Da levante a ponente, in Liguria ritorna l’antica e preziosa arte dei muri a secco
Seguici su:
Genova, Imperia - Sono tornate. Parlo delle arti manuali, di tutti quei saperi tramandati di generazione in generazione che sembrano da qualche anno essere perduti. Gli ultimi a conoscerli e utilizzarli con maestria sono stati gli appartenenti alla generazione dei nostri nonni. Poi il vuoto. Tutto sembrava essere caduto in un oblio di disconoscenza e disinteresse quando, seppur in maniera timida, qualcuno ha cominciato a tirarli fuori dal cassetto.
Questi saperi vengono oggi riproposti nella vita quotidiana in maniera rinnovata e con una maggiore consapevolezza: spesso infatti a riprendere le tradizioni sono ragazzi e ragazze giovani, che dopo aver studiato, ricercato, compreso e messo in pratica, decidono di condividere quanto appreso con altri, per diffondere ciò che sembrava perso.
Tra queste arti manuali tradizionali, una tra le più conosciute in Liguria è quella dei muretti a secco: l’entroterra di questa regione ne è colmo, come il vicino Piemonte e altre zone semi-montane e montane. Ma che cos’è di preciso? Si tratta di un particolare tipo di muro, di solito non troppo alto, costruito con blocchi di pietra di diverse dimensioni che vengono assemblati tra di loro, senza però l’uso di leganti o malte di alcun genere.
LA SEMPLICE E COMPLESSA ARTE DEI MURI A SECCO
A spiegarlo parrebbe semplice, a vederli ancor di più, ma realizzarli è una vera e propria opera di ingegno, equilibrio e conoscenza approfondita della tecnica. Sì, perché la sfida di queste opere è proprio realizzarli in modo che possano resistere per decenni e decenni, nonostante siano così “semplici” ed essenziali nel materiale utilizzato. I muri a secco sono infatti talmente particolari ed unici che nel 2018 sono stati inseriti nel patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Non solo: è recente il bando dalla Regione Liguria che finanzia proprio questo tipo di attività per salvaguardarne l’esistenza e la preziosa funzione.
Queste strutture si reggono grazie a un metodo preciso di costruzione, in cui si tiene conto del peso delle pietre e della loro gravità, e si vanno a coprire le singole fughe verticali ponendo le successive pietre a copertura del varco creatosi nel livello precedente. Il tutto deve essere realizzando tenendo presente una proporzione ben precisa tra altezza e larghezza per riuscire a lavorare in maniera corretta.
La tecnica nasce da un bisogno legato alla morfologia: sorgendo spesso su terreni inclinati e con più fasce, creando questi muri i contadini e i pastori erano agevolati nella coltivazione. Inoltre il costo a livello economico era e rimane molto basso – il costo di un muro spesso viene definito dalla malta, che in questo caso non è utilizzata – e a livello funzionale, riuscendo a scorrere l’acqua al suo interno, i rischi di crollo e danneggiamenti erano minimi.
Ho pensato di parlarvene perché proprio in queste settimane sono in programma una serie di eventi formativi per chi volesse conoscere da vicino questa tecnica di costruzione, ma anche per chi si trova a gestire terreni in cui sono già presenti dei muri a secco e sta cercando di comprendere come ricostruirli. Si tratta di corsi aperti a tutti, che non necessitano di una pre-formazione o di particolari competenze e conoscenze pregressi.
L’ARTE DEL MURO A SECCO ARRIVA A MOLINI DI TRIORA
A Molini di Triora (IM), dal 14 al 17 giugno è stato organizzato un workshop teorico e pratico, questa volta residenziale, che si ripeterà anche dal 21 al 24 luglio. «Circondati dai boschi e dagli olivi delle Alpi Liguri – raccontano gli organizzatori –, avrete la possibilità di vivere un’esperienza viva di rigenerazione, cura del Territorio e di Sé, attraverso una pratica antica, un’opera vera e un “tempo” fuori dalle distrazioni contemporanee». Si tratta dunque di un’occasione di apprendimento, di riavvicinamento e di sperimentazione, ma anche di socialità: il corso infatti è aperto anche a coppie o famiglie con bambini, con la possibilità di pernottamento in tenda o in camera.
NEL GENOVESE CON BORGHI SPARSI
Spostandoci dall’altra parte della regione, la cooperativa di comunità Borghi Sparsi ha organizzato un corso nell’entroterra genovese, che si svilupperà in tre fine settimana di giugno (11-12, 18-19, 25-26) e sarà suddiviso in una parte teorica, in cui verranno spiegati i principi della tecnica costruttivi, i tipi e le forme delle pietre, e una parte molto pratica. Quest’ultima prevede moduli che partono dall’organizzazione del cantiere, passando per lo svolgimento delle vari fasi delle lavorazioni (tra cui lo smontaggio del muro esistente/franato), fino alla ricostruzione del muro stesso e alla chiusura e zappatura finale.
«Con la cooperativa di comunità Borghi Sparsi – mi racconta Davide Pedemonte, socio della cooperativa – cerchiamo di divulgare un sapere che ormai sembra essere scomparso e uno dei temi principali è quello di trovare un sistema per occuparsi dei terreni abbandonati. Spesso infatti i muri a secco spesso sono elementi che fanno da sostegno ai terreni che fino a cinquant’anni fa erano coltivati e ora sono a rischio di franamento».
Davide mi spiega come questi muri possano resistere e funzionare per diversi decenni solo se mantenuti: essendo infatti composti da sole pietre, queste con il passare del tempo tendono a muoversi. Una delle principali cause dei crolli è l’edera e in generale le piante rampicanti, che crescendo all’interno del muro con le loro radici tendono ad aumentare la pressione delle singole pietre. Ma tranquilli: se le pietre non sono troppo consumate il muro crollato si può ricreare utilizzando le stesse pietre.
Diversi luoghi, modalità, ma il fine è comune: dare continuità a un’arte manuale che ha ancora tanto da dire e da fare.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento