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A come autodeterminazione, BB come la Storia di BB: l’autodeterminazione di BB. E si potrebbe continuare con il C-oraggio, la D-isciplina e tutte quelle qualità che ci danno F-orza nell’affrontare i problemi quotidiani e G-ioia una volta superati.
Ma come fare per mettere in campo quelle qualità di fronte a ostacoli che sembrano insuperabili? Cominciare sempre con una domanda: “Cos’è quella cosa che spaventa tanto?”. E visto che spesso è nel problema che si trova la soluzione, allora fare un’analisi logica e razionale dell’ostacolo apparentemente insormontabile rispondendo alle domande sulla sua natura potrebbe essere il primo passo per superarlo o per lo meno iniziare a conoscerlo per poi affrontarlo.
E allora BB, cos’è questo problema che ti spaventa tanto? «L’operazione alla testa: la decima». E perché ti spaventa tanto? «Perché mi ricorda due anni passati tra ospedali, sale operatorie, reparti affollati di medici e pazienti sofferenti come me. E poi ore sotto i ferri, mesi passati senza opercolo cranico, ore di fisioterapia, attacchi di panico e paralisi alle braccia. E al solo pensiero che tutto questo non sia finito, mi sembra di sprofondare in un incubo senza fine».
Ecco fatto: una volta completata l’analisi logica e razionale del problema e avendone sviscerato i dettagli, le cause, le deviazioni, le conseguenze e le diramazioni, si può fare ricorso a quell’alfabeto di qualità necessarie per affrontarlo e superarlo. Qualità che ognuno, senza dubbio, ha dentro di sé. Basta solo trovare la chiave. Ed è allora che BB capisce come far fronte a questo nuovo ostacolo: scrivere, dal letto dell’ospedale, una nuova puntata della Storia di BB. Terapeutica per chi la scrive e d’esempio o d’ispirazione per chi la legge.
UNA NORMALE GIORNATA IN OSPEDALE
Di solito una giornata triste inizia con la pioggia. E così è per BB, svegliata da un infermiere mentre fuori infuria un temporale estivo, per la colazione con fette biscottate e the. Ma lei subito dopo scende al bar per un caffè lungo e dolce come le coccole. Ritorno al piano facendo dieci piani di scale di corsa, le stesse scale che non poteva salire due anni prima, quando ancora non sapeva camminare. Giro dei medici per visite ed esami. Ma lei, subito dopo, srotola il tappetino per praticare yoga e fare esercizio fisico.
Ora del pranzo ospedaliero. Ma lei lo sbocconcella appena mentre al pc lavora e scrive per poi premiarsi, subito dopo, con un gelato mangiato al sole. Seguono altri esami, terapie, attese, medici, pazienti sofferenti. Ma lei, subito dopo, torna al pc a lavorare, scrivere e studiare. Ora della cena ospedaliera. Ma lei la evita per godersi all’ombra dell’ultimo sole, sotto la statua di Papa Wojtyla che esorta tutti a non avere paura, un aperitivo e una lunga sigaretta: «A pensarci bene anche nel riposo, si può crescere. Anche nell’attesa si può andare. Meno fai, più fai».
Altri dieci piani a piedi per chiudere una lunga giornata in ospedale, che a mettersi d’impegno si può rivelare perfino speciale. Non è superiorità né ribellione alle regole quella di BB, piuttosto la dimostrazione che ogni persona è un’isola: nonostante tempeste, uragani e maremoti, lei sta lì ferma e radicata. Nonostante il susseguirsi delle stagioni, lei resta fedele a se stessa, ben piantata nelle sue radici e con le sue fronde e montagne protese sempre più in alto.
SOLO NELL’OSCURITÀ SI PUÒ VEDERE LA LUCE
Se si combatte, se ci si crede, le ferite possono trasformarsi in feritoie dove mettersi al riparo quando fuori infuria la guerra. Non siamo soli al mondo: siamo un arcipelago. Ma quando restiamo soli con noi stessi, messi a dura prova dagli ostacoli della vita, diventa prioritario un atto di coraggio. Un moto di gentilezza verso se stessi e gli altri. E una prova di forza contro le proprie paure iniziando con l’affrontarle e magari scoprendo che, in fondo, non sono poi così spaventose come credevamo.
Così BB torna in ospedale, dove ha già trascorso lunghi e faticosi mesi della sua vita: sfiancata da operazioni delicate alla testa, addormentata da un lungo coma e provata da una vita ospedaliera che era diventata la sua quotidianità. Ma in quella routine era già riuscita in passato a trovare del bello e del buono, aveva imparato a vivere di nuovo, aveva gettato le basi del suo futuro, aveva lavorato, fatto sport, conosciuto persone: insomma, aveva vissuto. E allora sarebbe stata in grado di farlo ancora, per l’ennesima e forse ultima volta.
COME FARE QUANDO TUTTO È OSCURO?
Cominciare pensando che sarebbe potuta andare molto peggio. E per BB, data per spacciata, poteva significare una disabilità totale. Invece era perfino meglio di prima: sicuramente più umana. Poi, affidarsi alle mani degli esperti, che sanno come prendersi cura delle nostre ferite fisiche e psicologiche. Ma affidarsi anche alle nostre, di mani: in grado di chiudersi in un pugno, quando la sfida si fa dura; di accarezzarsi, quando scendono le lacrime; di avvolgersi in un abbraccio per farsi calore; e di stringersi per congratularsi per il proprio coraggio.
Non scordarsi mai di vivere momento dopo momento, anche fissando il vuoto, se serve a restare solidi e presenti nel presente. Fare poi un elenco di tutte le cose che si hanno, in particolare di tutto ciò che si può fare nella condizione in cui ci si trova, con gli strumenti che si dispongono, e di tutte le persone che ci circondano, in particolare dei nostri cari. E a volte anche fermarsi.
STARE IN SILENZIO
Stare fermi a volte è la cosa più importante. Il silenzio, spesso, è la comunicazione più efficace. Allora BB e tutti voi concedetevi di stare fermi e ascoltarvi in silenzio: andrete lontano e sarete in pace. Ogni sera, al calare del giorno, affacciati sul crepuscolo di una lunga giornata, magari fumando una sigaretta e sorseggiando la vostra bevanda preferita, fate un elenco di tutte le cose per cui ringraziare. Per cui essere grati, nonostante tutto.
Stare fermi e in silenzio non è sbagliato. E a quella parte dentro di noi che ci sgrida, sgarbata, perché «non facciamo abbastanza, non produciamo abbastanza, non lavoriamo a sufficienza!», basta rispondere «Sti cazzi!». La sliding door che ci aspetta di fronte a una porta chiusa in faccia potrebbe rivelare addirittura una vita migliore, una strada sorprendente, un portone spalancato su un giardino fiorito.
L’importante poi sarà solo prendersene cura e percorrere quella nuova strada con consapevolezza e lungimiranza. La vita va come deve andare: sta a noi stare ad aspettare per vedere come proseguire, mettendoci tutto il coraggio e la forza a disposizione, per godere ogni momento così unico e prezioso. La vita è un bene prezioso: custodiscilo.
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