Un apiario urbano strappa al degrado un’area dimenticata della città
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Genova - Maggio è il mese delle api e oggi vi parliamo del nuovo apiario urbano di Genova, che ha restituito ottomila metri quadrati di verde alla comunità. Ci troviamo in via Araone, nel quartiere genovese di Struppa, dove un’area abbandonata da anni ha ripreso vita grazie a un progetto rivolto alla collettività voluto da ApiGenova, un’associazione apistica nata nel 2014 che conta 140 soci con circa 1000 alveari sul territorio. Un lavoro di squadra tra una rete di soggetti pubblici e privati tramite un patto di collaborazione, grazie al quale è rinato uno spazio dedicato all’apicoltura.
Un’evoluzione dell’apiario urbano nato qualche anno fa in via Lucarno, poco distante da quello attuale, con l’intento di avvicinare più persone possibili all’apicoltura: in quest’area infatti gli associati possono seguire i propri alveari, facendosi affiancare dai soci più esperti. Ora nell’apiario collettivo di Apigenova vivono 40 famiglie di api mellifere e sono ospitati alcuni nidi di osmie, le api solitarie. Chiunque può entrare, basta iscriversi ad Apigenova, che si occupa della parte burocratica e degli acquisti collettivi e, dopo un corso, si può seguire la propria famiglia di api.
All’apiario ci saranno incontri aperti alla cittadinanza e si potrà adottare un alveare. Ne ho parlato con Valentina Bove, presidente dell’associazione ApiGenova.
Com’è nata l’idea di realizzare un grande apiario in città?
L’apiario urbano è nato dall’esigenza di dare la possibilità a chiunque ne sia interessato di poter esercitare l’apicoltura. Apigenova, la nostra associazione, conta 140 soci e non tutti purtroppo hanno un posto dove allevare le proprie api. E poi i neofiti si sentono più sicuri in un apiario collettivo, perché c’è sempre qualcuno di più esperto che può consigliare e aiutare. Da molti anni il nostro tecnico apistico Marco Corzetto, agronomo e docente all’Istituto Marsano, tiene corsi di apicoltura e seminari mensili sulla salvaguardia del territorio e ha reso l’apiario un punto di riferimento per tutta la città.
Perché un apiario collettivo proprio in quest’area urbana?
La scelta del luogo è stata frutto dei frequenti contatti che il nostro tecnico Marco Corzetto tiene con l’amministrazione municipale per la scuola in cui lavora, soprattutto in merito a progetti di alternanza scuola-lavoro. Spesso il contributo dei ragazzi del Marsano è stato prezioso in aree dimesse della città.
In più, la val Bisagno è un territorio urbanizzato ma anche molto ricco di aree verdi, purtroppo non sempre mantenute: da qui la proposta del municipio Media Valbisagno di affidarci una prima zona da risistemare in via Lucarno – dove l’apiario è nato – e un’altra adesso, per farlo crescere all’interno di un progetto importante. E poi gli abitanti della zona per anni hanno assistito all’avvicendarsi di progetti di riqualificazione che non sono mai andati a buon fine.
Sabato scorso, il 7 maggio, c’è stata l’inaugurazione, molto sentita dai cittadini del territorio e da tante famiglie di diversi quartieri: con quali emozioni siete tornati a casa?
Sì, malgrado le condizioni meteo è stata una giornata molto bella. Già nei giorni precedenti le prenotazioni per le visite didattiche erano molte, da tutta la città. E ha partecipato anche un gruppo di classi provenienti da Venezia in visita a Genova. È stata una festa semplice, organizzata dai soci volontari che hanno accompagnato nelle visite didattiche adulti e bambini che, incuriositi, si avvicinavano ai telaini pieni di api senza alcun timore. Siamo orgogliosi di aver proposto ai più piccoli un’esperienza decisamente diversa rispetto al solito acquario o dalla fattoria didattica.
Questa vostra iniziativa di cittadinanza attiva è interessante e replicabile: qual è l’iter per poter realizzare un apiario urbano attraverso un patto di collaborazione con il proprio municipio di riferimento?
A questa domanda non so rispondere con esattezza, perché a noi, come associazione ApiGenova, è stata proposta l’area in via Araone in quanto già da tempo collaboravamo con il municipio. Se, da cittadina, dovessi cominciare da zero farei richiesta di possibili aree da riqualificare nel mio territorio e cercherei un’associazione a cui appoggiarmi: i patti di collaborazione solitamente coinvolgono diverse realtà che si occupano di sociale. Ciò che da neopresidente dell’associazione ho imparato è che più si partecipa e si creano momenti d’incontro per la cittadinanza, maggiore è la possibilità di dare vita a legami e collaborazioni, di cui il nostro territorio ha tanto bisogno.
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