26 Apr 2022

Roberta Trucco a I(n)spira-Azioni: maternità surrogata, abbiamo sempre diritto a essere genitori? – #3

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Durante la terza puntata del podcast I(n)spira-Azioni, Daniel Tarozzi e Darinka Montico si confrontano con Roberta Trucco sul tema della maternità surrogata. A partire dal suo romanzo Il mio nome è Maria Maddalena, vengono affrontati argomenti controversi e stimolanti che spaziano dalla pandemia alla spiritualità, dalla natura all’essere umano, fino ad arrivare a chiedersi se abbiamo sempre il diritto di diventare genitori. Desiderio e amore sono la stessa cosa?

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Maternità surrogata o gestazione per altri, relazioni umane, sessualità, rapporto genitori-figli, famiglie allargata, LGBTQ+, chi ha diritto ad essere genitori e chi no, natura, pandemia. Durante la terza puntata del podcast I(n)spira-Azioni, Daniel Tarozzi e Darinka Montico si sono confrontati con Roberta Trucco, autrice del romanzo Il mio nome è Maria Maddalena, su temi impegnativi e stimolanti misurando le proprie esperienze di vita e la propria visione di un mondo che, almeno in parte, tende verso una completa deriva. Qui sotto trovate il video dell’intervista, che vi invitiamo a guardare.

Roberta Trucco è una donna, madre di quattro figli e casalinga per scelta. Laureata in Lettere e Filosofia, nel 2011 ha fondato a Genova il comitato Se non ora quando e da allora collabora con Cristina Comencini, Francesca Izzo, Licia Conte, Sara Ventroni, Serena Sapegno e molte altre nelle battaglie per i diritti delle donne. Oggi si ritrova a essere un’attivista e una femminista tardiva: «Ho capito che la prospettiva femminista è quella più capace di interpretare il grande cambiamento epocale che stiamo vivendo, ma non perché le donne siano migliori degli uomini».

Nel 2019 pubblica il suo romanzo, la storia di una ragazza di 22 anni che vive a Los Angeles, adottata da una coppia italiana emigrata in California, e che studia antropologia all’Università e ha un sogno: andare in Amazzonia. Decide di candidarsi come madre surrogata per guadagnare i soldi necessari per affrontare il viaggio. Maria Maddalena vive un percorso di autodeterminazione, compie una scelta profonda che le permette di conquistare una autentica libertà

Perché l’Amazzonia? Roberta ha viaggiato molto, ma non è mai stata in Amazzonia, anche se conosce molto bene la storia di Jean Liedloff che negli anni ‘70 che si era recata in America Latina alla ricerca dell’oro e si ritrovò tra le popolazioni indigene capaci di crescere i propri bambini in un clima radicato e per nulla competitivo. Erano soliti portare ovunque con loro, subito dopo i 9 mesi di gestazione, i propri figli, permettendo loro di recuperare delle autonomie in pochissime tempo.

Nasce così la teoria del continuum in contrapposizione alle moderne tecniche, come la maternità surrogata, che spesso separano in maniera anche violenta il neonato dalla madre. Daniel e Darinka non nascondono delle perplessità, ma non hanno una posizione netta sull’argomento. Roberta invece, esprime il suo totale dissenso verso la maternità surrogata criticando determinati miti che si stanno avallando con la scusa di esaudire un desiderio profondo della coppia, a partire dal mito della famiglia triangolare.

I figli fanno parte della comunità, solo così possono avere più punti di riferimento e crescere in armonia. Esiste un mercato di ovuli di giovani donne con determinate caratteristiche sempre più ricercato. Sarà possibile fare più figli contemporaneamente in corpi di donne differenti. La legislazione e le modalità di una maternità surrogata cambiano di paese in paese. Nei contratti stipulati la donna incinta viene definita come una donna in viaggio, un contenitore, e pur partorendo non la si può considerare madre. 

Roberta fa parte di una rete Stop surrogacy now, che si batte per l’abolizione della maternità surrogata, considerata una forma di schiavitù che nega la dignità della donna e del bambino, trasformandolo in un prodotto, e taglia per sempre quel cordone ombelicale del sapere ancestrale che appartiene ai nostri corpi. 

