29 Giu 2022

Come i progetti nati dal basso cambiano volto a un territorio: il caso di Scopri la val di Vara

Scritto da: Valentina D'Amora

Come si valorizza una valle bellissima ma poco conosciuta? Se l'è chiesto Alessia Marucci, che insieme ad altre tre ragazze della val di Vara ha portato avanti un progetto di promozione del territorio unendo i puntini della cultura locale e mettendo in rete e mappando le realtà della valle.

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La Spezia - La scorsa settimana sono stata invitata a parlare al Festival dei Cammini e della Montagna, un bellissimo evento in un borgo piccolo e accogliente della Lunigiana, Fivizzano. Doveva essere una conferenza e invece è diventato un cerchio dedicato al cambiamento: una serata piacevole in cui abbiamo declinato questa parola – che è un’idea, uno slancio, un desiderio o una paura – da diverse angolazioni.

Hanno partecipato diverse persone dall’età eterogenea, tra cui una nostra vecchia conoscenza Elisa Lavagnino – la prima intervistata di Liguria Che Cambia –, Vincenza Lofino, arrivata direttamente dalla Tunisia in bici – ve l’abbiamo presentata qui – e altre persone con storie interessanti, tra cui Alessia Marucci, di cui sto per parlarvi.

Alessia è nata a Brugnato e oggi vive in Ecuador, in un parco botanico che fa parte della Ruta Amazónica de la Esperanza. Lei, che ora lavora nell’ambito di progetti legati alla tutela delle popolazioni indigene, nel 2016 si è occupata proprio insieme a Elisa di strumenti di valorizzazione delle aree interne e ha dato vita al progetto Scopri la val di Vara. Lo scopo era far emergere il patrimonio culturale della sua valle di origine, attraverso la creazione di una rete tra enti, associazioni e istituzioni locali.

E mentre mi racconta questo io vedo bambini con gli occhi sgranati davanti alle teste apotropaiche, camminatori che scoprono a piedi le aziende agricole lungo i sentieri o abitanti della valle senior in tour di gruppo. Anche se di quel progetto ad oggi sono rimasti il sito e due pubblicazioni, di cui una guida bilingue, le attività nelle scuole, gli incontri e la ricerca si sono conclusi, ho voluto comunque parlare con Alessia dell’importanza e dell’impatto che queste iniziative nate dal basso portano su un territorio.

fivizzano elisa
Da sinistra: Alessia Marucci, Vincenza Lofino, Valentina D’Amora ed Elisa Lavagnino con un’amica
Alessia, raccontaci: come si è articolato il progetto Scopri la val di Vara?

Prima di parlare del progetto occorre fare un passo indietro e contestualizzarlo. La realtà della val di Vara è caratterizzata da una forte frammentazione delle risorse, che ha portato nel tempo a una mancata valorizzazione dei siti archeologici, dei piccoli centri museali, dei Siti di interesse Comunitario e di tutte le tradizioni popolari. Per questo motivo Scopri la val di Vara ha voluto attivare un processo di deframmentazione proprio attraverso la cultura locale, assunta come veicolo di crescita, anche sotto il profilo economico.

Durante la sua attività il progetto ha realizzato diverse azioni integrate di rete che hanno dato il via a un processo culturale partecipato che ha legato i patrimoni archeologico, artistico, naturalistico-ambientale, enogastronomico ed etnografico. Abbiamo diversificato il tipo di pubblico: per i più piccoli abbiamo coinvolto le scuole, per la ricerca l’Università di Pisa e l’AUSER per le attività rivolte alla terza età. Sono state organizzate delle uscite con le scuole primarie per far conoscere i più importanti siti archeologici presenti, con reperti dal Paleolitico in su, tour per la terza età tour alla scoperta del patrimonio locale e abbiamo curato una guida con sei itinerari per scoprire il territorio.

Qual è stato l’impatto sul territorio?

Non è facile rispondere, ma si può dire innanzitutto che questo progetto abbia dato il “la” a tante altre iniziative simili nate dal basso. D’altronde era la prima volta che associazioni, istituzioni, consorzi e strutture ricettive si mettevano insieme a definire una visione comune della valle. Mi viene in mente il Collettivo degli antichi sentieri liguri, un gruppo di giovani che hanno iniziato a pulire i sentieri, così come altre idee sorte anche grazie a queste discussioni.

attivita didattica pignone
Uno scatto durante una delle attività didattiche a Pignone. Foto di Carola Barilari

Grazie alla mappatura nel tempo e nello spazio che abbiamo realizzato e che ha unito storia, cultura e archeologia, ogni borgo ora ha una piccola descrizione, con un approfondimento. Per valorizzare il territorio quindi c’è uno strumento in più, che è un sito ben navigabile e ricco di informazioni, immagini e fotografie che fanno immergere il visitatore dentro il panorama della valle. Ci sono anche maggiori dettagli e informazioni sulla ricezione rispetto a prima, dal dove mangiare al dove pernottare, il che va a formare un’offerta turistica più ricca e completa.

Questo progetto ha dato il “la” ad altre iniziative simili nate dal basso

Un progetto come questo è replicabile?

Assolutamente sì. Le attività legate ai siti archeologici che abbiamo in valle non cambiano, così come i laboratori da proporre alle scuole primarie. Perché i bambini, per esempio, non vengono portati al Museo archeologico di Zignago? Lì ci sono testimonianze degli antichi liguri, oltre a reperti del neolitico. Quando a scuola si studia la preistoria sarebbe importante toccare con mano questi ritrovamenti. In questo senso, i bambini che hanno partecipato ai nostri laboratori, oggi sono ragazzini più consapevoli delle proprie origini.

E anche per gli adulti si potrebbe riattivare tutto, qui c’è proprio sete di cultura: il lavoro di ricerca della sovrintendenza in ambito archeologico è stato preziosissimo. Poi mi viene in mente lo scrittore Mario Ferraguti, che in quel periodo era in val di Vara proprio a raccogliere testimonianze sulle tradizioni delle donne guaritrici, che ha scritto “Viaggio tra le figure magiche dell’Appennino”. Credo che una proiezione di un suo documentario qui sarebbe molto partecipato. E poi questo progetto potrebbe essere replicato anche in altri contesti geografici.

Il progetto, presentato dal Consorzio Il Cigno, è stato finanziato dalla Fondazione Carispezia.

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