27 Giu 2022

La finanza, il Covid e il controllo sociale: a I(n)spira-Azioni arriva Fabio Vighi – #12

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

Lo scoppio della pandemia di Covid e le conseguenti restrizioni a livello mondiale sono arrivati in un momento specifico: alla vigilia di una terribile crisi finanziaria che stava per abbattersi sui mercati globali. Fabio Vighi, professore di cinema e teoria critica all'Università di Cardiff, ha una sua teoria sui legami fra questi due avvenimenti apparentemente molto distanti.

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Cosa c’entra il Covid con la crisi finanziaria che stava per scoppiare sulla fine del 2019? Niente, apparentemente. Eppure, secondo Fabio Vighi, ospite dell’undicesima puntata di I(n)spira-Azioni, non è così. Vighi è professore di cinema e teoria critica all’Università di Cardiff. Daniel e Darinka, attraverso le loro domande, lo invitano ad spiegare e a spiegarci la sua teoria sulle strane connessioni fra il gotha del capitalismo mondiale e la gestione della pandemia.

UNA PANDEMIA PER SCONGIURARE UNA CRISI?

Tutto inizia, nella ricostruzione di Vighi, nella seconda metà del 2019, a undici anni dal fallimento di Lehman Brothers che sanciva lo scoppio della bolla dei mutui subprime, con il conseguente effetto domino su tutta l’economia mondiale. Undici anni dopo la situazione della finanza globale è nuovamente sull’orlo dell’abisso

«La pancia dell’industria finanziaria era di nuovo piena di spazzatura. Serviva un’enorme iniezione di liquidità, che però avrebbe causato a cascata un’iperinflazione nell’economia reale. A meno che per qualche motivo non si congelasse l’economia reale per dare il tempo alla finanza di riorganizzarsi».

A supporto delle sue affermazioni, Vighi porta tutta una serie di fatti e di dati, come un working paper della Banca dei Regolamenti Internazionali – una organizzazione che fa da raccordo fra tutte le banche centrali del mondo – in cui si chiedono esplicitamente “misure non convenzionali di politica monetaria” finalizzate a “isolare l’economia reale da un ulteriore deterioramento delle condizioni finanziarie”.

Ma anche un documento simile di Blackrock, il più grande fondo d’investimento globale, in cui suggerisce alla Federal Reserve una iniezione di liquidità senza precedenti, mettendola anche in guardia dal rischio iperinflazione. E ancora, l’effettivo scoppio della crisi nel settembre 2019 con il picco dei tassi repo – il sistema finanziario “ombra” che utilizzano le banche per cercare liquidità a breve termine –, che schizzano dal 2% al 10,5% nel giro di poche ore. Infine la decisione della Fed di seguire il consiglio di Blackrock e approvare un programma emergenziale che prevede la creazione settimanale di centinaia di miliardi di dollari da iniettare nel sistema finanziario.

Fin qui siamo ai fatti comprovati. Quello che segue è invece un’ipotesi, una ricostruzione di come secondo il professore sarebbero andate le cose. Secondo Fabio Vighi la finanza mondiale avrebbe – «perlomeno» – colto la palla al balzo della comparsa del virus e avrebbe gonfiato la pandemia, usandola come scusa per congelare l’economia reale attraverso misure restrittive senza precedenti in praticamente tutto il mondo.

«Il Covid – spiega – è servito a bloccare l’economia reale mentre si sistemavano le cose nell’olimpo finanziario, iniettando somme enormi di denaro in un sistema che era in crisi tremenda di liquidità». Bloccando l’economia reale attraverso i vari lockdown si è impedito che questo enorme quantitative easing si traducesse immediatamente, a cascata, nella tanto temuta iperinflazione, ovvero un’impennata dei prezzi e un crollo del potere d’acquisto. 

covid giornali
concept, background
LA MUTAZIONE DEL CAPITALISMO

A fare da cornice a questa teoria, c’è una situazione – questa sì piuttosto oggettiva – di crisi del sistema capitalista: «Siamo in una traiettoria implosiva dell’economia globale da circa quattro decenni e siamo entrati in un’economia da bolla finanziaria da circa vent’anni, nello specifico dall’11 settembre 2001. Da allora abbiamo visto guerre ed emergenze continue: Iraq, Afghanistan, la minaccia dei missili nordcoreani, la Cina, tutta una serie di emergenzialismi che sono culminati nel Covid».

