Ucciso un altro ciclista, ma chi sceglie di spostarsi in maniera sostenibile va protetto
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Torino - Francesco Convertini era un ciclista in sella al suo mezzo che si stava spostando per la città in cui viveva, Torino. Percorreva la zona di Porta Palazzo, proprio su Corso Regina Margherita. Pedalava, magari per rincasare dopo una giornata fuori o chissà, per vedere gli amici o fare qualche commissione. Mercoledì sera però Francesco non è più ritornato a casa, non ha visto alcun amico o fatto alcuna commissione. Su Corso Regina è stato travolto da un’auto e per lui, purtroppo, non c’è stato nulla da fare.
Quello di Francesco è l’ennesimo tragico avvenimento accaduto nel traffico di Torino. Nell’ultimo mese infatti altre persone sono state vittime di incidenti sulle strade, senza parlare di quegli incidenti “mancati” che tutte e tutti noi che camminiamo e pedaliamo per le strade viviamo ogni giorno.
Come testata giornalistica pensiamo che sia fondamentale parlare di un’Italia in cambiamento e vorremmo che questo cambiamento potesse arrivare fin sulle strade che in molti percorriamo, un giorno come pedoni, quello dopo magari come ciclisti o automobilisti. Perché è sconfitta la città che non è in grado di ripensare e costruire uno spazio pubblico che sia inclusivo, accessibile e sicuro per tutti.
Rimarrà sconfitta finché avverranno morti, proprio come quella di Francesco. Ma a sensibilizzare e diffondere la cultura di una mobilità inclusiva, accessibile e sicura c’è Fiab Torino Bike Pride, la cui presidente – nonché consigliera nazionale Fiab – Elisa Gallo, condivide le sue parole sull’accaduto.
AUTOMOBILI: SERVE UN RIBALTAMENTO DELLE RESPONSABILITÀ
«Come collettività non possiamo accettare che delle persone, dei ragazzi, delle donne, degli uomini, dei bambini, possano morire in strada mentre vanno al lavoro, a scuola, a fare spesa, a incontrare amici o andare a giocare con altri bambini al parco o mentre si spostano nella propria quotidianità come è successo ieri sera in corso Regina Margherita. Come società, Amministrazione e Istituzioni non possiamo permettere che sulla strada continui a esistere violenza da parte di chi guida mezzi più potenti e pesanti, incurante del fatto di poter causare molto più danno, molto più dolore, molta più morte».
Le dinamiche della collisione che ha ucciso il ciclista Francesco Convertini mercoledì sera sono ancora da accertare, secondo le fonti ufficiali. Ma è certo è che il ragazzo stava attraversando un viale su un passaggio ciclopedonale, che accorda la precedenza a chi lo percorre in bicicletta.
Non si può morire per il semplice motivo di aver scelto un mezzo di trasporto più “leggero” e sostenibile
L’associazione Fiab Torino Bike Pride non vuole giustificazioni o attenuanti: «Serve un ribaltamento delle responsabilità sulle nostre strade: chi è al volante di un’auto o di un veicolo più pesante dev’essere investito di maggior responsabilità rispetto a chi è su mezzi a due ruote o a piedi, perché una sua infrazione può causare un danno letale. E questo cambiamento deve essere imposto e voluto dalle Amministrazioni e dalle Istituzioni, per poterci riappropriare degli spazi di incontro di vita».
RIDURRE LA MORTALITÀ E AUMENTARE LA SICUREZZA: SUBITO CITTÀ 30 KM/H
«L’obiettivo da raggiungere è ridurre la mortalità delle collisioni stradali e migliorare al contempo la sicurezza dei cittadini e la vivibilità dei quartieri, con un beneficio per tutte le persone, i veri abitanti della città. Come riportano i dati, nel 30% dei casi, le collisioni stradali sono causate dall’eccesso di velocità».
Anche la Consulta della Mobilità Ciclistica si è espressa, attraverso le parole di Diego Vezza, che ne è presidente: «La Consulta della mobilità ciclistica e moderazione del traffico chiede quindi alla Città di abbassare a 30 km/h la velocità massima dei mezzi a motore su tutte le vie del territorio comunale, ad eccezione dei grandi assi di scorrimento».
«Nel rivolgere alla famiglia e agli amici le nostre condoglianze, non possiamo che immedesimarci in quel ragazzo, rimasto sulla strada senza vita. Potevamo essere noi, io, il nostro amico, nostra figlia o nostra sorella. La nostra mamma», racconta Elisa Gallo. «Questo non è più ammissibile, non lo possiamo più accettare come società».
Perché non si può morire per il semplice motivo di aver scelto un mezzo di trasporto più “leggero” e sostenibile. La domanda quindi al nostro Sindaco: quale città vuole per i suoi cittadini e le sue cittadine? Una intasata di auto, soffocata dall’inquinamento, di ingorghi, o una in cui camminare e pedalare non continui ad essere l’attività più rischiosa da fare nelle nostre strade?».
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