River Tribe, il centro outdoor più grande d’Europa nel cuore del Pollino
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Cosenza - Ci vogliono almeno un paio di ore per attraversare metà della Calabria in direzione Nord, verso il Pollino, e arrivare a Laino Borgo, ultimo Comune prima del confine con la Basilicata. È qui, a due passi dal paese, che si trova River Tribe, il centro outdoor più grande di Europa fondato da Antonio Trani, sportivo professionista, esperto di rafting e insegnante di yoga.
L’ingresso si trova proprio sul ciglio di una strada locale, ma più ci si addentra più ci si inoltra nella natura, lasciando lontani i rumori della strada per arrivare sulle sponde di un torrente a due passi dal fiume Lao, famoso in Calabria per le attività di rafting. Ad accogliermi c’è Lara De Franco, che fa parte del team e che mi conduce attraverso le varie aree del centro: una zona più conviviale da cerchio attorno al fuoco, le amache, le tende sospese e quelle a terra, il glamping, uno spazio circolare per lo yoga e una piccola spiaggia sul fiume.
Mi spiega le numerose attività che si possono fare dentro River Tribe, che si adattano ad appassionati, ma anche famiglie e gruppi di amici e che possono durare da poche ore a giornate intere. Moltissime d’estate, un po’ di meno d’inverno. Si va dal rafting al canyoning, dai giri in mountain bike allo yoga. Sono un’infinità ed è impossibile elencarle tutte, visto che stiamo parlando di un posto che è stato nominato da National Geographic centro outdoor più grande d’Europa per numero di attività.
Ma tutto questo non è un involucro senz’anima. River Tribe vuole avvicinare le persone alla natura e lo sport in questo senso è uno strumento che permette di vivere un’esperienza intensa e spesso trasformativa. Il concetto che sta alla base di questo luogo infatti è offrire un’esperienza che appunto trasforma chi la vive.
Tutto è nato dal rafting: «Ho fatto rafting per la prima volta sul fiume Lao a 16 anni e a 21 ho fatto la mia prima esperienza all’estero, in Argentina», racconta Antonio Trani, CEO e fondatore di River Tribe. «In quel momento ho deciso che quella era la mia vita, visto che nel rafting c’era tutto quello che mi piaceva: natura, avventura e sport, ma anche il concetto del viaggio». Ogni viaggio sul fiume infatti può essere un percorso alla scoperta di territori sconosciuti, altre culture, ma anche di sé stessi, ed è un po’ questo quello che si vuole trasmettere a chi si avvicina a questo luogo.
Dal 2006 al 2017 Antonio passa la sua vita viaggiando in tutti i continenti, superando le sue paure con le prime esperienze di rafting in Argentina e arricchendosi sempre di più con viaggi in Sud America e in Asia, in posti sperduti e incontaminati. «Dopo tanti anni passati fuori ho deciso di fondare un luogo vero e concreto dove mettere tutte le mie esperienze e competenze, che erano non solo quelle di uno sportivo professionista, ma anche umane, esperienziali, antropologiche».
Antonio decide così di tornare in Calabria e stabilire qui la sua base, continuando comunque a viaggiare in alcuni periodi dell’anno. Sceglie di mettere radici nel «luogo più bello del mondo, non solo per la natura, ma anche per il cibo e il calore della gente», a Laino Borgo, il suo paese di origine. Qui per la sua attività sceglie un posto che era una discarica a cielo aperto, con amianto e rifiuti sotterrati. «Assieme ad alcuni amici fraterni e alla mia compagna Margherita, decidiamo di partire da qua: la mia idea era scegliere un posto che fosse messo male, per mostrare che le cose si possono fare anche nelle peggiori condizioni possibili e rompere gli schemi mentali che abbiamo qui al Sud».
Quel posto adesso è un pezzo di natura, dove lavorano decine di persone d’estate e alcune di loro stabilmente anche nel periodo invernale. L’idea infatti è provare anche a garantire una certa stabilità a chi vive sul territorio e vuole lavorare e vivere in modo alternativo anche grazie a River Tribe.
Nel futuro prossimo, ci sono due obiettivi: diventare indipendenti energeticamente (utilizzando l’energia solare, del vento e del fiume) e costruire un ecovillaggio sportivo. Un luogo dove le persone possano soggiornare e lavorare, ma anche godersi il resto del tempo a contatto con questo piccolo mondo.
Antonio ci tiene a sottolineare come dentro River Tribe si cerchi di portare anche alcune pratiche che normalmente sono estranee al mondo commerciale, come i cerchi, le assemblee e l’approccio della sociocrazia per prendere decisioni, strumenti tipici degli ecovillaggi, che mirano a creare un ambiente dove vige l’orizzontalità. Tutto questo contribuisce a creare un clima in cui ci sono condivisione, contatto e scambio anche fra le persone che lavorano dentro River Tribe.
Antonio parla molto spesso anche di spiritualità: «Qui vogliamo mettere tutte le nostre competenze, non solo quelle sportive, e far vedere che già stare in mezzo alla natura è qualcosa di spirituale se la si vive davvero. Ma anche dedicarci a esperienze e condividere conoscenze che mostrino come ci sia un modo diverso di vivere, di stare bene con sé stessi e con gli altri, di curarsi».
Tutto questo rientra in una concezione olistica della salute, che chi fa parte di River Tribe condivide e porta avanti invitando esperti di cure alternative sul luogo. «Qui dentro si crea un micro mondo dove persone di tutti i tipi si ritrovano insieme attorno al cerchio la sera, dal politico all’impiegato al manager e così via. C’è una cosa importante che vogliamo sottolineare fra tutte: la necessità di mettere in risalto il concetto di umanità».
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