28 Lug 2022

La storia del Birrificio Messina, rifondato dai suoi lavoratori dopo la chiusura – Io Faccio Così #359

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli
Riprese di: Graziano Molino
Montaggio di: Paolo Cignini

Una nuova generazione di birrai si sta formando a Messina. Tutto merito di 15 operai che, a seguito della chiusura dello stabilimento cittadino Birra Messina da parte di Heineken, hanno deciso di costituire la cooperativa Birrificio Messina per continuare a tramandare la tradizione sul territorio attraverso la Birra dello Stretto. Un marchio nuovo, ma con solide radici nel passato e nella comunità di cui è parte integrante.

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Messina - A Messina si produce birra da quasi cent’anni. Intere generazioni di uno stesso territorio sono state coinvolte nel cuore dell’economia della città. Tanti i cambiamenti, le vicissitudini, le delusioni, i momenti di sconforto, ma a vincere sono stati la forza e il desiderio di futuro per sé stessi, per i propri figli e per la propria terra.

Un senso di responsabilità e di unione che, soprattutto nei momenti più difficili, ha sostenuto un’idea che dopo anni si sta rivelando vincente, ma che all’inizio è stata appoggiata da pochi: l’idea di quindici operai che, dopo essere stati licenziati, hanno deciso di costituire una cooperativa per continuare a tramandare la tradizione della birra a Messina e contestualmente riscattare la propria professionalità.

UN PO’ DI STORIA…

Nel 1923 la famiglia Faranda ha cominciato a produrre birra nella città di Messina fondando lo storico marchio Birra Messina. Nel 1988 l’ha ceduto, insieme allo stabilimento, a Heineken che, vincolata da un accordo, ha mantenuto tutti i dipendenti della vecchia fabbrica. Per quasi vent’anni è filato tutto liscio, poi la multinazionale ha comunicato la chiusura dello stabilimento nel 2006, portandosi via anche il marchio.

In realtà i progetti di Heineken erano altri. Aveva acquistato un ampio terreno nella zona industriale di Giammoro, vicino Milazzo, per ampliare la produzione e la quantità di ettolitri di birra. Non avendo però ricevuto l’autorizzazione da parte della Regione, ha dovuto optare per il trasferimento dell’intera produzione a Massafra, in provincia di Taranto, e a Bergamo. Qualche dipendente ha accettato di spostarsi, la maggior parte no. Non volevano che la tradizione della birra si perdesse: Messina si stava svuotando anche di altri stabilimenti e, per amore verso la propria terra, hanno deciso di fermarsi a lottare. 

Gli operai hanno così richiamato la famiglia Faranda chiedendo di subentrare ad Heineken ma, pur cercando di salvare produzione e livelli occupazionali, nel 2011 è stato dichiarato il fallimento. Un ulteriore tentativo da parte degli operai di bloccare la vendita del terreno di proprietà della storica famiglia, di salvaguardare i pozzi d’acqua e i macchinari per rilevare l’azienda, è andato in fumo.

…LA NASCITA DELLA COOPERATIVA

Così 15 dipendenti su 41 licenziati hanno deciso di fondare una cooperativa nata il 9 agosto del 2013. «Non è stato facile. Non avevamo liquidità e nessuno poteva garantire per noi. Avevamo solo una grande professionalità maturata nel corso degli anni, grazie anche al rapporto di fiducia con Heineken, che ci ha permesso di formarci acquisendo tutte le competenze possibili», racconta Domenico Sorrenti, presidente della cooperativa Birrificio Messina, nell’intervista che trovate nel video allegato a questo articolo.

«Con l’aiuto di Gaetano Giunta, responsabile della Fondazione di comunità di Messina, e del Cavalier Ruggieri e con un piano finanziario alla mano abbiamo cominciato a comprare i capannoni, poi abbiamo trovato l’acqua, poi i macchinari. Abbiamo ricominciato tutto da zero. Il primo anno abbiamo speso 5 milioni di euro, il secondo anno 1 milione. Mio padre faceva birra, mio nonno pure. Tre generazioni. Non potevamo andare via da Messina».

