“Non possiamo solo prendere”: quali passi per salvare la terra e il clima?
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Genova - Si parla molto di transizione ecologica sul piano energetico, ma cosa si sta facendo e cosa si dovrebbe fare per quanto riguarda il sistema alimentare? Qualche giorno fa ho avuto occasione di prendere parte a un interessante seminario organizzato dall’associazione Terra! dal titolo Cambiamenti climatici e agricoltura in Liguria, che ha varato l’inizio della quinta edizione della Scuola Diffusa della Terra – Emilio Sereni, a Villa Durazzo Bombrini, a Genova.
Si sono susseguiti interventi diversi e differenti per prospettiva, ma accomunati da un’unica visione. A colpirmi più di tutto è stato il fascicolo redatto da Terra! e consegnato a tutti gli allievi della scuola, che racchiude i 12 passi per la terra e per il clima e contiene, allo stesso tempo, anche il messaggio dei relatori della mattinata. Sì, perché le cause della crisi ecologica a cui stiamo assistendo viene attribuita al sistema dei trasporti o a quello energetico, ma in pochi sanno che l’agricoltura vale il 23% delle emissioni planetarie di gas serra, una percentuale che tocca il 37% se si somma l’intera filiera del cibo, dallo stoccaggio alla vendita al dettaglio.
D’altronde, il settore primario è tra i principali responsabili della crisi climatica, ma al contempo ne subisce anche gli effetti più gravi, che si riflettono anche sulla nostra alimentazione e su cosa portiamo in tavola. L’aumento delle temperature fa oscillare le rese e la siccità colpisce le risorse idriche, l’aumento di eventi climatici estremi impatta sulla produzione, il massivo utilizzo della chimica sta facendo strage di api e altri impollinatori.
Di seguito riporto, per stimolare la riflessione, alcuni dei punti del dodecalogo:
1. TENIAMO VIVO IL SUOLO
Quanto è importante rigenerare l’agricoltura per aumentare il sequestro di carbonio in atmosfera e migliorare la fertilità del terreno? Per combattere la desertificazione e l’impoverimento dei terreni, un primo passo è quello di incentivare con fondi dedicati gli agricoltori che aumentano la fertilità e la biodiversità. «La strada da seguire nei prossimi anni – sottolinea Alessandro Piana, vicepresidente della Regione Liguria e assessore all’agricoltura – deve puntare sulla ricerca e sull’innovazione dei processi produttivi, ricorrendo all’agricoltura di precisione e a sistemi ambientalmente qualificati».
L’agricoltura di qualità implica il rispetto assoluto delle materie prime «dai campi sino alla lavorazione e la tutela dell’ecosistema, fondamentale per una regione come la nostra che non punta a coltivazioni estensive». Pensiamo alla viticoltura per esempio, da molti definita “eroica” in Liguria proprio per la difficoltà oggettiva che presenta la lavorazione del terreno, ma anche a tutto il contorno della produzione agricola, cioè la tutela del territorio e del paesaggio.
«Il turismo esiste se c’è paesaggio: gli uliveti, i terrazzamenti, i muretti a secco, i pascoli e l’importantissimo apporto al mantenimento della sentieristica sono tutti elementi che forniscono un beneficio concreto alla collettività che è forse anche più importante della produzione stessa di cibo».
2. AVVICINIAMO CIBO E CITTÀ PER ACCORCIARE LA FILIERA
Come? Puntando sulle food policies, per connettere in modo virtuoso la salute e la nutrizione, le relazioni tra città e campagna, i rapporti all’interno delle filiere, i diritti dei lavoratori delle lavoratrici, la pianificazione delle aree verdi. In questo senso, il ruolo delle amministrazioni pubbliche è una chiave importante per favorire dinamiche virtuose, dalle mense scolastiche a quelle ospedaliere, dai mercati rionali ai programmi di supporto alla povertà alimentare.
«Ci sono scenari che prevedono un notevole aumento della domanda di cibo entro il 2050 – sottolinea Tommaso Gaifami, agronomo specializzato in agroecologia –, ma abbiamo davvero bisogno di produrre di più? Mettere invece in relazione le persone e facilitare l’incontro e la diffusione delle buone pratiche, come occasione di scambio e confronto sul territorio, è essenziale a questo scopo».
3. SPRECHIAMO MENO, MANGIAMO MEGLIO
Ogni anno al mondo vengono sprecate 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a un terzo della produzione. Per evitarlo, serve innanzitutto una revisione delle norme che regolano il calibro di frutta e ortaggi, le quali impediscono l’accesso al mercato del fresco ai prodotti che non rispondono a canoni estetici e portano di fatto gli agricoltori a svenderli o lasciarli nel campo.
Anche noi però possiamo fare la nostra parte, riducendo gli sprechi a valle della filiera. In Europa per ogni chilo di cibo mangiato se ne devono produrre 1,3. Come se per avere quattro mele in tavola, dovessimo produrne cinque. E c’è anche un impatto climatico di tutto questo spreco: il fenomeno contribuisce, infatti, all’8/10% delle emissioni del sistema alimentare.
L’agroecologia si occupa di tutti gli aspetti della filiera, dalla produzione, passando per la trasformazione, distribuzione e anche della sensibilizzazione del consumatore. Tornando quindi alla domanda dell’agronomo Gaifami sul bisogno di produrre di più, la domanda resta aperta, anche se per quanto riguarda frutta, verdura e semi, il consumo pro-capite attuale è inferiore a ciò di cui avremmo realmente bisogno. Considerando le percentuali di spreco, dal campo alla tavola, la vera domanda è: nei prossimi anni dobbiamo produrre di più o semplicemente produrre e soprattutto mangiare meglio?
Al seminario hanno partecipato: Fabio Ciconte, direttore di Terra!; Giorgia Bocca, responsabile della formazione: Alessandro Piana, vicepresidente della Regione Liguria; Donatella Loni, consulente della Nando and Elsa Peretti Foundation; Adriana Del Borghi, prorettrice alla sostenibilità dell’Università di Genova e l’agronomo Tommaso Gaifami.
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