16 Giu 2022

A Comunità di Etica Vivente si adotta e si insegna la permacultura “dalla pratica alla teoria” – Io Faccio Così #357

Scritto da: Daniel Tarozzi
Riprese di: DANIEL TAROZZI
Montaggio di: PAOLO CIGNINI

Una comunità ormai storica ha deciso di unire il proprio percorso di vita e spirituale con quello della permacultura. Da questo sodalizio sono nati progetti interessanti e stimolanti, di cui abbiamo parlato con Fabio Pinzi – uno dei nomi di riferimento nel mondo permaculturale italiano – ed Eve Eisenreich, referenti di queste iniziative.

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Perugia, Umbria - La settimana scorsa vi abbiamo raccontato la storia di Comunità di Etica Vivente attraverso le parole di una socia storica, Fiorenza Bortolotti. Oggi invece approfondiamo alcuni progetti che si stanno sviluppando proprio all’interno della comunità. Partiamo dall’antefatto. Nel 2000 Fiorenza aveva frequentato il primo corso di permacultura tenutosi a Torri Superiore e qui aveva conosciuto Fabio Pinzi: «Ho sentito che la permacultura era la psicosintesi della terra», mi spiega Fiorenza.

Le due discipline infatti hanno molte analogie, sia negli strumenti, tecnici che nelle forme di pensiero: «Sergio Bartoli, fondatore della Comunutà, diceva sempre che la terra era importante e che se ci viene data ci doveva essere un motivo, ma a noi in quel periodo non ci interessava per nulla. Quando ho incontrato la permacultura mi sono appassionata, ho fatto corsi di architettura sostenibile e ho avuto il desiderio di portarla qui. Quando cinque anni fa mi è stato chiesto di riprendere il ruolo di responsabile agricoltura non sapevo bene cosa fare e poi una mattina ho visto la faccia di Fabio Pinzi… e così abbiamo cominciato questa nuova avventura, faticosa ed entusiasmante».

Di Fabio abbiamo parlato molte volte su Italia che Cambia. È tra i primissimi permacultori italiani e tra gli storici divulgatori, nonché responsabile di moltissimi progetti in giro per l’Italia. Conosco Fabio dal 2010 e raramente mi ha trasmesso l’entusiasmo che ho sentito quando mi ha chiamato per invitarmi ad andare a vedere cosa stava succedendo a Comunità di Etica Vivente. Dunque eccoci qui a intervistarlo insieme alla collega e compagna di avventura Eva Eisenreich. Prima di proseguire la lettura, vi invito a guardare la video-intervista di quel giorno.

RIGENERIAMO TERRE E COMUNITÀ

Eva racconta: «Faccio parte di questo progetto da quattro anni. Il compito iniziale era mettere a sistema tutti i 30 ettari di terreno che fanno parte della comunità di etica vivente, ma ci siamo presto resi conto che quello che avevamo davanti era un progetto non solo agricolo, ma anche sociale. Abbiamo quindi condiviso una visione con la comunità e con i loro soci ed è emersa la volontà di attivare una vera e propria rigenerazione delle terre che si muova parallelamente alla rigenerazione della comunità. La parte sociale, quindi, va di pari passo con il lavoro agricolo».

Fabio aggiunge: «La scelta della permacultura era quasi obbligatoria. Essa può infatti garantire una visione di sistema. Il gruppo si è formato seguendo un flusso: abbiamo condiviso il sogno di portare la permacultura in tutti gli ambiti. Ci siamo quindi sperimentati come gruppo e ci siamo ricavati degli spazi e ambiti di diversificazione per aumentare la potenza delle esperienze e da lì abbiamo avviato la progettazione con i principi etici della permacultura. Siamo stati facilitati dal condividere un linguaggio comune con la comunità, sia di visione che di sistema e di pratiche».

IL GRUPPO DI PROGETTAZIONE E LA RIGENERAZIONE DI MAESTRO ORTO

Il gruppo di progettazione è composto da cinque persone, tre uomini e due donne. Il progetto è cominciato – dopo essere stato condiviso con il direttivo della comunità – a fine 2018. Il primo anno, come la permacultura insegna, è stato dedicato all’osservazione dei luoghi in cui si voleva progettare, per poi analizzare i dati raccolti e proporre delle progettazioni. Nel 2019 si sono resi conto che andava creato un progetto pilota che avrebbe poi fornito un modello replicabile altrove. Sono quindi partiti da un orto già esistente, trasformandolo in un orto produttivo e didattico.

