Nella casa circondariale di Siracusa l’Arcolaio sperimenta modelli innovativi di economia sociale
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Siracusa - Nel 2003 nasce a Siracusa la cooperativa l’Arcolaio – il nome si ispira all’insegnamento di Gandhi, che fece dell’arcolaio un simbolo di libertà, invitando alla riscoperta dei mestieri tradizionali e all’utilizzo coerente delle ricchezze della propria terra – per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti attraverso la gestione di un’attività produttiva all’interno del carcere di Siracusa. Un percorso che dura da quasi vent’anni e che ha tanto da insegnare, non solo dal punto di vista umano, sociale e relazionale, ma anche da quello economico.
Nei primi anni 2000 all’interno della casa circondariale di Siracusa era presente uno spazio destinato ad attività lavorative che veniva utilizzato come magazzino. L’Arcolaio chiese di realizzare un laboratorio per impegnare i detenuti e insegnare loro una professione che potesse aiutarli, una volta terminata la pena, a reinserirsi in maniera legale nel mondo del lavoro. Un’opportunità di riscatto, cambiamento e rinascita.
Nel corso di questi anni il laboratorio si è evoluto, specializzandosi nella produzione di alimenti biologici certificati senza glutine e di altre specialità che valorizzano l’eccellenza del territorio siciliano: mandorle, agrumi di Sicilia, carrube, sesamo di Ispica, da poco presidio Slow Food.
La presenza de l’Arcolaio all’interno del carcere di Siracusa ha permesso il coinvolgimento nelle attività formative e di inserimento lavorativo di oltre 250 persone. «I dati sono confortanti perché rispetto alla media nazionale ogni 100 persone che escono dal carcere 70 tornano a delinquere. Per chi ha avuto modo, invece, di vivere esperienze di questo tipo con un coinvolgimento relazionale, umano e professionale, il tasso si abbassa dell’1-2%».
«Anche solo una di queste persone che riesce a inserirsi dopo aver frequentato questi percorsi è un grande vittoria. Un seme che avrà effetti all’interno della propria famiglia e del tessuto sociale», racconta Chiara Pota, responsabile della comunicazione della cooperativa.
Una volta scontata la pena non sempre è possibile mantenere i contatti con gli ex detenuti. In molti casi vengono rimpatriati o spostati e solo in pochi casi continua la collaborazione. È l’esempio di Maksim, che oggi è il responsabile del laboratorio di essiccazione del progetto “Frutti degli Iblei”. L’impegno della cooperativa si è spinto oltre attraverso progetti in collaborazione con vari partner – tra questi l’U.L.E.P.E, l’ufficio locale di esecuzione penale esterna – per coinvolgere persone che sono autorizzate a lavorare fuori dal carcere perché agli arresti domiciliari o in periodo di prova.
Il lavoro della cooperativa l’Arcolaio è in stretta correlazione con la direzione e l’equipe educativa del carcere, che segnalano gli individui più idonee in base a una serie di condizioni – tempo che manca alla fine della pena, predisposizione, esperienza – a poter partecipare al lavoro in laboratorio. La produzione è attiva tutti i giorni, in periodi come le festività di Natale si intensifica parecchio, con dei turn over dovuti a spostamenti e scarcerazioni.
La giornata lavorativa è soggetta a vincoli che cambiano quotidianamente. I detenuti coinvolti variano nel numero, da otto a dieci, e sono sempre supportati dalla presenza di uno o due operatori della cooperativa. I prodotti realizzati sono distribuiti nei negozi Naturasì, nelle botteghe etiche del mercato equo e solidale di Altromercato, nei negozi Eataly e all’estero grazie ai consorzi Le Galline felici e Rete in Campagna. E poi ancora gas, negozi indipendenti specializzati nel biologico e commercio etico.
«L’attenzione alla salute con prodotti biologici studiati secondo genuinità, rispetto della tradizione e valorizzazione delle eccellenze del territorio, e l’impegno sociale con una forte caratterizzazione siciliana sono gli elementi che ci contraddistinguono. Il nostro è un lavoro molto lento che va fatto con costanza», spiega Chiara.
«Sensibilizzare la comunità e la società a essere inclusiva davvero, mettere da parte i pregiudizi e accogliere le persone che escono da un percorso detentivo per contribuire a dare loro una seconda opportunità non è stato un percorso immediato. Cerchiamo infatti, attraverso workshop, conferenze e partnership di vario tipo, di sensibilizzare l’opinione pubblica, l’imprenditoria locale e il territorio sulla necessità di includere queste persone nella nostra società».
Per fortuna qualcosa è cambiato. Quando dieci anni veniva proposto agli imprenditori di accogliere, per un tirocinio o una prova lavorativa persone che avevano finito o stavano finendo di scontare la loro pena c’erano fortissime resistenze. Oggi invece si nota una progressiva apertura da parte della comunità e della società.
Gli stessi detenuti si rendono conto della grande opportunità che viene offerta loro e rispondono sempre con grande rispetto e propositività. Il lavoro degli educatori è determinante nel riuscire a tessere buone relazioni interpersonali attraverso l’ascolto, la relazione, l’accoglienza, la sospensione del giudizio. Sono tanti i momenti bui, lavorare in laboratorio permette loro di dare un senso alle ore trascorse all’interno del carcere.
Una parvenza di vita normale che consente di avere un’entrata con cui aiutare le famiglie, di ritrovare dignità e scoprire di possedere delle capacità fino ad allora sconosciute. Poter essere inseriti in un gruppo di lavoro ed essere trattati indipendentemente dalle loro colpe.
«La dimensione cooperativa che ci contraddistingue si basa sul valore umano e relazionale e non segue necessariamente il profitto, ma un benessere di altro tipo. Questo approccio ha dimostrato di poter rimanere in piedi anche in questi due anni, che sono stati fortemente caratterizzati da un rimescolamento del paradigma classico economico».
«L’economia sociale dimostra di essere una chiave fondamentale nel rivedere i paradigmi economici del futuro, perché va incontro a una serie di esigenze che sono sempre più forti e sentite a livello sociale e dal punto di vista del consumatore che vuole essere generativo con i tipi di acquisto, quindi lasciare un segno e una testimonianza. Realtà come la nostra con un forte impegno sociale si dimostrano vincenti», conclude Chiara.
Il rispetto per la terra passa anche attraverso la valorizzazione della diversità naturale e culturale del territorio. Le esperienze di economia sociale rappresentano un fattore evolutivo per riequilibrare i meccanismi del mercato, sensibilizzare il pubblico verso il consumo critico e consapevole e contribuiscono anche all’evoluzione del sistema penitenziario verso una vera funzione rieducativa.
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