Enzo Andreta: “Un approccio sistemico, culturale e tecnologico è alla base del cambiamento delle aree interne” – Meme #42
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Imperia - Abito in un piccolo paese dell’entroterra ligure e spesso mi trovo davanti a una forte ambiguità. Da una parte vivere in un piccolo Comune immerso nella natura mi permette privilegi che non pensavo di poter avere e apprezzare così tanto, come una qualità della vita molto alta, un inquinamento ambientale quasi inesistente, un silenzio che consente, a sua volta, un ascolto profondo di sé e del luogo e, non per ultima, una qualità delle relazioni all’interno della comunità che non avevo mai vissuto prima in città.
Qui gli stimoli arrivano dal contesto in cui si è immersi, il corpo è rilassato e sano e la mente ha la possibilità di lavorare e produrre idee e pensieri più “puliti” e meno inquinati. Eppure c’è un “ma”. Spesso infatti molte di queste idee muoiono sul nascere: le amministrazioni comunali faticano a comprendere le proposte, forse perché ancorate a idee di un mondo in esaurimento, le distanze non facilitano connessioni e relazioni e l’età media, per quanto si stia abbassando, continua a essere alta, così come di conseguenza è alta la resistenza al cambiamento.
La narrazione ideologica e romantica del vivere in un luogo isolato diviene anch’essa superata e non veritiera: credo sia necessario infatti unire ai bei propositi anche una buona volontà e preparazione per riuscire davvero a essere strumento di un cambiamento armonioso che goda dei privilegi, riuscendo però a superarne i limiti e le difficoltà. Come? Parte delle risposte a questa domanda le ho trovate nella chiacchierata con il professor Enzo Andreta, il quale è convinto che il futuro della regione sia proprio nelle aree dell’entroterra.
Dagli inizi degli anni ‘70 Andreta ha lavorato in Commissione Europea in qualità di Capo di Divisione e di Direttore con diverse responsabilità nel campo dell’energia, delle relazioni internazionali e della ricerca-innovazione. Consulente in materia di ricerca e innovazione, nel 2008 è stato il Commissario Governativo dell’Agenzia italiana per l’innovazione. È attualmente il Presidente dell’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea (APRE) e del Distretto Tecnologico Ligure (SIIT) e Consigliere del Presidente del CNR per gli affari europei e del Progetto Foresight Italia. Ha insegnato nelle Università di Genova, Trento, Lecce e Torino, Madrid, Città del Messico.
Io e il mio collega Paolo Cignini abbiamo incontrato il professor Andreta nella sua abitazione ligure per porgli qualche domanda sulla sua visione del futuro che, nonostante conoscessimo il suo ampio e variegato curriculum, non ci aspettavamo che abbracciasse così tanti aspetti. E la conferma la si trova all’interno dei valori e dei fini dell’associazione che ha fondato, Rinascimento dall’Entroterra, di cui è presidente onorario.
IL PENSIERO SISTEMICO ALLA BASE
Durante la nostra conversazione Andreta utilizza svariate volte le parole “approccio sistemico”, attraverso cui contestualizza e amplia la definizione di ogni singolo argomento, creando una prospettiva sempre più ampia di cause ed effetti. Secondo questo pensiero infatti l’analisi di ogni singolo componente, indipendentemente dal contesto in cui si trova, deve essere effettuata con una visione di ciò che è connesso direttamente ed indirettamente a esso.
«Oggi sappiamo che il sistema cambia nella sua totalità, ma al centro di questo sistema c’è l’uomo, non con il suo profitto – come abbiamo pensato per diverso tempo – bensì con i suoi problemi e con la necessità di risolverli. Ciò che dobbiamo cambiare è il modello socio economico, ma per farlo è necessario uscire da quello attuale, ormai superato, basato sulla produzione di massa, che non fa altro che produrre prodotti a un bassissimo valore aggiunto».
Tutto sino a oggi era basato sui costi e sulla pubblicità che fa sì che gli oggetti del consumo siano amati, creando il bisogno di qualcosa di non reale. Tutto è basato sulla quantità. «In questo contesto l’uomo non è al centro del sistema ma ne è la vittima. Si tratta di un sistema verticistico e lineare. Nel nuovo sistema il vertice non esiste più: l’uomo da vittima si trasforma in artefice del cambiamento, essendo consapevole di sé e del contesto, e attore protagonista della propria vita», osserva Andreta.
IL RUOLO DELL’ESSERE UMANO
In questa visione dunque, chi e cosa fino a poco tempo fa si trovava in ruoli di vertice cambia il suo ruolo, andando a ricoprire ora una funzione di supporto e non più di guida. L’imposizione si trasforma così in scelta: ognuno di noi ha la possibilità di essere al centro del proprio mondo, potendo generare bellezza per se stessi e il mondo circostante. Come? Mettendo a disposizione della comunità ciò che si possiede: conoscenza, esperienze e le risorse.
Essendo interconnessi infatti – e solo in questo modo – il cambiamento può essere reale e coinvolgere tutti. A ciò si aggiungono due elementi, che secondo il pensiero di Andreta sono le colonne portanti di un reale rinascimento dell’uomo: la cultura e la tecnologia. In merito alla prima ciò che si propone è un lavoro sul territorio per coscientizzare e consapevolizzare le persone che lo vivono, avendo cura e attenzione per tutti, indipendentemente da età ed estrazione culturale.
La tecnologia, in aggiunta a ciò, rappresenterebbe invece lo strumento con cui poter far fluire in un unico sistema i dati legati all’ambiente circostante e ai servizi proposti sul territorio, per riuscire a essere di supporto sia per chi vive nel luogo, ma anche per turisti che si trovano lì per un breve periodo, fornendo loro aiuto nel comprendere dove si trovano e di quali servizi e bellezze possono godere.
LA SALUTE
Parlando di alimentazione e salute, ancora una volta il professor Andreta ha un pensiero deciso: «Una delle grandi opportunità che abbiamo è quella di legare alimentazione e salute. Il farmaco del futuro è il cibo, al quale si aggiunge la qualità dell’aria che respiriamo e la struttura genetica». Proseguendo, Andreta ci spiega di come l’epigenetica stia fornendo molte risposte ai quesiti del giorno d’oggi, andando a sdradicare il concetto di casualità della maggior parte delle malattie contemporanee dell’uomo moderno.
Non siamo d’accordo su tutto, ma sicuramente rimango sorpresa nell’ascoltare trattare così tanti argomenti interconnessi l’uno con l’altro da un professore specializzato in economia e innovazione tecnologica. Che sia davvero il segno che il rinascimento delle coscienze e delle menti stia già avvenendo, su diversi piani?
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