Guerra in Ucraina e minaccia nucleare: quanto ci siamo vicini?
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Sono passati quasi due mesi dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina e la guerra è diventata pane quotidiano della stampa, con il suo insieme di dati, morti e feriti, ipotesi e opinioni, ogni tanto testimonianze dal campo. In tutto questo tempo, un tema si è fatto strada fin da subito: la minaccia nucleare.
Quanto siamo vicini alla possibilità che scoppi un conflitto di questo tipo e che la minaccia nucleare diventi realtà concreta? A pochi giorni dall’inizio della guerra, il Presidente russo Vladimir Putin ordinava al comando militare di porre in allerta il sistema di deterrenza nucleare, mettendo in agitazione il mondo occidentale.
Da questa parte di mondo, infatti, molti analisti studiano la dottrina militare e tattica della Russia e come questa sia cambiata nel tempo. Uno di questi è Nikolai Sokov, ex dirigente presso il Ministero degli Esteri russo, oggi membro del Centro per il disarmo nucleare e la non proliferazione a Vienna.
L’esperto di armamenti nucleari è stato intervistato su questo tema dal giornalista Paolo Barnard durante una diretta online organizzata da Scuola capitale sociale a inizio marzo, provando a rispondere alla domanda: questa minaccia nucleare è concreta? E se sì, quanto?
Secondo Nikolai Sokov, per comprendere le azioni dello Stato russo e capire come si è arrivati alla dottrina militare della de-escalation (che spiegheremo più avanti), è necessario andare a guardare indietro nel tempo, più nello specifico agli anni 2002-2004: «Nel 2002 a Roma la NATO e la Russia avevano stabilito il cosiddetto Consiglio Nato-Russia, che avrebbe dovuto funzionare in un certo modo».
«La Russia poteva contribuire alle discussioni della NATO, anche se non poteva votare», spiega Sokov, «Ma solo due anni dopo la NATO si espande e include gli Stati baltici, basandosi sul concetto per cui la Russia era una minaccia e doveva essere contenuta». Già in questi anni quindi Sokov delinea una situazione geopolitica in cui «la NATO e l’Unione Europea prendono delle decisioni e si aspettano che la Russia le accetti».
A questo mancato dialogo si era già aggiunto il fatto che nel frattempo gli Stati Uniti si erano specializzati nella produzione di armi convenzionali molto potenti, come dimostrato durante la guerra in Kosovo. Questo aveva già portato lo Stato russo a cambiare parte della sua dottrina militare: se nel 1997 questa stabiliva che la minaccia nucleare poteva essere usata soltanto in caso di minaccia all’esistenza della Federazione Russa, nel 2000 viene stabilito che «la Federazione russa si riserva il diritto di usare le armi nucleari in risposta all’uso del nucleare e ad altri tipi di armi di distruzione di massa, così come in risposta ad aggressioni in larga scala che utilizzano armi convenzionali in situazioni critiche per la sicurezza nazionale della Federazione russa».
La dottrina che la Russia arriverà a elaborare viene chiamata “de-escalation” e, contrariamente a quanto farebbe intuire il nome, indica l’utilizzo della minaccia nucleare – quindi l’escalation del conflitto – per fermare gli avversari anche in caso di attacchi con armi convenzionali e arrivare dunque a una de-escalation del conflitto. Mettendo insieme dunque la “dottrina della de-escalation” e l’intervento della NATO che Zelensky ha chiesto più volte con l’istituzione di una no-fly zone, è chiaro come la minaccia nucleare potrebbe diventare qualcosa di concreto.
Sokov infatti spiega che un possibile uso delle armi nucleari riguarda non tanto la Russia e l’Ucraina, quanto la Russia e la NATO. A suo parere infatti, se ora «c’è una possibilità dell’utilizzo del nucleare del 5-10%, questa potrebbe arrivare al 30% una volta che la guerra sarà conclusa, in base a come si consoliderà la reazione occidentale contro la Russia». Secondo Sokov, si tratta di un livello di minaccia nucleare che il mondo non vede fin dal 1983.
Allo stesso tempo ci sono le parole di Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (Ican), che intervistata sul Fatto Quotidiano ha affermato che Putin «ha messo a nudo una minaccia che già esiste e questo ha scioccato le persone. Il Regno Unito ha sottomarini nucleari che circolano tranquillamente nei mari, lo stesso vale per la Francia, il Pakistan, l’India e tutti gli altri. E sono pronti a usarli. Solo che non ne parliamo. Se ci sentiamo oltraggiati da Putin, dovremmo sentirci oltraggiati anche dal comportamento di tutti questi altri Paesi».
USA e Russia hanno il 90% delle scorte atomiche a livello globale, con la Russia al primo posto (5.977 armi nucleari) e gli USA al secondo (5.428). Nel mondo sono nove paesi in tutto a detenere 13.000 di queste armi, di cui 2.000 (appartenenti a Stati Uniti, Russia, Francia e Gran Bretagna) già in stato di massima allerta.
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