Una “casetta” per l’apprendimento esperienziale in cui la maestra è la natura
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Tutto ebbe inizio a Odemira, nel terreno alentejano in cui una famiglia tedesca aveva accettato di ospitare noi e altre quattro famiglie di nostri amici durante il primo lockdown causato dall’epidemia di Covid-19, nell’aprile 2020. Con volontà, energie e azioni concrete, un semplice spazio si è trasformato nella sede fisica di un progetto condiviso tra famiglie consenzienti in cui, in maniera del tutto spontanea e gratuita, persone grandi e piccole mettono in campo i loro interessi, saperi e passioni per condividerle con gli altri.
Per tutte le cinque famiglie che, con noi, avevano deciso di auto-isolarsi collettivamente nelle radure portoghesi, era la prima volta che ci si ritrovava a condividere uno spazio e un tempo in modo così ravvicinato e continuativo, nonostante la maggior parte di noi si conoscesse già e avesse già vissuto esperienze di condivisione. Ma stavolta l’ambiente che stavamo abitando era per noi un potenziale terreno di sperimentazione, in cui potevamo permetterci di allargare il nostro spazio personale e familiare, d’accordo con le altre persone che ci vivevano: creare delle aree comuni, progettare temporanei utensili e attrezzature, sentirci un po’ come a casa.
Al contrario, durante la nostra vita itinerante, in sosta libera con il proprio camper o furgone, quando si occupa un’area comunale come un parcheggio, una spiaggia, un’area di sosta, non è legale occupare altro spazio se non quello del proprio veicolo con i propri effetti personali, perciò il proprio ambiente domestico si limita ai metri quadri della propria casa mobile.
Dopo sei mesi di quotidianità vagabonda, la possibilità di personalizzare lo spazio in cui vivevamo ha dato vita a molti stupendi progetti: una lavatrice a pedali, una palestra di tessuti aerei, una cucina comune in cui trovarsi a celebrare. La mia vocazione, volta a guardare al mondo dell’infanzia, mi portò a focalizzare la mia attenzione sulla porzione di una vecchia stalla abbandonata, una stanza di circa venticinque metri quadri in cui erano accatastati scatoloni e cianfrusaglie, ma che visibilmente non molto tempo prima era stata utilizzata come luogo di ritrovo.
Un pomeriggio io e mio figlio Federico ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo iniziato a immaginarci uno spazio per le persone piccole, in cui potessero trovarsi, sperimentare, condividere giochi e interessi: insomma, imparare insieme. In quel semplice spazio, che chiamavamo “casetta”, persone piccole e grandi hanno iniziato a inventare e proporre attività e progetti, giochi e laboratori, esplorazioni ed esperimenti, in una modalità del tutto spontanea e collaborativa: mattinate di gioco, laboratori, lettura ad alta voce, tornei di scacchi, spettacoli, esperimenti culinari con l’aiuto di un vecchio camino.
Nei vari cambiamenti, spostamenti, addii e nuovi arrivi che ci sono stati nei mesi successivi – in occasione dei quali gran parte del gruppo ha salutato Odemira e si è trasferita in un altro terreno nel distretto algarvense di Silves – la “casetta” è diventato il termine con il quale definiamo la forza aggregativa che ci unisce nella volontà di offrire ai bambini spazi e tempi di qualità per accompagnarli nel loro apprendimento. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, esperienza dopo esperienza, parole dopo parole spese per condividere opinioni, idee, entusiasmo e disagio, conquiste e cadute, la casetta si è trasformata, evoluta in un flusso sempre più strutturato e consapevole.
Una delle priorità degli adulti è sempre stata quella di lavorare e cooperare per favorire, far emergere e sostenere gli interessi e i progetti dei bambini e delle bambine. Fin dall’inizio delle nostre pratiche insieme, uno dei focus su cui abbiamo lavorato è stato creare uno spazio in cui le persone piccole, attraverso proposte, esternazioni più o meno esplicite – a seconda anche dell’età – o più semplicemente attraverso l’azione, vivano, condividano e organizzino esperienze, attività, esplorazioni, progetti.
Noi, persone grandi, puntiamo a essere presenti per accompagnare e favorire questo processo, in modo da rendere sempre più facile il riconoscimento di un interesse, trasformarlo in un progetto di qualche tipo e dargli attenzione finché è importante che la abbia, rimanendo pronti ad accantonarlo o riprenderlo in un secondo momento, seguendo il percorso del bambino o della bambina, senza irrigidirsi. Ci piace che il motore delle esperienze sia l’interesse, non gli adulti. Il territorio naturale di boschi, campi e prati in cui viviamo è un grande maestro e punto di partenza per domande, curiosità e ragionamenti, nel quale ci si può muovere liberamente e senza pericoli.
Piano piano intorno a questi momenti di apprendimento libero sono sorte proposte e nuovi laboratori, nati spesso dalla volontà dell’adulto di condividere le sue abilità e competenze, come il cucito o il disegno artistico, oltre alla progettazione mensile di workshops legati a un tema specifico: il sistema solare, l’evoluzione dell’uomo, le rocce e i minerali, la cucina, il mondo animale sono alcune delle tematiche con le quali abbiamo giocato e sperimentato per trasmettere conoscenze e fare emergere domande a cui si cercava di dare una risposta, tutti insieme.
Ad oggi la casetta è ancora un cantiere aperto, sempre in evoluzione, a seconda delle persone che gravitano intorno a essa, delle energie che ciascuna persona, grande o piccola, sceglie di metterci, lasciando come priorità la spontaneità e la collettività delle scelte e delle azioni.
La stupenda esperienza condivisa in questi anni mi ha reso più consapevole di ciò che voglio costruire nel mio futuro: studiare e progettare uno spazio aperto al mondo in cui sia possibile per persone piccole e grandi vivere momenti di apprendimento, condivisione e libertà. La casetta è stata il seme da cui è germogliato e venuto alla luce il mio progetto del cuore, che ora sto portando avanti, per me e i miei figli, per le persone care che ho intorno e per tutte le persone che vorranno farne parte.
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