13 Lug 2022

Le conseguenze della pandemia: come il Covid e la sua gestione hanno cambiato (nel bene e nel male) psiche e società

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

Le conseguenze della pandemia da Covid-19 e della sua gestione sono state molteplici: sulla nostra psiche, sulle nostre abitudini, sulla società nel suo complesso, così come sull'economia e sulla salute degli ecosistemi. E non tutte sono state negative. Scopriamo quali sono state le principali.

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Le conseguenze della pandemia e della sua gestione sulla nostra psiche e sulle nostre società sono state molteplici e alcune di queste ancora non riusciamo a osservarle e quantificarle. La pandemia da Covid-19 è stata un vero e proprio “cigno nero”, un evento unico e difficile da prevedere che ha stravolto le nostre esistenze. 

I danni psicologici e sociali, soprattutto per alcune fasce di popolazione, sono stati fra le più devastanti conseguenze della pandemia. Al tempo stesso, molte persone hanno approfittato della pausa forzata per mettere meglio a fuoco la propria esistenza e spesso scegliere di cambiare vita, dando origine a fenomeni globali come il big quit, così come tanti progetti hanno approfittato delle restrizioni per reinventarsi.

In questo articolo troverai spiegate:

CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA: PSICOLOGICHE

Le conseguenze della pandemia dal punto di vista psicologico sono state fra le più studiate. Il Covid e la sua gestione sembrano aver agito come una enorme lente di ingrandimento che ha amplificato il malessere e le paure tipiche della nostra società: paura dell’altro, paura della malattia e della morte, solitudine, ansia, depressione.  

Come ha specificato la psicologa Francesca Cavallini, “nella popolazione già a rischio clinico – per intenderci tutte e tutti coloro che manifestavano fenomeni ansiosi già prima della pandemia – molte psicopatologie si sono acutizzate notevolmente”. Anche un semplice gesto come lavarsi le mani è diventato per alcuni soggetti una sorta di ossessione, così come è aumentata in generale la tendenza ad atteggiamenti compulsivi.

conseguenze della pandemia

Queste tendenze, mal gestite a livello politico, sembrano aver avuto effetti pesanti soprattutto sui più giovani, che hanno patito più degli altri le conseguenze della pandemia e dei vari lockdown e le norme sul distanziamento sociale. Questo ha favorito l’emergere di patologie o tendenze come il ritiro sociale, l’ansia sociale, con picchi estremi come il fenomeno  Hikikomori

Secondo un recente studio un adolescente su quattro ha sintomi di depressione da Covid – casi raddoppiati in due anni – mentre uno su cinque mostra segni di un disturbo d’ansia. Sono raddoppiati anche i ricoveri per tentato suicidio e autolesionismo fra i 15 e i 24 anni. Ancor meno studiati, ma forse ancor più colpiti dalle restrizioni, sono stati i bambini e le bambine, spesso spettatori senza diritto di parola di questa situazione. 

Un’altra categoria che è stata sottoposta a forte stress è quella degli operatori sanitari. Uno studio piuttosto recente condotto presso l’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona sulle conseguenze della pandemia, ha esaminato 1033 operatori sanitari impegnati nella lotta al Covid. La situazione psicologica sembra peggiorata a causa dell’aumento della sensazione di stanchezza come conseguenza della condizione pandemica.

Lo studio ha rilevato come nel 2020 si siano manifestate condizioni clinicamente significative, con una prevalenza di ansia (50%), depressione (27%), burnout (29%). Questa situazione stressante non è solo una delle conseguenze della pandemia, ma anche il frutto malato di una malagestione e di un sottoinvestimento nella sanità pubblica che dura da decenni.

Negli ultimi dieci anni sono stati chiusi 173 ospedali e il personale ridotto di 46000 unità, sono state chiuse quasi 1000 strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale e 2000 strutture per l’assistenza Territoriale Residenziale. Forse anche questa situazione di forte stress del sistema sanitario ha contribuito a creare situazioni paradossali, come quelle che abbiamo raccontato qui e qui.

CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA: SOCIALI

Passando dal corpo individuale a quello collettivo notiamo anche qui numerose conseguenze della pandemia. Fenomeni come il controllo sociale, la polarizzazione, la digitalizzazione delle relazioni si sono estremizzati durante il periodo pandemico. L’aumento del controllo sociale è stato uno degli aspetti più evidenti fin dall’inizio della diffusione del virus.

Inizialmente in Italia come in altri paesi si è tentato di applicare sistemi di tracciamento, che però non hanno quasi mai funzionato. Successivamente, con l’arrivo dei vaccini, l’aumento del controllo ha coinciso con politiche sempre più restrittive per le persone non vaccinate, anche di fronte ai dati che mostravano una certa inefficacia del vaccino nel prevenire i contagi. 

Come spesso accade, le situazioni stressanti accentuano la tendenza dei Sapiens a dividersi in gruppi. Dunque, complici anche i social media che amplificano questa tendenza, una delle prime conseguenze della pandemia e della sua gestione è stato l’aumento della polarizzazione sociale. La società è sembrata dividersi continuamente in fazioni avverse.

