4 Mag 2022

Dicono che tornare in Calabria sia impossibile. Ecco perché abbiamo deciso di parlarne

Scritto da: Elisa Elia

Per molto tempo abbiamo ascoltato e raccontato storie di persone che, dopo essere emigrate, hanno deciso di tornare in Calabria, spesso con un progetto in mente. Queste esperienze esistono, eppure non vengono studiate né quantificate. Per questo motivo, con mille interrogativi in testa, abbiamo deciso di approfondire la tematica dei ritorni in questa regione.

Salva nei preferiti

Perché parlare di chi ha deciso di tornare in Calabria? Perché iniziare il percorso del portale Calabria che Cambia proprio con questo filone tematico, che si dipanerà per tutto un mese e che vedrà la pubblicazione di contenuti a tema? È una domanda a cui è difficile rispondere. Da un lato c’era un dubbio: davvero qui in Calabria è come dicono, ovvero che tutti se ne vanno per non tornare mai più? E tutte le persone che abbiamo incontrato in questi anni – e che hanno deciso di tornare e impegnarsi sul territorio – dove si collocano in questa rappresentazione?

C’è infatti una narrazione costante che ci parla solo di emorragia di giovani e di forze, di persone che emigrano da questa terra e di potenzialità costrette a esprimersi altrove, per cui viene da chiedersi se già, anche solo nella testa dei calabresi, non ci sia posto per immaginare un futuro diverso.

Dall’altro c’era la mia storia personale, di ragazza e poi giovane donna, che è partita subito dopo la scuola, ha vissuto dieci anni a Roma e ha deciso di tornare (consapevolmente) in Calabria. La mia condizione è diventata una sorta di lente attraverso cui guardo il mondo e intercetto facilmente gli altri miei simili, i “ritornati”: riesco a percepire i loro desideri e paure, la difficoltà e bellezza del loro (e del mio) ritorno.

Quando ho iniziato questo lavoro, dunque, avevo già i contatti di alcuni calabresi che avevano fatto questa scelta, in varie zone della regione. Era una sorta di catena: ogni persona che era tornata ne conosceva almeno un’altra, anche se non tutte lo avevano fatto consapevolmente o con un progetto che investisse sul territorio. Veniva comunque da chiedersi: potrebbe essere l’incipit di un fenomeno, anche se minoritario?

Allo stesso tempo però continuavo a conoscere gente costretta a partire, soprattutto per questioni lavorative e per mancanza di opportunità in questa regione. Negli anni dal 2003 al 2018 circa 180.000 giovani sono partiti e circa 60.000 laureati se ne sono andati. Questo mi metteva in crisi, soprattutto quando incontravo il dolore di amici e familiari – oltre che della persona stessa – e mi chiedevo: che senso ha raccontare tutte queste storie di ritorni?

C’è chi torna in Calabria con una mentalità diversa da quella con cui è partito, con la voglia di impegnarsi e di costruire alternative possibili

Non esistono infatti dati statistici che li abbiano monitorati né ricerche accademiche che possano far luce in modo più scientifico e dirci se si tratti di un fenomeno reale o no. Anche perché non sono semplici da analizzare a livello quantitativo. È molto diffusa, ad esempio, la pratica di non spostare la propria residenza anche quando si è fuori regione e questo fa sì che chi ha deciso di tornare in Calabria resti in qualche modo all’ombra delle statistiche.

Ma piuttosto che farmi sommergere dalle domande ho deciso di andare avanti e concentrarmi sul metodo. Mi sono detta che probabilmente non avrò le grandi risposte che all’inizio cercavo – “quante persone tornano ogni anno?”, “quante tornano in un modo consapevole, decidendo di investire sul territorio?”, “c’è un legame fra il tornare in Calabria e la scelta di una vita differente?” –, ma che potrò solo conoscere alcune verità parziali.

