Cosa sta succedendo al procuratore anti ‘ndrangheta Gratteri, in Calabria
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Catanzaro - Nel mese di maggio una notizia – anzi, più di una – ha riportato l’attenzione mediatica su Nicola Gratteri, procuratore del Tribunale di Catanzaro, che è impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta dall’aprile 1989, momento in cui ha iniziato a vivere sotto scorta.
La prima notizia è arrivata lo scorso 4 maggio: Nicola Gratteri non è stato nominato procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, come molti invece si aspettavano, e questo ha rappresentato un segnale destabilizzante. Al suo posto c’è Giovanni Melillo, scelto con 13 voti a favore, che prende il posto di Federico Cafiero De Raho. Melillo era dal 2017 a guida della procura di Napoli; in passato ha lavorato come magistrato addetto al Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, poi come sostituto alla Direzione Nazionale Antimafia, è stato capo di gabinetto del Ministro della Giustizia Andrea Orlando nel 2014.
La seconda notizia invece è di appena due giorni successivi: alcune cosche ‘ndranghetiste vorrebbero far saltare in aria il procuratore del Tribunale di Catanzaro. Un insieme di eventi che ha fatto da calamita dunque sulla sua figura, mobilitando anche la società civile in suo favore, che lo scorso 13 maggio è scesa in piazza a Catanzaro sotto la sigla “Scorta civica per Gratteri”. Ma andiamo per gradi.
Perché la mancata nomina di Gratteri a procuratore nazionale antimafia è stata giudicata negativamente da diverse voci? Pesa prima di tutto il mancato riconoscimento al suo lavoro decennale antimafia, la sua esperienza sul campo e il portato di Rinascita Scott, l’indagine e poi maxi processo contro la ‘ndrangheta (tuttora in corso) che da molti è paragonato a quello contro Cosa Nostra nel 1986.
A questo proposito, GOEL Gruppo Cooperativo, che lavora nella Locride per costruire possibilità contro la mafia calabrese e che per questa mattina alle 11:30 ha organizzato un flash mob a Roma, si è espresso in questi termini con un comunicato stampa: «Forse l’unico vero criterio di “minor merito” che può essere addebitabile a Nicola Gratteri è la sua totale indipendenza dalla politica e dai poteri forti, la sua capacità di non guardare in faccia nessuno e la totale assenza di ogni forma di servilismo verso qualunque tipo di potere, che in questo Paese non è mai stata premiata».
Quello che è successo è stato letto da molti come il sintomo di un sistema di potere e di influenze interne al Csm, che hanno fatto sì che il lavoro del magistrato calabrese venisse bocciato, isolato, non riconosciuto. Nino Di Matteo, membro del Csm, magistrato palermitano che ha indagato sulle stragi Falcone e Borsellino, prima della votazione del Consiglio si è espresso così a favore di Gratteri: «Sono state acquisiste notizie circostanziate di possibili attentati nei suoi confronti poiché in ambienti mafiosi ne percepiscono l’azione come un ostacolo e un pericolo concreto».
«In questa situazione una scelta eventualmente diversa suonerebbe inevitabilmente come una bocciatura del dottor Gratteri e non verrebbe compresa da quella parte di opinione pubblica ancora sensibile al tema della lotta alla mafia e agli occhi dei mafiosi risulterebbe come una presa di distanza istituzionale da un magistrato così esposto. Dobbiamo avvertire la responsabilità di non cadere negli errori che in passato, troppe volte, hanno tragicamente marchiato le scelte del Csm in tema di lotta alla mafia e che in certi casi hanno creato quelle condizioni di isolamento istituzionale che hanno costituito il terreno più fertile per omicidi e stragi».
Il riferimento è a Giovanni Falcone, che a due anni dall’inizio del maxiprocesso di Palermo non venne nominato capo dell’ufficio istruzione al Tribunale di Palermo da parte del Csm. Il punto è chiaro: chi lotta contro le mafie non andrebbe mai isolato, ma anzi supportato e riconosciuto dalle istituzioni in primis, per far sì che quel lavoro possa proseguire sempre con maggiore sicurezza.
Tanto più se da Oltreoceano arrivano minacce di morte: non è la prima volta che accade al procuratore Gratteri. Ci sono però delle differenze: questo è il primo caso in cui dei servizi segreti stranieri – statunitensi e sudamericani, per quel che si sa – hanno ritenuto fondamentale avvisare immediatamente i loro omonimi italiani per alcune intercettazioni captate. C’è il massimo riserbo sul contenuto delle intercettazioni; quel che è certo è che Gratteri si muove con la scorta rafforzata ormai da qualche settimana e che anche moglie e figli sono sotto scorta.
Per questo insieme di motivi dunque è nata una mobilitazione dal basso che ha messo insieme associazioni attive contro la ‘ndrangheta, sindacati, istituzioni e singoli cittadini, che lo scorso 13 maggio si sono radunati a Piazza Matteotti a Catanzaro, davanti al Tribunale, sotto la sigla “Scorta Civica per Gratteri – La nostra ribellione, la sua scorta”.
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