27 Mag 2022

Malìa Lab: la sartoria artigianale etica di Flavia, tornata in Calabria per restare

Scritto da: Elisa Elia

Esiste dal 2016 ed è in continua evoluzione: Malìa Lab è la sartoria artigianale di Flavia Amato, giovane donna calabrese, di Guardavalle, che dopo dieci anni nelle Marche ha deciso di tornare e investire sul territorio, recuperando la memoria familiare e i saperi tessili della Calabria.

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Catanzaro - È uno small business, un’impresa artigianale, un laboratorio dove gli abiti nascono dai tessuti e dalle mani di chi li lavora, tutti nello stesso luogo: Malìa Lab è una sartoria artigianale etica che ha sede a Guardavalle Marina, in provincia di Catanzaro, a pochi passi dal mar Jonio.

Si tratta della piccola azienda avviata nel 2016 da Flavia Amato, 32enne, modellista e designer di abbigliamento per donna «che vada bene dalla mattina alla sera», come lei stessa dice. Un’impresa etica ed eretica, direbbero alcuni, perché osa immaginare nuovi modelli, a partire proprio dalla Calabria, in particolare da un piccolo paese di 4.000 abitanti.

Un’impresa ancora più eretica se si pensa che chi l’ha creata ha rinunciato a un incentivo nelle Marche per tornare e provare a investire sul suo territorio. Flavia infatti è fra le “ritornate”, ovvero tutte quelle persone che, dopo molti anni passati fuori dalla Calabria, hanno deciso di tornarci per vivere e per progettare una vita differente.

«Sono partita da qui a 18 anni per andare nelle Marche, dove ho studiato all’Accademia di Belle Arti di Macerata e poi presso una scuola privata di modellistica, finendo il tutto con un master di sartoria artigianale», ricorda Flavia raccontando la sua storia. «Dopo la formazione, ho iniziato a lavorare per aziende di moda e grandi marchi, iniziando a rendermi conto di quanto di sbagliato ci fosse in quel sistema».

È proprio questa prima criticità che fa scattare dentro la Flavia la necessità di cercare qualcosa di alternativo: c’è un modo diverso di fare moda? Esistono in Italia aziende di moda che producano capi di abbigliamento in modo etico e naturale senza però rinunciare al design? «Era il 2013 ed ero da otto anni nelle Marche, avevo finito la formazione e stavo già lavorando, ma non esisteva nulla che corrispondesse a questi criteri, così mi sono detta: voglio provare a farlo io».

sartoria artigianale etica 2

Inizia così per Flavia un percorso per creare una start-up nella Regione, supportata dall’incubatore dell’ISTAO (Istituto Adriano Olivetti), al termine del quale avrebbe ricevuto un incentivo per portare avanti concretamente il suo progetto nelle Marche. È qui che Flavia sceglie la via del ritorno: «Ho deciso di rinunciare a questa opportunità per tornare in Calabria e provare a creare qui la mia impresa: sono stata spinta da un senso di rivalsa per la mia terra, ma anche dalla voglia di recuperare il sapere tessile che sapevo appartenere storicamente alla Calabria, ma anche alla mia famiglia».

Dal 2016 la sua impresa, che è laboratorio e vetrina all’interno dei locali di sua nonna in paese, continua a produrre, mantenendo fermi i principi di artigianalità ed etica: «Per me era importante recuperare dei saperi artigianali e preservarli e allo stesso tempo fare tutto in modo che non ci fosse né sfruttamento del lavoro né uso di materiali trattati in modo non sostenibile per l’ambiente: è questo ciò che intendo per etica».

A Malìa Lab infatti ci sono solo tessuti naturali, provenienti da aziende certificate (in Italia o all’estero), ma che sono sempre lavorati in Italia, da un’azienda di fiducia con cui Flavia collabora: in laboratorio poi arriva il tessuto pronto per essere confezionato, che sia di lino, cotone, canapa o materiali innovativi come il tensel, la fibra di latte o il cupro.

In particolare, già da qualche anno la sartoria artigianale etica di Flavia è entrata nella filiera di lavorazione della ginestra, che negli anni passati era una grande risorsa molto utilizzata nella regione. Adesso, grazie a una collaborazione con l’Unical e con un artigiano che utilizza metodi tradizionali, fra i tessuti nel laboratorio di Guardavalle c’è anche quello ricavato da questa pianta.

Queste sono le basi per le creazioni di abiti che vanno bene per tutte le stagioni, grazie alle capacità termoregolatrici dei tessuti naturali, e che Flavia confeziona su misura: «Per evitare sprechi e diminuire i problemi di reso, ho pensato all’abito “made to order”: ogni cliente può scegliere sul mio sito la linea che più le appartiene e si consulta con me, che glielo confeziono su misura. In questo modo evito di produrre abiti che potrebbero rimanere invenduti e anche eventuali insoddisfazioni delle clienti».

Siamo in una terra che ha bisogno del cambiamento e di persone che lo inizino

Un modo per opporsi dunque ai principi della fast fashion. Del resto, l’idea di slow fashion è il principio base con cui è nato questo progetto: non collezioni che si rinnovano ogni anno, ma abiti che durano; capi di design che non seguono le mode del momento, ma nascono a partire dai tessuti e dalle loro proprietà; una modalità lavorativa che non impone ritmi serrati o ansie, ma che lascia spazio alla creatività dell’artigiana.

Se in questo percorso di problemi ce ne sono stati, questi hanno riguardato lo scarso sostegno di istituzioni ed enti pubblici, il mancato supporto economico anche a una piccola impresa artigianale come questa. È anche per questo motivo che Flavia nel tempo ha costruito una rete di collaborazioni sul territorio con cui lavora e progetta per il futuro. Uno degli obiettivi, al momento, è proporre una scuola di artigianato recuperando telai antichi e insegnando a lavorare a mano.

Le difficoltà non mancano, soprattutto in luoghi dove lo spopolamento è dietro le porte e le istituzioni stanno a guardare. Eppure Flavia non tentenna: «Io sono tornata per contribuire. Se tutti andiamo via, non possiamo lamentarci che non c’è nulla, perché nessuno rimane a fare qualcosa: siamo in una terra che ha bisogno del cambiamento e di persone che lo inizino».

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