Il web inquina tantissimo, ecco perché è fondamentale costruire una ecologia digitale
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Sapevate che ogni volta che si spedisce una e-mail si emette CO2? Secondo l’ADEME – l’agenzia francese per la gestione dell’ambiente e dell’energia – un messaggio di posta elettronica del peso di 1 mega emette circa 19 grammi di anidride carbonica.
Il digitale non è dunque affatto neutrale, né per le emissioni né per lo sfruttamento delle risorse naturali, né tantomeno per la sua governance: oggi infatti è un’“ecosistema”, in larga parte guidato dal profitto e governato dal capitale, con un pesante impatto sull’ambiente. Basti pensare all’obsolescenza programmata, all’inquinamento da e-waste, alla CO2 prodotta dai data center e allo sfruttamento post-coloniale delle risorse naturali come le terre rare.
La buona notizia è che esistono alcune soluzioni che, anche se non sono ancora affermate e conosciute su vasta scala, rappresentano germogli che vanno coltivati e aiutati a crescere per costituire un domani delle opzioni sostenibili, accompagnate naturalmente da una imprescindibile riduzione dei consumi – anche di quelli “virtuali”.
Pensiamo ad esempio a Fairphone, lo smartphone che attraverso una filiera produttiva etica, che non sfrutta i lavoratori, ed ecologica, che si affida solo a fornitori con un’impronta ecologica il più bassa possibile, da diversi anni si impegna per ridurre l’impatto di uno degli oggetti d’uso quotidiano più inquinanti – secondo Deloitte la base installata di smartphone toccherà quota 4,5 miliardi entro il 2023, una mole di dispositivi che produrrà circa 146 milioni di tonnellate di CO2 effettive o equivalenti.
Per quanto riguarda il traffico web, in Italia c’è una vera eccellenza, ovvero un data center a emissioni zero. Si tratta di Exe.it, una società benefit emiliana che, oltre a essere una delle storie di Italia Che Cambia, è anche il nostro partner tecnico, a cui ci affidiamo per ottenere i servizi di cui necessitiamo senza gravare sull’ambiente.
«La nostra idea era quella di provare a costruire, progettare e realizzare il primo data center in Europa ad emissioni zero», ci aveva spiegato l’AD Gianni Capra. «Non ci siamo riusciti perché siamo stati preceduti da altri nove data center che sono sorti in Nord Europa mentre realizzavamo il nostro. Dunque il nostro Green data center è l’unico data center a emissioni zero nell’area compresa tra Amburgo, Lisbona ed Atene».
Soluzioni interessanti che però rimangono ancora ignote ai più. Anzi, si può dire che la stragrande maggioranza delle persone non conosca affatto il problema delle emissioni legate al “consumismo digitale”. Per questo Altreconomia ha pubblicato Ecologia digitale, una guida al consumo critico di tecnologie e ai comportamenti virtuosi verso le persone e l’ambiente in campo tecnologico, con contributi di docenti universitari, esperti, pensatori e attivisti chi si battono per una “rete” più sociale.
“Il problema che sta al cuore del digitale – scrive nella prefazione Gerry McGovern – è che si tratta del più grande motore di consumo estremo e di sovra-produzione mai inventato.(…). Il problema è che gli esseri umani non sono in grado di gestire (…) quella velocità. Ci troviamo intrappolati in un mondo di pensatori a breve termine che vendono ininterrottamente desideri superficiali. Non abbiamo bisogno di muoverci così velocemente. Non ci fa bene. Non fa sicuramente bene alla vita sulla Terra”.
Non solo: il mercato digitale globale è dominato dai famigerati GAFAM, le multinazionali che fondano la propria prosperità sul monopolio, il “capitalismo della sorveglianza”, la profilazione ossessiva e – non ultime – le furberie fiscali. C’è ancora di più: il world wide web, che si sperava fosse l’alba di una nuova democrazia, ha in realtà generato un nuovo “capitalismo digitale”, con strutture “chiuse” e proprietarie, nuove disuguaglianze, divari digitali e forme pervasive di controllo e sfruttamento, come nel caso del lavoro governato dagli algoritmi delle piattaforme.
Eppure non basta spegnere il computer o lo smartphone, anche se ogni tanto è giusto e salutare: prima bisogna capire a fondo. Ecologia digitale mette in guardia dal peso carbonico dei rifiuti elettronici, dei data center e degli shop online, dalle sirene dei giganti del web e dalla monetizzazione del nostro tempo, dalle contraddizioni della gig economy e dall’ambiguità nel rapporto tra piattaforme digitali e politica. E spiega con interventi autorevoli e un linguaggio comprensibile a tutti come e perché è necessaria una vera “transizione digitale”, parallela a quella ecologica, che si prefigga obiettivi di giustizia sociale e ambientale.
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