Progetto Civita: chi viene a vivere al Sud? Storia di una comunità che sta nascendo
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Cosenza - Da cosa nasce cosa, dice il proverbio. E, passo dopo passo, qualcosa continua ad accadere a Civita, paese arbëreshë di circa 700 anime in provincia di Cosenza, dove già da tempo e con ritmi lenti si sta lavorando a un progetto di comunità.
Ne abbiamo parlato diversi mesi fa, quando abbiamo approfondito l’iniziativa portata avanti dal Campus del Cambiamento per facilitare il trasferimento di persone nel paese: si trattava di un’idea nata durante una carovana estiva che aveva fatto tappa lì, per poi diventare vera e propria proposta in autunno, con tanto di incontro sul territorio.
Proprio in questi giorni si può vedere il primo risultato di questo processo, con il trasferimento della prima nuova abitante di Civita: Alessia Calderazzo, 35 anni, di origini campane ma con la Sicilia come seconda casa, girovaga e sempre alla ricerca di nuovi stimoli. Fa parte dell’Accademia della pedagogia viva, ma negli anni si è interessata a tante cose diverse: yoga, navigazione e soccorso in mare.
È arrivata in paese da circa 30 giorni, dopo averlo visitato in inverno ed essersi innamorata della sua abbondanza fatta di natura ricca e incontaminata, persone accoglienti e cibo buono, come dice lei stessa. Ma è arrivata soprattutto grazie al fatto che le tessere del puzzle sono più di una: un’altra famiglia, che al momento vive ad Ostia Antica, ha intenzione di trasferirsi a Civita e per questo, nell’attesa, ha aperto un negozio nel quale Alessia è stata assunta, La bottega delle fate.
«Sono venuta qui perché sono rimasta molto colpita dal posto e perché credo che ciò che manchi sia soltanto la ricchezza portata dalle persone», spiega Alessia, che nella vita si è sempre spostata in base ai suoi desideri e inclinazioni. Adesso, dopo tanti anni passati in Sicilia, sente che è il momento di cambiare e ha deciso di esplorare questa terra a lei poco conosciuta.
«Il mio obiettivo nel lungo termine è quello di creare una comunità, dove vengano valorizzate la persona e il suo potenziale», mi racconta quando le chiedo dei suoi sogni e del perché è venuta a Civita. «Vorrei che riuscissimo a sganciarci dalla mentalità assistenzialista del Sud Italia ma anche dell’Italia in generale, rimboccarci le maniche e creare qualcosa di nuovo: se si viene qui portando le stesse dinamiche della città, non ha alcun senso».
Civita infatti è un piccolo paese dell’entroterra, si trova fra le montagne del Pollino, e negli anni ha attirato molte persone grazie alla sua particolare posizione geografica e bellezza. Ma è anche vero che ha rischiato – e rischia tuttora – di trasformarsi in un paese dormitorio: uno di quei posti in via di spopolamento dove le case costano poco e chi viene da fuori le compra per poterci venire in vacanza, soprattutto nel periodo estivo. Mentre chi ci abita non lo vive davvero a causa della mancanza di possibilità lavorative.
Eppure è uno di quei luoghi dove basterebbe un piccolo gruppo di persone ben determinate per fare grandi cose con piccoli mezzi: ci sono diverse proprietà comunali inutilizzate, appartamenti che potrebbero essere sistemati con poco, montagne e aria aperta in cui elaborare e fare delle pratiche insieme. Per questo Alessia ci tiene a sottolineare che è importante arrivare qui con una mentalità diversa, per dare ricchezza al paese grazie alle proprie conoscenze e competenze.
Non si è fatta scoraggiare da «il “non è possibile” e lo “stai attenta” che risuona fra le menti delle persone, perché penso che se si ha una direzione chiara le cose si possono fare, concretizzare; ma capisco anche la difficoltà di farlo capire a persone che dopo anni di soprusi e abusi non ci credono più».
A parte i diversi luoghi istituzionali in disuso, ci sono anche altri modi per aggregare e le idee in campo: Stefania Emmanuele, abitante di Civita e sociologa che ha avuto il ruolo di facilitatrice in questo processo facendo da tramite fra il Campus del Cambiamento e il territorio, ha una tenuta di quattro ettari con castagneti in cui sogna di «poter organizzare laboratori di pratiche rurali e bioedilizia», occupandosi al contempo anche di educazione e lavoro con i più giovani. Un luogo che vorrebbe fare della ruralità un punto di riferimento, ma che è già concreto, esiste e ha solo bisogno di una mano per essere ripulito, prima di ospitare anche idee e nuovi progetti.
«Credo che noi due già formiamo una piccola comunità», aggiunge Alessia prima di fare il suo appello, «Cerco persone che si mettano in gioco alla pari, che abbiano voglia di sporcarsi le mani e creare insieme: non servono tante risorse, basta poco, ma soprattutto conta la voglia di impegnarsi».
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