Dapprima abbiamo visto la diatriba fra runners e tizi affacciati alla finestra, che man mano si è trasformata in favorevoli e contrari alle restrizioni e infine in provax e novax. Più di recente, abbiamo osservato la stessa dinamica relativamente al conflitto in Ucraina. Come giornale, all’interno della nostra inchiesta sul Covid abbiamo cercato di mantenerci distanti dalle polarizzazioni e di raccontare la realtà nella maniera più oggettiva e scevra di pregiudizi possibile. 

Un’altra delle conseguenze della pandemia è stata l’estremizzazione del già diffuso fenomeno dell’esposizione agli strumenti digitali tra i giovani e più in generale una digitalizzazione delle relazioni. I ragazzi e le ragazze hanno sopperito alla mancanza di vicinanza fisica con una dose ulteriore di realtà virtuale, con effetti sociali e psicologici difficili attualmente da prevedere. Altri effetti nefasti della pandemia si sono potuti osservare su alcune categorie fragili, come i senzatetto o gli anziani nelle Rsa.

BIG QUIT

La pausa forzata ha portato tante persone a fare i conti con le proprie vite. È anche questo forse uno dei motivi all’origine di un fenomeno mondiale noto come big quit, le grandi dimissioni dal lavoro. In Italia nel 2021 almeno 777.000 persone hanno lasciato il lavoro.

La peculiarità di questo fenomeno sta nel fatto che, a differenza di altre ondate di licenziamenti – mai, invero, di queste dimensioni – il big quit non avviene in un momento di espansione economica, in cui le persone lasciano il lavoro perché immaginano di trovarne uno meglio retribuito, ma in un periodo di stagflazione. 

Come abbiamo spiegato qui non è solo questione di paga, si tratta di stile di vita. Uno studio di Personio, spiega che le aziende che durante il lockdown non hanno avuto abbastanza cura per i propri dipendenti rischiano di subire un esodo di personale. Alcuni report rivelano che quello che vediamo adesso è solo la punta dell’iceberg. Secondo una ricerca di Microsoft condotta su 30mila lavoratori, il 41% di loro starebbe considerando di dimettersi. E i numeri salgono tra i 18 e i 25 anni, dove la percentuale cresce fino al 54%.

Insomma, sembra che stia succedendo qualcosa di grosso in pancia al capitalismo, dovuto in parte all’affacciarsi sul mondo del lavoro delle nuove generazioni e in parte allo stop forzato imposto dalla pandemia, durante il quale molti di noi hanno avuto modo di riflettere sulle proprie esistenze e che forse ha gettato dei semi di cui iniziamo a vedere i frutti. Almeno da questo punto di vista.

CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA: ECONOMICHE

Come si può intuire, fermare il mondo intero per diversi mesi ha avuto molte ripercussioni dal punto di vista economico. Le prime che abbiamo notato sono state quelle sulla filiera alimentare, con supermercati presi d’assalto, scaffali vuoti, rifornimenti che tardavano ad arrivare. La scarsa resilienza del nostro sistema è stata messa a nudo e i piccoli produttori locali hanno mostrato tutta la loro utilità nel garantire l’approvvigionamento di cibo. 

Le falle nel sistema di produzione e distribuzione globale hanno causato un aumento generalizzato dei prezzi e indotto la scarsità di alcune materie prime e prodotti – come ad esempio l’Ad Blue –, che in uno spaventoso effetto domino hanno paralizzato molte filiere.

Un fenomeno particolare, che abbiamo visto emergere con l’andare avanti della pandemia, è quello della shrinkflation, una sorta di inflazione mascherata caratterizzata non dall’aumento dei prezzi, ma dalla riduzione della quantità di prodotto contenuto nelle confezioni. A livello macroeconomico abbiamo osservato almeno tre avvenimenti distinti ma intrecciati: un aumento delle diseguaglianze, un aumento del debito globale e l’affermarsi della teoria economica del Great Reset. 

Le conseguenze della pandemia sull’aumento delle disuguaglianze è uno degli effetti ancora meno discussi. Sappiamo ormai da tempo che la mano invisibile del mercato solo nella teoria livella le differenze, nella pratica tende ad accentuarle. Questo è ancora più vero durante una crisi, quando le persone, le aziende, gli stati più ricchi, proprio facendosi forti di un vantaggio iniziale, tendono a consolidare la loro posizione e ad aumentare il divario rispetto ai più poveri.

Questa dinamica, per via del Covid e della sua gestione, la stiamo vedendo concretizzarsi su tanti livelli, al punto che inizia a preoccupare diversi analisti. Il leader della Banca Mondiale David Malpass ha affermato che nei paesi dalle economie più grandi il reddito pro capite nel 2021 è aumentato del 5% rispetto a un misero 0,5% di quelli poveri. 

Sempre la Banca mondiale ha espresso recentemente preoccupazione per la crescita esponenziale del debito dei paesi poveri. Il debito delle 70 economie più povere ha fatto registrare un aumento record del 12%, pari a 860 miliardi di dollari nel 2020. Aumento che sembra essere proseguito anche nel 2021. E il dato potrebbe essere ancora maggiore, visto che – spiega il Sole 24 ore – i paesi cosiddetti a basso reddito spesso non trasmettono i propri dati correttamente ai database mondiali. 

