La finanza etica può contrastare l’economia di guerra? Secondo Anna Fasano sì. Ecco come…
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È possibile costruire la pace attraverso denaro, investimenti e finanza? Sì, è possibile: «Il primo obiettivo è quello di non finanziare direttamente tutti quei soggetti che producono e commercializzano armi. Il secondo passaggio è invece quello di non investire», afferma Anna Fasano, presidente di Banca Etica.
È stata lei la protagonista di una una lecture organizzata qualche giorno fa da Scuola Capitale Sociale, durante la quale Iolanda Romano, presidente e cofondatrice dell’associazione, ha intervistato Anna Fasano, ponendole alcune domande inerenti a Banca Etica e a questo periodo storico afflitto dalla guerra in Ucraina, per cercare di analizzare più a fondo certi argomenti e per portare una certa informazione che dai mass media viene poco presa in considerazione.
Economista con una lunga esperienza nella cooperazione internazionale, appassionata di finanza etica, economia sociale e organizzazioni del Terzo Settore, Anna Fasano è direttrice della Onlus Vicini di Casa ed esperta di housing sociale e presidente del consiglio di amministrazione di Banca Etica da maggio del 2019.
La discussione fra Iolanda Romano e Anna si è subito indirizzata su cosa possono fare le banche etiche per contrastare ed evitare le guerre, su come queste organizzazioni riescano a sostenersi economicamente e su com’è cambiata la concezione di pacifista e di pace nella nostra società.
Il gruppo Banca Etica ha da sempre scelto sia di non finanziare sia di non investire nella guerra. C’è però un “sì” da dire tra questi “no”, perché accanto a un’economia che non si vuole coltivare, c’è un’economia che invece è necessario far crescere, un’economia pulita che tratta i temi della giustizia economica e della pace, un’economia che possiamo definire come “economia di pace”: «È importante far sviluppare nell’individuo una cultura non solo sotto l’aspetto dell’educazione finanziaria ma anche di un’educazione critica, in modo tale che sappia cogliere quali sono le opportunità ma anche le incoerenze, e a volte le assurdità, di questa nostra finanza».
Un altro modo per finanziare la pace è avere una diffusa presenza territoriale e tematica, affinché sempre più persone siano consapevoli della responsabilità che ciascuna organizzazione, ciascuno Stato o istituzione hanno nel gestire il proprio denaro, anche interloquendo con le varie aziende per produrre un reale cambiamento, per porre delle questioni e trovare delle risposte: «Banca Etica cerca di costruire un’economia di pace», spiega Anna Fasano.
Ma che cosa si intende esattamente con “economia di pace”? Vuol dire sostenere un’economia che lavori sull’eliminazione e la riduzione delle disuguaglianze che passano attraverso strumenti sociali, economici e culturali. L’inclusione finanziaria può attivare dei percorsi di inclusione tali da permettere la rimozione delle disuguaglianze. Bisogna evitare che le tensioni fra comunità arrivino a sfociare in conflitti di più grande scala. È quindi necessario scansare a tutti i costi la strada della guerra, nella quale Banca Etica non vuole assolutamente investire.
Banca Etica è un’impresa cooperativa e il suo intento non è quello di erogare un dividendo ogni anno, ma di far crescere e sviluppare il proprio progetto anche attraverso la crescita che deriva dagli utili che in questi ultimi anni sono riusciti a concretizzare, in modo sempre più forte e sempre più deciso: «Il nostro primo obiettivo non è fare soldi», sottolinea la presidente. Certo, il mercato delle armi o anche quello delle fonti fossili, per quanto riguarda il settore ambientale, potrebbero portare una maggiore quantità di introiti, ma non è ciò che vogliamo».
Nel corso degli ultimi venti o trent’anni è molto cambiata la nostra società. Si sente sempre più parlare del tema della finanza. Secondo Anna Fasano, «c’è un eccessivo accanimento nei confronti della cosiddetta notizia leggera e superficiale e un’elevata disinformazione, mentre i temi più importanti e complessi vengono delegati ad altri, a chi ne sa di più, senza realmente informarsi».
Sono cambiati anche gli spazi in cui e le persone si confrontano. Purtroppo, in questa società la trattazione di un qualsiasi tema diventa motore di divisione e questo trend ha colpito anche la tematica relativa alla pace. Si decide solo se si è pro o contro a determinati interventi senza, fin troppe volte, unire le forze per tentare di dar forma a una vera e propria “economia di pace”.
Il numero dei soci di Banca Etica è sempre in aumento e la speranza di Anna, di Iolanda e di tutti i collaboratori è proprio quella che in molti si decidano a seguire la chiamata di Banca Etica, contrapponendo l’economia di pace all’economia di guerra. Un’economia di guerra che, soprattutto in questo periodo, sembra essere molto in voga e che sta colpendo la nostra società e i valori umani e di solidarietà, i quali invece dovrebbero essere colonna portante del vivere quotidiano e del rapporto fra comunità e paesi diversi.
Chi volesse visionare l’intera conferenza la può trovare a questo link.
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