6 Mag 2022

Da Treviso a Siviglia in bici: l’avventura di Luca, che pedala per aiutare i bambini in corsia

Scritto da: Valentina D'Amora

Un uomo, il giorno di Pasqua, ha preso la bici e dal suo giardino di Treviso ha iniziato il suo primo grande viaggio su due ruote. Ora sta pedalando in solitaria verso ovest, per sfidare sé stesso e per contribuire a un grande progetto – Giocare in corsia – che vuole alleggerire le giornate di tanti bambini ricoverati.

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Genova - Ho conosciuto Luca nel dehor di una caffetteria vintage di Genova. Io, stranamente in anticipo, lo aspettavo già al tavolino, intenta a studiare la tratta percorsa da lui sino a quel momento. Senza far rumore Luca è arrivato, ha poggiato la sua bicicletta sulla staccionata del bar e mi ha trovato con la testa immersa nella cartina che testimonia tutti i suoi chilometri.

Resto subito colpita dal suo sguardo che irradia serenità, mentre lui con naturalezza inizia a raccontarmi del suo viaggio, la sua storia e il suo percorso, come vecchi amici che si rivedono per aggiornarsi davanti a un caffè. Così le parole scivolano tra un cappuccino, una spremuta e un croissant francese.

Quello di Luca è un viaggio per sfidare sé stesso, per vedere dove riesce ad arrivare, per riprendersi il tempo, ma anche per divulgare un progetto solidale, Giocare in corsia, in cui tanti amici volontari si impegnano ogni giorno a far “rimanere bambini” i piccoli pazienti ricoverati nell’ospedale di Treviso.

Io e Luca favaro
Luca Favaro in bici dopo l’intervista
LE TAPPE

Partito da Treviso il giorno di Pasqua, Luca è arrivato a Genova 17 giorni e oltre 900 chilometri dopo. E questo è il suo primo vero viaggio su due ruote. La sua destinazione? Siviglia. Pedalando “lentamente” – percorre una media di 80/90 chilometri al giorno, in base al dislivello – uscirà dall’Italia, attraverserà la costa meridionale della Francia, passando per il principato di Monaco, toccando Montpellier, Perpignan e poi lungo tutto il sud della Spagna, visitando Barcellona, Tarragona, Valencia, Alicante, Cartagena.

Una volta passata Gibilterra, piegherà verso Cadice e Siviglia, dove un volo lo riporterà a casa. «Non ci vuole coraggio a pedalare per quasi 4000 chilometri: ci vuole coraggio a prendersi del tempo, in giorni in cui la frenesia e la velocità sono un dogma», osserva.

IL VIAGGIO

Mentre chiacchieriamo Luca torna più volte sul tema del cambiamento, su cosa porta e comporta scegliere di cambiare la propria vita. «Cambiare vuol dire modificare radicalmente stile di vita», spiega. «Quando i miei amici dicono che sono fortunato a poter fare quello che faccio, in realtà io non penso affatto sia fortuna. Si paga il prezzo del cambiamento e lo si paga profumatamente, ma è una scelta».

D’altronde non si cambia solo stravolgendo la propria vita da un giorno all’altro, ma possono esserci anche diverse, anche microscopiche, modifiche quotidiane. «Sono dell’idea che i grandi sconvolgimenti della vita in realtà li fai con i piccoli gesti, quando stai attento all’acqua che sprechi o quando scegli di prendere la bici per andare al lavoro. Da quando ho fatto pace con le mie emozioni, ho anche maturato una grande fiducia sul fatto che le cose che succedono nella vita ci servono tutte».

Ci vuole coraggio a prendersi del tempo, in giorni in cui la frenesia e la velocità sono un dogma

E la leggerezza con cui sta affrontando questo viaggio ricorda la spensieratezza dei bambini, la loro capacità di giocare senza pensieri. «Proprio pensando a questo vorrei, attraverso il mio “gioco da adulto”, regalare la possibilità di giocare anche ai bambini nei reparti di pediatria degli ospedali. Mentre i medici si occupano della loro malattia, i volontari del progetto LILT Giocare in Corsia fanno di tutto per farli restare bambini».

LA STORIA

Secondo Luca tutte le nostre paure e insicurezze sono parte del nostro bagaglio e pesano. Per questo vedo sulla sua bici sei piccole borse compatte: «Qui c’è tutta la mia vita per due mesi, mi voglio obbligare al minimalismo per alleggerirmi il più possibile, anche mentalmente».

Prima della pandemia, ha percorso il cammino di Santiago con uno zaino di 5,7 chili che conteneva proprio tutto, tranne l’acqua. «In quei giorni ho fatto una vita basica, ho dormito in ostelli e pensioni spartane, ma è stata una scelta. E non posso non pensare a chi invece non ha modo di scegliere. Sono tanti i ragionamenti che mi porto lungo il viaggio».

E anche questa volta è partito in solitaria: «Sì, parto da solo, ma in realtà non lo sono mai! La gente mi vede in bici, si ferma e chiede. A me piace molto raccontare, spiego del mio progetto e mi offrono la colazione, il pranzo o magari il campeggio». I temi dell’incontro con l’altro, del minimalismo e dello stupore, l’emozione di non sapere cosa accadrà domani, sono una sua personalissima ricerca. Che profuma di vita.

regalo luca
Un inaspettato regalo di una turista americana, incontrata da Luca a Sestri Levante

Questo bisogno di uscire dagli schemi è recente, perché prima probabilmente non ne aveva avuto tempo. Luca prende in gestione l’azienda di famiglia mentre è ancora all’università e lavora per diversi anni come “fabbro artistico”, si laurea in architettura, mette su famiglia. Tutto fila liscio, finché nel 2015 si rende conto che quella non era più la sua strada. Inizia poi a lavorare come interior designer insieme ad altri professionisti, occupandosi di arredamento a 360°.

«Dopo la pandemia ho deciso di fare il freelance e adesso gestisco da solo il mio tempo. Ora ho occasione di chiedermi il perché faccio le cose e questo salto mi è stato necessario per poter ricalibrare la mia vita». In questi due mesi sabbatici, per festeggiare con un po’ di ritardo i suoi primi cinquant’anni, riflette sul tempo e sulla vita. «Non voglio filosofeggiare troppo – sorride – ma è tutta una questione di dare e avere. Mentre le persone di solito l’anno sabbatico se lo prendono a vent’anni, io me lo concedo trent’anni dopo».

Luca vuole occuparsi del suo tempo, «o almeno di quello che mi è rimasto». Per questo si dedica alle persone che ama e investe su se stesso, su ciò che per lui è importante. «Per farlo mi invento strani modi di giocare, sfide strampalate per non prendersi troppo sul serio. Sono i semplici gesti come camminare o pedalare che ti fanno fare cose straordinarie».

E proprio inforcando la bici, che per un bambino è il primo vero gioco della sua vita, è partito da Treviso per contribuire al progetto di gioco in corsia. «I volontari riescono a distrarre i bambini dal peso della malattia e le storie di questi piccoli pazienti mi ha talmente toccato che ho deciso di contribuire anche io, con banali soldi certo, ma che possono aiutare».

Per sostenere il progetto e aiutare i volontari a svolgere i servizi di prevenzione, assistenza ed educazione, puoi donare qui. Buon proseguimento di viaggio Luca!

Voglio fare le cose seriamente, non seriosamente, ma sopra ogni cosa voglio sentirmi vivo“.

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