Da un lato quindi abbiamo deciso di raccogliere e poi raccontare alcune semplici storie di vita, scegliendo come target quelle persone che erano nate e cresciute qui, che erano partite e rimaste fuori per tanti anni e che poi avevano scelto di tornare. Queste storie hanno valore di per sé e almeno sono testimoni del fatto che c’è chi torna in Calabria con una mentalità diversa da quella con cui è partito, con la voglia di impegnarsi e di costruire alternative possibili.

C’è chi dice infatti di essere tornato perché «l’esperienza lavorativa all’estero mi ha dato modo di vedere con occhi diversi la mia terra d’origine, comprendendone appieno le potenzialità che vengono nascoste da secoli di denigrazione di massa» o perché «ho acquisito una più completa comprensione di me stesso e del mondo».

tornare in calabria

Nelle storie che abbiamo incontrato abbiamo indagato quindi prima di tutto le motivazioni che hanno spinto a partire e poi a tornare, ma anche le criticità legate al ritorno. Ad esempio, molte delle persone intervistate a quest’ultima domanda hanno spiegato come le loro principali difficoltà fossero legate a «burocrazia, sistema Calabria, mancanza di supporto economico e istituzionale, disillusione e immobilismo» a livello sociale. Ci sembrava importante scandagliare anche questo aspetto da diversi punti di vista, per capire su quali criticità è necessario lavorare a livello sistemico.

Dall’altro, abbiamo pensato di analizzare il concetto di ritorno in modo più ampio, ascoltando le voci di studiosi ed esperti che da tempo si occupano di tematiche che in qualche modo sfiorano questo argomento. Ad esempio, le storie di ritorni che abbiamo incontrato spesso sono legate alle aree interne delle Calabria, a cui per questo motivo dedicheremo un focus specifico.

O ancora: chi l’ha detto che si può tornare in Calabria soltanto una volta per tutte e non più volte all’anno? Chi può negare a queste esperienze il valore del ritorno? Esiste ad esempio un turismo delle radici su cui vogliamo soffermarci, che riguarda molti calabro-discendenti che una o più volte all’anno decidono di ricongiungersi alla loro memoria geografica e familiare. Un caso che è molto diffuso fra la popolazione argentina, che conta numerosi calabresi emigrati lì tra fine Ottocento e per tutto il secolo breve, e che oggi in qualche modo…tornano.

Partire, restare, tornare. A volte ripartire. In queste storie di ritorni non c’è una sola strada da seguire e il vocabolario che le compone è fatto dalle stesse parole, eppure con sfumature diverse ogni volta. Questa ricchezza e complessità sembrava il miglior modo per parlare di una Calabria che Cambia e inaugurare una narrazione che vada contro gli stereotipi che parlano di una regione immobile, arretrata e senza possibilità.

Non vogliamo neanche ricadere nello stereotipo opposto, raccontando un paradiso dove i problemi non esistono, perché sappiamo che non è così. Vogliamo semplicemente restituire i volti autentici delle dieci, cento, mille Calabrie che ogni giorno conosciamo.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Con il progetto “In viaggio da sola”, Diana Bancale esplora e racconta il mondo
Con il progetto “In viaggio da sola”, Diana Bancale esplora e racconta il mondo

Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”
Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”

Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza
Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Cosa dice il nuovo codice della strada e che ricadute avrà sulla mobilità sostenibile – #1024

|

La biblioteca su due ruote KORABike regala storie in giro per le strade

|

Educare al biologico: serve più consapevolezza verso salute e ambiente

|

Promemoria Auschwitz, perché davvero non accada mai più

|

Cammini e sentieri: ecco come custodire e valorizzare un tesoro lungo 150mila chilometri

|

La Robbia, il laboratorio sardo di tintura naturale che cuce tradizione e sostenibilità, dalla terra al tessuto

|

Nuove case: come devono essere per stare al passo con un mondo che cambia?

|

CereAMO: per mangiar bene dobbiamo “tornare indietro” di 80 anni

string(8) "calabria"