Hanno deciso di valorizzare l’esistente anziché rifarlo da zero, anche se le sue caratteristiche non erano quelle “ideali”. Sono poi stati fatti tanti incontri con le persone sia della comunità che del territorio, in modo da legare il progetto anche alle persone che avrebbero comprato in seguito i prodotti. Questi incontri hanno permesso contestualmente di diffondere la conoscenza della permacultura e portare l’attenzione sulla rigenerazione dei suoli come obiettivo importante del futuro.

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L’orto, oltre a garantire dei guadagni diretti, produce anche parecchi guadagni indiretti, che sono l’autoproduzione del compost, del fieno necessario alle pacciamature, delle piante in semenzaio, di una parte dei semi. Guadagni che al momento non si possono quantificare a livello monetario, ma che nel complesso creano ricchezza. Con i prodotti dell’orto inoltre si stanno coprendo tutti i pasti che vengono erogati per i seminari, circa 2000 all’anno, oltre a fornire “cassette” per 10-12 famiglie.

ADOTTA UN ULIVO

L’anno successivo, nel 2020, il gruppo ha lanciato la campagna Adotta un ulivo: le persone potevano adottare un ulivo per 3 o 5 anni con l’obiettivo di contribuire alla rigenerazione del suolo sul quale l’ulivo stesso cresce, senza ricevere in cambio qualcosa se non la soddisfazione di sapere che rigenerando quel suolo avrebbero contribuito a mitigare il cambiamento climatico, a conservare meglio l’acqua, a creare una risorsa per le generazioni future. In poco tempo sono arrivate 80 adozioni che hanno permesso anche la creazione di un posto di lavoro per un giovane contadino del luogo che oggi si occupa di questa rigenerazione.

IL PROGETTO OLIVING

Di OLIVing-II avvevamo già parlato qualche mese fa. Nasce come un progetto residenziale per giovani dai 22 ai 32 anni della durata di sei mesi che offre la possibilità di vivere momenti di pratica e teoria, oltre a occasioni di vita di gruppo e condivisione con le varie realtà dei villaggi e della comunità residenziale. Un programma intenso, incentrato su una formazione in Permacultura e Agricoltura Rigenerativa condotta da Fabio Pinzi, Eva Eisenreich e Beppe Pandolfi con esercitazioni applicate ai vari campi del progetto, la possibilità di aderire ai seminari di psicosintesi e al PdC 72 ore in Permacultura e lezioni di esperti, che da più di vent’anni si dedicano a questi temi.

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Fabio Pinzi mentre conduce un corso di permacultura

Come mi spiega Eva, «mentre i partecipanti lavorano, dalla pratica imparano la progettazione di permacultura e l’applicazione dell’agricoltura rigenerativa: vengono formati sia sul campo – quindi al livello pratico – che con dei moduli teorici. Questo ha permesso di formare sia alcuni gestori di aree che lavoravano già per la comunità che dei giovani che poi si sono fermati qui vicino e che oggi collaborano con la comunità».

SEMINARE SULLA COMUNITÀ

«Seminare sulla comunità – mi spiegano Fabio ed Eve – è più importante che seminare sulla terra. Partiamo quindi da una semina mentale, che poi diventa anche semina fisica. Per questo siamo felici e grati nei confronti della comunità che ci ha dato la possibilità di attuare questo percorso e a noi stessi che siamo stati bravi a metterlo in pratica».

«Avere delle persone che da sempre portano avanti una visione facilita il percorso progettuale perché permette di acquisire quella continuità che solo una pratica agricola costante può far venire fuori. La comunità per noi è anche questo. Dobbiamo promuovere agricolture che siano portate avanti da tante persone».

È emersa la volontà di attivare una vera e propria rigenerazione delle terre che si muova parallelamente alla rigenerazione della comunità

LA GESTIONE DELLE ACQUE E LA KEYLINE

Nell’opera di rigenerazione dei suoli al primo posto c’è la gestione delle acque. Arriviamo da due anni di carenza idrica spaventosa e dobbiamo quindi prendercene carico. Per questo i progetti in permacultura oggi partono da questa considerazione. Rigenerare il suolo significa avere più possibilità di sopravvivere ai cambiamenti climatici. Per rigenerare il suolo e in particolare la sua microbiologia abbiamo necessità di acqua.

«Per questo – racconta Fabio – stiamo valutando tutte le possibilità di accumulo e la raccogliamo in tutte le forme superficiali o profonde. La terra sta rispondendo. C’è una uniformità nel sovescio che abbiamo messo sulla terra, anche con poca acqua, che ci fa capire che quello che abbiamo fatto è stato importante. È stata fondamentale la progettazione di un sistema agroforestale con l’utilizzo di una linea chiave di lavorazione, la cosiddetta ”keyline”, per gestire al meglio l’acqua e aumentare così la fertilità del suolo».

Per ora ci fermiamo qui, ma in un prossimo articolo (e video) approfondiremo anche questa parte.

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