Emergency: “Ecco come aiutiamo la Moldavia ad accogliere i profughi ucraini”
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Siamo a Bălți, a poche decine di chilometri dal confine fra Ucraina e Moldavia. Guardando la cartina questi due Stati sembrano un elefante e un topolino, eppure la piccola repubblica ex sovietica – che nell’immaginario comune spesso viene accostata all’idea di un luogo povero e arretrato – sta dimostrando grande efficienza e professionalità nell’opera di sostegno al popolo ucraino.
Una testimonianza estremamente interessante sul tema è quella di Andrea Bellardinelli, del programma migrazioni ed emergenze di Emergency, che sta supportando la fase di start up del progetto in Moldavia della onlus fondata da Gino Strada: «Abbiamo iniziato a operare qui la prima settimana di marzo con una missione esplorativa per capire cosa succedeva e come poter intervenire nella maniera più calibrata, anche perché i picchi delle risposte alle emergenze sono irregolari e dopo un primo momento si attenuano», racconta.
Il primo passaggio è stato fatto a Siret, in Romania, un piccolo confine che all’inizio della guerra è stato sommerso dai profughi. «Per paesi come Romania e Moldavia l’accoglienza è uno sforzo grosso», spiega Andrea. «Ciononostante l’accoglienza era ben strutturata, così siamo scesi a Chișinău e ci siamo confrontati direttamente con il ministero della sanità per capire come essere utili e sostenere la Moldavia nello sforzo di accoglienza».
Nei primi giorni il confine di questo piccolo paese – la cui popolazione ammonta a 3,5 milioni di persone – è stato attraversato da circa 500mila profughi provenienti dall’Ucraina, di cui circa 100mila si sono fermati. «Al ministero abbiamo trovato grandi dignità e professionalità», racconta Andrea.
Il Governo moldavo ha individuato due fasi distinte: la prima – quella attualmente in corso – consiste nell’accoglienza dei profughi con l’implementazione dei servizi. «Nella capitale hanno riutilizzato i centri usati per le quarantene Covid». La fase due si prefigge di accogliere eventuali vittime di un’escalation del conflitto, anche con feriti da guerra. Naturalmente la sua attuazione è legata all’evolversi della situazione in Ucraina, che è per sua natura imprevedibile.
«Il Governo della Moldavia ha attrezzato tutti i presidi ospedalieri con una filiera clinica lungo il paese ben organizzata: le strutture sono concentrate nella capitale e il flusso di profughi che entreranno dal confine a nord dovrà essere indirizzato lì», illustra Andrea Bellardinelli. «In vista di questa fase abbiamo anche dato disponibilità a fare training grazie ai nostri specialisti in chirurgia di guerra – che richiede competenze specifiche, diverse da quelle della chirurgia traumatologica».
Emergency ha anche un Politruck, una clinica mobile che usa in Italia per la prima accoglienza a beneficio di chi non ha accesso al sistema sanitario. Il Politruck è stato portato a Bălți con un team con medico, psicologo, infermiere e mediatore culturale. «Ci siamo piazzati davanti al centro di accoglienza più grande, allestito in un hotel, e dal lunedì al sabato dalle 9 alle 16 diamo assistenza socio-sanitaria».
Non si tratta infatti solo di prestazioni sanitarie: l’assistenza psicologica è fondamentale, ci sono tanti anziani con patologie croniche, la costante è un grande stato di stress e depressione. «La domanda “tornerò a casa” in un centro di accoglienza rimbomba come un tuono per tutto il giorno», racconta Andrea. «Una grande parte di profughi si stabilisce in b&b e appartamenti in prossimità del confine e aspetta, cercando di capire cosa succederà da lì a breve».
«Nella gestione sanitaria svolgiamo il ruolo di decongestionante. Abbiamo portato in Moldavia anche un pediatra. Il Governo moldavo ha aperto le scuole ai bambini ucraini, si è organizzato molto bene. Tutti i medici di base visitano anche i profughi e poi li possono inviare alle visite di secondo livello qualora ce ne fosse bisogno». La risposta di Governo, volontariato e associazioni locali è ottima, ma le energie e le risorse di questo piccolo paese non sono infinite e lo sforzo che gli viene richiesto è considerevole.
«La Moldavia è un anello debole perché uno Stato piccolo e senza grosse velleità politiche», osserva Andrea rispetto alla situazione socio-politica che ha trovato laggiù. «Metà del paese vuole entrare in Europa per favorire sviluppo economico e accesso ai fondi, il costo della vita è basso, ma la situazione interna non è facile da gestire; ci sono anche i microstati di Transnistria e Gagauzia che vogliono l’indipendenza».
Questo è ciò che ci ha raccontato Andrea Bellardinelli da uno dei fronti caldi nel cuore dell’Europa. Regna l’incertezza, milioni di persone sono in balia di tragici eventi e il grande cuore della rete di solidarietà e accoglienza potrebbe non essere più sufficiente. «Ha senso sprecare miliardi e miliardi nelle guerre – si domanda Andrea in conclusione – con problemi come la crisi climatica, la crisi alimentare in Africa, la pandemia e la crisi dell’istruzione ancora irrisolti?».
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