Da diversi decenni ormai il sistema capitalistico ha smesso di investire in produzione e lavoro e ha spostato sempre più investimenti nel mondo della finanza. «Il principio di base del capitalismo è rimasto lo stesso, fare soldi attraverso i soldi. Solo che un tempo lo si faceva attraverso lo strumento del lavoro salariato, oggi – in particolare a partire dalla svolta neoliberista – lo si fa attraverso i meccanismi speculativi della finanza». Quest’ultima infatti garantisce profitti più immediati e volatili e meno “faticosi”. 

Il capitalismo oggi non ha più bisogno degli esseri umani né per la produzione dei beni, grazie all’automazione del lavoro, né per la generazione del profitto, che non deriva più, se non in piccola parte, dal consumo di beni e servizi, bensì dai capitali finanziari.

Il risultato è che viviamo un paradossale ribaltamento di ruoli fra finanza e economia reale, con la prima che era nata come una piccola appendice dell’economia per mettere in contatto domanda e offerta di liquidità e invece si è trasformata nel principale motore economico, riducendo l’economia reale a un noioso fardello da portarsi appresso. Il problema è che il lavoro è anche il modo che il capitalismo ha inventato per distribuire la ricchezza e consentire alle persone di vivere. Un capitalismo senza lavoro, prima o poi, porta a fame e rivolte. 

UN MODELLO MORENTE?

Tuttavia questa situazione è anche sintomo, a detta dello studioso, dello stadio terminale del sistema, ormai legato a meccanismi interni che si autoalimentano ma che sono vicini alla deflagrazione finale, come la costante creazione di debito. «L’emergenza vera è l’implosione di un sistema, quello capitalistico, che dura da 4-500 anni. Come diceva qualcuno, “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” e aveva ragione».

Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza draghi 5

«Non riusciamo a pensare come potrebbe essere la nostra vita, la nostra socialità, in un sistema post-capitalista», osserva Fabio Vighi. Tuttavia potrebbe non essere una crisi indolore: «Più il sistema va verso il collasso, l’implosione, più si irrigidisce. Si nega la crisi attraverso una serie di emergenze esterne, che proiettano l’emergenza al di fuori del sistema stesso, preservandone la vita ». 

Questo, a detta di Vighi, potrebbe portare a svolte via via più autoritarie e a nuovi modi da parte del potere per provare a controllare le masse, tipo l’utilizzo di monete digitali che porterebbero a una schiavitù monetaria. In tal senso il Covid potrebbe anche essere stato un esperimento in questa direzione, soprattutto nelle nazioni dove le misure restrittive sono state maggiori, tipo il nostro. «Uno stress test, per misurare fin dove possono spingersi».

CHI CONTROLLA IL SISTEMA?

Più volte durante la puntata Vighi fa riferimento a un generico “loro”, intendendo una serie di persone che dirigono il sistema. Quando Daniel e Darinka provano ad approfondire, risponde così: «Quando parliamo di sistema, parliamo di qualcosa che di per sé è impersonale, anonimo, inconscio, segue la logica del capitale, dell’accumulazione del denaro. A guidare questo sistema però ci sono quelli che Marx chiamava i funzionari del capitale».

Queste persone però non sono delle menti che stanno dietro al sistema, ma sono piuttosto dei suoi servitori: «Non si pongono nemmeno tante domande. Hanno sì delle responsabilità, ma le abbiamo anche noi». Prendersela con i vari Draghi, Biden, così come i gestori dei fondi d’investimento, individuando in loro i “cattivi” della situazione sarebbe quindi un “mancare il bersaglio” e porterebbe a complottisti dannosi e funzionali al sistema stesso

Potrebbe non essere una crisi indolore: più il sistema va verso il collasso, l’implosione, più si irrigidisce

COME NE USCIAMO?

Se prendiamo per buono il quadro semi apocalittico dipinto da Fabio Vighi, viene da chiedersi quali possibilità ci siano per il genere umano di costruire realmente una società più giusta e felice. Eppure lo stesso Vighi su questo si mostra cautamente ottimista

Concorda con Daniel quando afferma che la realtà è migliore di quella mostrata sui media e che ha incontrato migliaia di persone “disallineate” che hanno già costruito e stanno vivendo in un mo(n)do diverso e aggiunge che a suo avviso, i piani del potere per mantenere lo status quo sono destinati a fallire: «Per quanto gli eventi possano essere manipolati, creano delle contraddizioni che non sono controllabili dai manipolatori. Credo che nel prossimo futuro nascerà un nuovo modo di socializzare».

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