MuratiVivi: “Vogliamo liberare i tesori nascosti nell’arsenale militare spezzino”
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La Spezia - C’era una volta un borgo marinaro affacciato sul mar ligure, fatto di pescatori, di vita semplice, di giornate di sole e di labbra salate. Oggi invece c’è una frazione di La Spezia che non vede più il mare da oltre 150 anni. «Siamo rimasti senza accesso al mare e pure avvelenati», spiega Willam Domenichini dell’associazione MuratiVivi, che mi racconta che al posto di quella borgata ora c’è l’arsenale militare fatto costruire da Cavour.
L’unico accesso al mare adesso è contingentato: «Si tratta di un piccolo enclave a cui si accede passando per la base con un pass, per attraversare la porta Marola. Da qui si raggiunge una banchina dove sono attraccate alcune piccole imbarcazioni, ma non è un accesso al mare degno di questo nome».
A dividere il paese dall’area militare c’è un muro di cemento armato alto quasi quattro metri e protetto da filo spinato, che oggi racchiude anche zone non più necessarie alle esigenze produttive dell’arsenale. Ed è proprio per questo che MuratiVivi si batte: perché vuole che l’identità di Marola si riconnetta alla sua antica tradizione marinara, ormai quasi del tutto smarrita dopo il 1860, e per restituire alla cittadinanza spazi in disuso. «Occorre farlo per valorizzare la nostra storia e costruire il futuro della città», sottolinea Domenichini.
LA STORIA
L’associazione è nata poco più di dieci anni fa grazie all’intraprendenza e alla determinazione di un gruppo di abitanti di Marola, la prima borgata che si incontra quando da La Spezia ci si affaccia verso Portovenere. La storia marolina è particolare: si tratta infatti di uno dei primissimi nuclei abitativi del Golfo dei Poeti e se ne ha traccia anche in alcune mappe presenti in Vaticano.
«La decisione del Governo Cavour di costruire nell’area del borgo l’arsenale della Marina militare italiana portò a una serie di conseguenze, prima tra tutte l’aver trasformato La Spezia da piccolo borgo marinaro a città vera e propria». A seguito dell’apertura dell’arsenale ci fu uno spostamento fisico di molti edifici verso la parte collinare e Marola è rimasta di fatto “murata viva”: «Noi ora vogliamo recuperare la storia della nostra città, far comprendere a tutti i nostri diritti, per essere riconosciuti come cittadini che hanno dignità e coltivano speranze per un futuro migliore».
Per far questo i MuratiVivi stanno portando avanti una serie di battaglie civiche relative ai rapporti che ci sono attualmente tra la marina militare e la cittadinanza, spesso declinate sotto il profilo della sostenibilità. William mi racconta che da parte della Marina vengono portate avanti diverse attività a pochi metri dalle abitazioni civili, come le esercitazioni degli elicotteri che a inizio maggio hanno sfiorato i tetti delle case di Marola o le attività in mare: «Si trovano su un piano borderline, perché lo stazionamento dei navigli in banchina comporta un certo numero emissioni atmosferiche, che ricadono sulla qualità dell’aria di chi vive in zona».
IL COMPLESSO DI SAN FRANCESCO GRANDE
Al momento sotto i riflettori dell’associazione c’è il progetto di recuperare il complesso quattrocentesco di San Francesco Grande e avviare uno scavo per riportare alla luce ciò che resta della chiesa di San Maurizio, risalente all’alto medioevo, e dell’antico borgo di Marola. Preziose testimonianze del passato che si trovano a pochi passi al di là del muro dell’arsenale. A proporre lo scavo Piero Donati, storico dell’arte ed ex sovrintendente dei beni culturali, e ad appoggiarlo una costellazione di personalità del mondo accademico ma anche associativo che sconfina la Liguria stessa.
La documentazione raccolta e l’appello con tutte le firme sono stati consegnati al Ministro della Cultura, Dario Franceschini, che si è mostrato interessato all’iniziativa. «Sono passaggi che spesso non hanno la velocità che ci si auspica, ma si spera portino all’obiettivo: La Spezia ha diritto a recuperare i suoi spazi e portare alla luce i suoi tesori, anche per costruire una rete turistica che punta sulla qualità e non sulla quantità».
E la missione di recupero di queste bellezze sepolte potrebbe portare a una svolta proprio sul piano dell’offerta: «Il sito potrebbe essere inserito in un itinerario percorribile in una giornata che comprenda anche il santuario dell’Acquasanta e la trecentesca chiesa di Santa Caterina di Campiglia», rimarca Piero Donati. Grazie ai MuratiVivi i marolini stanno crescendo come cittadini, stanno riscoprendo la comunità e una visione della città nuovamente a vocazione marina.
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