Cuoche combattenti, il laboratorio culinario dove le donne vittime di violenza riprendono in mano la loro vita
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Palermo - Un piccolo laboratorio profumato in piazza Generale Antonio Cascino a Palermo dal quale escono profumi dolci, anche se dentro ci lavorano donne molto determinate a riprendere in mano la propria vita. Cuoche combattenti è il progetto di imprenditoria sociale nato grazie a Nicoletta Cosentino e al suo percorso al centro antiviolenza Le Onde Onlus, avvenuto dopo la sua separazione con il marito.
L’obiettivo del suo progetto è quello di favorire l’emancipazione economica delle donne vittime di violenza di genere. L’impresa sociale si muove nel concreto dando a queste la possibilità di allontanarsi da ambienti malsani e di porsi in un’ottica lavorativa attraverso il recupero, la produzione, la commercializzazione di ricette popolari tradizionali. Dal suo laboratorio artigianale nascono conserve e prodotti da forno, su tutti c’è l’etichetta antiviolenza e cioè dei messaggi che possano arrivare alle mani e al cuore di donne che stanno subendo violenza domestica.
«L’idea che avevo era realizzare qualcosa di forte, che arrivasse in casa di tante donne con un messaggio che le colpisse perché percepissero che sono vittime – spiega Nicoletta Cosentino –, poiché molte purtroppo non se ne accorgono. Io adesso so che voglio combattere la violenza sulle donne».
«Dopo la separazione io stessa ho fatto un percorso su me stessa che mi ha reso consapevole di quello che ho vissuto e di quello che vivono tante altre donne. Sempre grazie al Centro Le Onde Onlus ho svolto un tirocinio formativo in un laboratorio dolciario, dove ho riscoperto la mia passione per la cucina e mi sono innamorata del mestiere della produzione».
Nicoletta aveva voglia di proseguire quel cammino sulle proprie gambe e così ha cominciato la ricerca di finanziamenti che l’aiutassero nella fase di start up. Partecipa a un corso sull’imprenditorialità dove le insegnano a stilare un business plan e a tenere la contabilità, poi grazie a Banca Etica riesce ad accedere a un finanziamento di microcredito e da qui spicca il volo verso la libertà e l’autonomia, aiutando e accogliendo donne in tirocinio formativo che come lei hanno fatto un percorso al centro antiviolenza.
«A settembre 2017 ho cominciato la prima produzione a casa mia, da sola», continua Nicoletta. «La salsa di pomodoro pensavo di farla solo per casa mia e invece si è magicamente trasformata nella salsa di Cuoche combattenti. Nel 2019 ho aperto il laboratorio. L’etichetta antiviolenza è rivolta alle donne per smascherare gli abusi e rinsaldare l’autostima. Sono diversi i messaggi, tra i miei preferiti c’è “chi ti ama, ama anche i tuoi difetti” perché credo sia profondamente vero. Poi amo molto il nostro motto che è “mai più paura, mai più in silenzio, non siamo vittime ma combattenti”».
«Di solito purtroppo quando si parla di violenza domestica si pensa alla violenza fisica e alle botte, invece spesso è invisibile, ti rende fortemente insicura, senza autostima; avviene quando l’altro non fa altro che denigrarti, non necessariamente con insulti verbalmente violenti ma in modo subdolo con una sottile ironia che minimizza il tuo valore, la tua intelligenza e il tuo impegno».
Volevo realizzare qualcosa di forte, che arrivasse in casa di tante donne con un messaggio che le colpisse perché percepissero che sono vittime
Questo lentamente sgretola l’autostima delle donne: «Entrati in questo circolo poi c’è la violenza economica, perché si porta la donna a non lavorare più, e poi c’è l’isolamento da parte dell’abusante, che ti allontana dai familiari e dagli amici. Quando sei dentro queste dinamiche non è facile percepirlo».
«Esistono diversi tipi e diversi gradi di violenza – aggiunge –, io avevo difficoltà a separarmi ma non mi vedevo come vittima perché ho avuto sempre un carattere forte. Quello che consiglio sempre alle donne vittime di violenza è senz’altro di denunciare sì, ma di farlo con il supporto di un centro antiviolenza, perché così si denuncia nel modo giusto».
Le denunce fatte di impulso infatti spesso vengono ritirare, invece il centro antiviolenza ti aiuta ad avere un piano, a pensare e capire. «Quando ho messo piede al centro antiviolenza ho raccontato la mia vita e, per la prima volta, mi sono percepita come vittima; da lì ho cominciato a combattere».
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