Poi si sono aggiunti i fusti della birra rossa, della birra dello stretto e della birra non filtrata. «Il primo anno abbiamo deciso di non incassare lo stipendio, il secondo anno percepivamo solo 1000 € al mese. Abbiamo investito tutti i soldi che guadagnavamo, da 8 serbatoi siamo passati a 17, adesso sono in arrivo altri 3. Abbiamo pure 4 caldaie», continua Domenico.

Dopo tanti sforzi e tante incertezze a settembre del 2016 la cooperativa ha iniziato a produrre la propria birra. Anno dopo anno sono aumentati gli elettroliti. In un primo momento solo due etichette, la birra dello Stretto – così chiamata con l’idea di collegare metaforicamente la Sicilia all’Italia attraverso quel ponte che non c’è e dedicarla alla cittadinanza che aveva sostenuto e incoraggiato i dipendenti a non mollare – e la Doc 15, in riferimento ai 15 soci. Nel 2017 sono aumentate le produzioni: la cruda, la doc cruda, la gran premio, la rossa non filtrata.

La birra prodotta dalla cooperativa Birrificio Messina all’inizio era distribuita sola nella città di Messina e nell’intera provincia. Da qualche anno si trova in tutta la Sicilia e nelle isole minori. Inoltre, grazie a un accordo con Heineken – per la quale Birrificio Messina produce 1000 ettolitri di cristalli di sale – la birra della cooperativa viene distribuita tramite i canali della multinazionale olandese in tutta Italia. Mentre, grazie ai social, arriva anche in Belgio, Australia e in Svizzera.

Hanno idee, voglia, passione e tanta responsabilità, l’ingrediente più importante per cambiare il futuro, la Sicilia e l’Italia

LA NUOVA GENERAZIONE

Nel frattempo 3 dei 15 soci sono andati in pensione. Sono stati assunti 12 giovani, la maggior parte figli dei soci, proprio con l’obiettivo di costituire una quarta generazione di birrai. Oggi adulti, all’epoca bambini, hanno vissuto sulla propria pelle le sofferenza delle loro famiglie durante gli anni del licenziamento e delle incertezze a seguito della costituzione della cooperativa. In questo ricambio generazionale un ruolo importante è quello ricoperto dalle donne, che occupano incarichi di responsabilità in laboratorio, in amministrazione e in confezionamento.

Tra queste Dominique Fiorentino, impiegata nel settore delle vendite. «Insieme agli altri miei colleghi più giovani ci siamo messi in gioco, come hanno fatto i nostri genitori in passato, proprio per dare quella mano in più che serviva per aumentare i volumi di produttività. Siamo coscienti di tutti i sacrifici che hanno fatto e che continuano a fare proprio per questo mettiamo tutta la nostra passione e le nostre competenze a disposizione. Il nostro lavoro non è iniziato adesso con i nostri genitori, dura da secoli».

Dominique ha messo da parte le sue vecchie passioni per crearne delle nuove. Lei e gli altri colleghi si sono posti l’obiettivo di apportare innovazione all’azienda per cui lavorano. Ad esempio, la sostenibilità ambientale. Tra i progetti, cercare di ridurre gli sprechi ottimizzando le risorse. Per gli scarti produttivi si sono organizzati con gli allevatori locali, che ritirano le trebbie che poi vengono usate come mangimi per gli animali. 

birra

«Il nostro intento è rendere l’azienda più sostenibile possibile, dalla scelta dei fornitori ai materiali di confezionamento. Noi giovani possiamo portare innovazione. È vero che gli adulti hanno più esperienza e più competenza nel campo, ma noi giovani abbiamo quella marcia in più che permette di vedere le cose sotto un’altra ottica. Dobbiamo guardare al futuro con la curiosità che ci contraddistingue, senza dimenticare le nostre radici che rappresentano le nostre tradizioni. Solo così è auspicabile un vero cambiamento», conclude Dominique.

I PROSSIMI OBIETTIVI

Domenico e gli altri soci sono riusciti a mettere in piedi una cooperativa che funziona grazie al rispetto reciproco, all’ascolto e all’esperienza maturata in tutti questi anni. Sono tanti i ragazzi desiderosi di aprire delle malterie che si rivolgono a loro per ricevere aiuto e sostegno. Domenico e gli altri soci non si tirano mai indietro. Hanno idee, voglia, passione e tanta responsabilità, l’ingrediente più importante per cambiare il futuro, la Sicilia e l’Italia

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