L’aumento del debito pubblico e privato è anche dovuto, oltre alle dirette conseguenze della pandemia, alle enormi iniezioni di liquidità che le banche centrali hanno effettuato per cercare di tamponare la crisi economica dovuta al blocco della produzione. Tuttavia, secondo Fabio Vighi, intervistato da Daniel Tarozzi e Darinka Montiko su I(n)spira-Azioni, queste operazioni potrebbero aver avuto anche un altro obiettivo: salvare il mondo finanziario sull’orlo del collasso approfittando del blocco temporaneo dell’economia reale per sistemare le cose evitando lo spettro dell’iperinflazione. 

Infine, abbiamo osservato l’affermarsi del piano economico del Great Reset, al centro dell’edizione 2021 del World Economic Forum: un piano ambizioso di ristrutturazione dell’economia mondiale nell’era post-Covid-19 che potrebbe avere delle ripercussioni profonde sia a livello globale che per gli individui e le società. 

Il Great Reset è basato su tre pilastri: 

  • un ripensamento dei principi dei mercati finanziari, spostando l’attenzione dagli interessi degli shareholders (azionisti) a quelli degli stakeholders (tutti coloro interessati dalle conseguenze delle scelte macroeconomiche) in una prospettiva di green economy e sviluppo sostenibile
  • grandi investimenti dei governi soggetti ad uno scrutinio che ne garantisca la sostenibilità ambientale e sociale, in favore di benefici globali (geograficamente e socialmente) piuttosto che interessi nazionali e di classe, con l’intento di creare un nuovo sistema che sia più resiliente, equo e sostenibile nel futuro, privilegiando infrastrutture ecosostenibili ed esigendo dalle industrie una diretta responsabilizzazione per quanto riguarda l’ambiente, i lavoratori e i rapporti tra interessi pubblici e privati
  • fare pieno uso della quarta rivoluzione industriale mettendo le nuove tecnologie al servizio dell’interesse comune, migliorando la cooperazione tra università e centri di ricerca, condividendo scienza e tecnologia in modo da moltiplicarne i benefici con particolare attenzione a educazione, salute pubblica, ambiente ed equità sociale

La crisi pandemica è stato anche un momento di ripensamento sociale e collettivo dei nostri stili di vita, di soluzioni creative, di grandi sforzi immaginativi

CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA: AMBIENTALI

Le conseguenze della pandemia sugli ecosistemi sono state per molti versi contrastanti. Da un lato abbiamo osservato con stupore e meraviglia l’incredibile capacità di recupero della natura, con gli animali selvatici che in breve tempo sono tornati a popolare le città, i delfini a nuotare nei canali di Venezia, i cieli delle megalopoli indiane e cinesi sono tornati tersi, l’aria si è fatta ovunque più pulita. Le emissioni di CO2 sono calate di quasi l’8 per cento nel 2020 rispetto all’anno precedente, l’Overshoot day mondiale – la giornata in cui la Terra termina le risorse che è in grado di rigenerare in un anno – per la prima volta è avvenuto dopo.

Dall’altro lato abbiamo visto nascere nuove fonti di inquinamento, come le mascherine monouso che hanno invaso terre e mari in quantità da capogiro. Abbiamo osservato l’impatto negativo sulla mobilità sostenibile, con la tendenza ad abbandonare i mezzi pubblici a favore di quelli privati e gli aerei che hanno volato vuoti o semivuoti. E abbiamo anche rilevato come, finito il periodo della quarantena forzata, l’inquinamento sia tornato rapidamente a crescere, le emissioni climalteranti a salire.

REAZIONI POSITIVE ALLA PANDEMIA

Tuttavia sarebbe sbagliato pensare che le conseguenze della pandemia siano soltanto negative. Come ogni crisi, il cigno nero del Covid ha una enorme potenziale di cambiamento. La crisi pandemica è stato anche un momento di ripensamento sociale e collettivo dei nostri stili di vita, di soluzioni creative, di grandi sforzi immaginativi. 

Alcuni si sono immaginati come potremmo costruire una società diversa, più ecosostenibile e collaborativa, nel post-Covid, altri hanno immaginato soluzioni alternative per le scuole. C’è chi ha approfittato dell’improvvisa diffusione dello smart working per andare a vivere in luoghi più belli e naturali, come i borghi semi disabitati di montagna.

Altri ancora hanno reinventato i propri progetti per renderli funzionali alla nuova “normalità” pandemica, come il Piccolo teatro patafisico di Palermo, o hanno inventato sistemi di consegna a domicilio, hanno scritto un libro collettivo per ridurre le distanze ai tempi del Covid, o hanno riscoperto percorsi di turismo lento, a piedi. Infine, in molti hanno riscoperto l’importanza della filosofia per comprendere e analizzare il presente e di strumenti come la Comunicazione nonviolenta per ricucire i profondi strappi che i grandi temi degli ultimi mesi hanno generato nella società e nelle relazioni interpersonali.

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