Centro Educazione Digitale: “Ecco come far usare in maniera sana la tecnologia a bambini e ragazzi”
Seguici su:
Savona - Si chiamano nativi digitali: sono bambini e bambine nati e cresciuti in corrispondenza della diffusione delle nuove tecnologie informatiche, che sviluppano pertanto con facilità la capacità di apprendere l’uso di queste tecnologie. Ed è evidente a tutti: basta avvicinare un nostro smartphone a un qualsiasi bimbo nato negli ultimi anni, che questo inizia in maniera disinvolta a provare a premere, scorrere, con la propria manina lo schermo del telefono.
EDUCARE ALLA TECNOLOGIA
Allarmante? Forse. Evitabile? Molto probabilmente no. Gli stimoli sono tanti, le persone che ci circondano con abitudini diverse dalle nostre altrettanto e prima o poi è molto probabile che qualcuno mostri loro il grande oggetto dei desideri moderni o parli del cartone animato a puntate del momento. Non potendo impedire che accada l’unica possibilità è quella di educarli e accompagnarli nel comprendere cosa sono questi strumenti, e come usarli al meglio.
E se pensate che sia impossibile vi sbagliate: sono molte le famiglie e i docenti che nella provincia di Savona si stanno facendo supportare dal Centro per l’Educazione al Digitale, associazione no-profit che ha l’obiettivo di promuovere l’uso corretto degli strumenti tecnologici nell’educazione di bambine e bambini, ragazze e ragazzi e adulti. Come? Offrendo corsi e divulgando informazioni per riuscire, a cascata, a migliorare il rapporto dei più piccoli con gli schermi.
«Non si tratta per nulla di demonizzare la tecnologia, anzi! Vogliamo che imparino a utilizzarla in maniera consapevole», mi racconta Gabriele Lugaro, presidente di CED. «Ci siamo posti infatti come obiettivo quello di generare consapevolezza nelle famiglie, nei docenti, nelle scuole e nelle istituzioni politiche sull’impatto che gli strumenti digitali e i social media hanno nello sviluppo emotivo, relazionale, psichico e cognitivo di bambini e ragazzi».
LA FORMAZIONE
Il Centro per l’Educazione al Digitale ha sviluppato, in collaborazione con il Distretto Socio Sanitario 5 Finalese e l’Istituto Comprensivo Savona 2, un progetto pilota che ha visto coinvolti venti asili e scuole dell’infanzia nella provincia di Savona. L’obiettivo è stato quello di conoscere da vicino le abitudini legate alla tecnologia delle famiglie coinvolte, attraverso un questionario appositamente studiato che ha permesso di avere un quadro d’insieme sull’impatto quotidiano che i dispositivi tecnologici hanno sui bambini nella fascia di età 0-6 (qui il link al report finale pubblicato). Ma non solo.
Sono state attivate formazioni per maestre, maestri, educatrici ed educatori dei nidi e delle scuole dell’infanzia l’educazione al digitale e la Media Education per bambini, oltre a una serie di video pillole per trasferire informazioni e spunti di riflessioni alle famiglie in maniera più semplice e diretta. Il progetto prevede inoltre anche uno sportello di consulenza pedagogica per le famiglie a supporto di eventuali problemi, dubbi o necessità di confronto, affinché esse possano essere accompagnate.
Altre attività sono state programmate per i ragazzi dai 13 anni in su: si tratta di laboratori, workshop che vogliono promuovere linguaggi digitali nuovi o aiutarli a comprendere come utilizzare quelli già conosciuti in maniera più consapevole e funzionale. Insomma, educarli a un utilizzo attivo e non più passivo, come spesso accade. Sono dunque in programma, ad esempio, laboratori musicali e fotografici, organizzati insieme a Caritas e Acli Savona.
«Non vogliamo spaventare nessuno, ma neanche esaltare questi mezzi di comunicazione tecnologici. Pensiamo che se utilizzati in maniera corretta, possano trasformarsi in veicoli di un linguaggio creativo che fornisce nuovi spunti, piuttosto che spegnere la creatività e il pensiero critico. Il progresso tecnologico non si può fermare, ma si può impostare un modo per educare a comprendere e sapere utilizzare in maniera sana queste tecnologie».
Gabriele spiega anche di quanto questo progetto sia all’avanguardia nazionale: esistono molte ricerche scientifiche accademiche, che rimangono troppo spesso però distaccate dalla vita quotidiana delle persone, senza avere una ricaduta sul territorio. Ciò che Ced vuole fare è proprio riuscire ad unire questi due punti: da una parte ricerche accademiche, dall’altra docenti, famiglie e bambini che avrebbero difficoltà ad accedere in maniera autonoma agli studi già effettuati, e comprendere come poter agire nel concreto sulle abitudini quotidiane.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento