e Associazioni amatoriali di appassionati di orchidee. Questo tour ci ha mostrato quanto il tema del documentario fosse seguitissimo in Australia riscuotendo grande successo con parecchie serate sold out».
Il riscontro di pubblico è stato totalmente inaspettato: «Durante le proiezioni si è generata una forte interazione con persone e gruppi di amanti delle orchidee molto attivi per la tutela e la salvaguardia di queste piante meravigliose, ma allo stesso tempo molto delicate. Impegnarci per tutelare la biodiversità è parte della nostra visione di vita e di lavoro. Siamo convinti che proteggere un piccolo anello dell’ecosistema sia di grande aiuto per preservare il benessere dell’ambiente nel suo complesso».
Le orchidee hanno diverse relazioni ecologiche con altre forme di vita che le stanno attorno – funghi, impollinatori e altre piante –, pertanto concentrare gli sforzi di conservazione anche solo su una singola specie significa agire indirettamente e a beneficio di tutti. Il documentario Search for the Queen of Sheba orchid di Stig Dalstrom e Darryl Saffer, dopo aver ricevuto sette premi cinematografici internazionali, nel maggio scorso è stato selezionato a maggio 2022 all’Hollywood Gold Awards vincendo il Gold Award Feature Documentary.
Il documentario è un valido strumento educativo che mira appunto a sensibilizzare il pubblico a proteggere e prendersi cura delle orchidee native: «Stiamo facendo del nostro meglio perché questa sensibilizzazione e cura si diffondano a macchia d’olio, è quello che vogliamo si materializzi, il focus del nostro gruppo di lavoro. Fortunatamente la tematica della tutela ambientale e della conservazione delle specie vegetali e animali a rischio di scomparsa è ben recepita in Australia».
L’uscita del documentario sulle orchidee ha portato al finanziamento dello studio della strategia di impollinazione delle Queen of Sheba orchids (Thelymitra variegata complex species) nel sud-ovest australiano: «Questa è la prossima avventura di ricerca che ci attende per approfondire l’ecologia delle specie del complesso, così da offrire nuovi elementi per la protezione e conservazione di altre specie rare e vulnerabili di flora come l’orchidea Regina».
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