Esiste un dibattito molto acceso tra donne che pensano che prestare il proprio corpo alla riproduzione sia un atto di libertà e donne che condannano questa scelta. «Liberi di non essere madri non significa immettere il proprio corpo sul mercato neoliberale. I figli per me non sono un diritto, decidere di farlo secondo desideri precostituiti non rispetta la differenza tra le persone, non rispetta la biodiversità. Ci stiamo spingendo verso un un processo di omologazione totale come avviene da anni anche con la natura», racconta Roberta Trucco.

Secondo lei il mercato dei corpi umani è di grande interesse per il capitalismo liberale che viviamo, ma tra l’adozione e la maternità surrogata c’è una grande differenza, c’è il mistero della vita: «Desiderio e amore sono la stessa cosa? Le coppie che desiderano a tutti i costi un figlio devono sapere che il loro desiderio è fondato sulla negazione primaria del desiderio del bambino di stare a contatto, almeno nei 9 mesi successivi al parto, con quel corpo che l’ha nutrito. La prima cellula embrionale è costituita dalle cellule del timpano che rispondono alla voce della mamma», osserva Roberta. 

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“Si può parlare davvero di libertà in contesti di grande miseria vissuti da donne che decidono di accostarsi a questa pratica solo per avere in cambio dei soldi?”, si chiedono Darinka e Daniel. L’essere umano viene quantificato come prodotto a cui dare un valore economico cancellando così la sua unicità. «Io contesto fortemente l’idea di libertà che viene propinata. È vero che si firma un contratto, ma è anche vero che la donna non ha più diritti. Nel corso dei 9 mesi perde totalmente il controllo sul proprio corpo e non puoi cambiare idea», risponde Roberta.

«Se i genitori committenti, adesso chiamati anche genitori intenzionali, dicono di non voler più quel figlio, la donna è costretta ad abortire. Ci sono tante storie di donne forzate all’aborto o che hanno deciso di tenere il bambino andando incontro a molti problemi. In Pakistan e in India la maternità surrogata costa molto meno che in America. L’Ucraina è la seconda meta al mondo per la riproduzione artificiale. In tanti decidono di fecondare l’ovulo in America per poi impiantarlo sul corpo di una donna in India. Se il bambino nasce con problemi viene abbandonato. Ci rendiamo conto di cosa permette la legge?», continua Roberta Trucco.

Succede spesso che chi decide di adottare si trovi di fronte a molte difficoltà causate proprio dalle leggi in atto. Non si tratta di un iter semplice, ma almeno i bambini adottati sono anche molto seguiti, al contrario dei bambini avuti per mezzo della maternità surrogata. L’adozione è complessa, ma in realtà è fatta a fin di bene anche se è una trattativa. «Avendo avuto quattro figli vengo accusata di non capire cosa significhi non poterne avere. Ma non posso capire neanche cosa significhi non avere occhi o gambe. Sono dolori, sofferenze ma dobbiamo per forza e sempre riempire quello che manca con metodi di questo tipo?».

Ho capito che la prospettiva femminista è quella più capace di interpretare il grande cambiamento epocale che stiamo vivendo

Daniel ricorda che in Occidente la fertilità è diminuita moltissimo. Secondo lui è una forma di autoregolazione della natura stessa a uno stile di vita meno sano e a una popolazione mondiale sempre più in crescita. «Stiamo andando in una direzione contro ogni tipo di natura, anche quella umana. Io invece voglio rispettarla», sostiene Roberta. «C’è l’urgenza di riattivare un certo tipo di sapere. Secondo l’educazione che ho ricevuto era fondamentale studiare senza badare molto ai sogni, ma esempi come voi dimostrano una fiducia nel mistero della vita accettando anche i rischi».

Roberta Trucco è convinta che l’eccessiva sicurezza tolga tutto quello che è l’afflato della vita: «Penso alla forza di Darinka nell’affrontare un viaggio in bici in giro per il mondo tutta sola. Una visione patriarcale costruita sul corpo delle donne, sostenuta da donne e uomini, sta danneggiando tutti. Io sono positiva, penso che fino a pochi anni fa erano in pochi a parlare di un certo tipo di umanesimo».

«Le persone cominciano a confrontarsi, abbiamo argomenti per smantellare una certa narrazione. Anche la narrazione pandemica comincia a suscitare dubbi e a porre delle domande. Io sono un’attivista, dare spazio alla parola e al confronto è determinante. Il mio “no” non può essere il “no” di tutti, ma se non se ne parla ogni discussione aperta e vivace, senza pregiudizi e riserve, viene cancellata. Possiamo ancora recuperare i saperi ancestrali che abbiamo perso in tutti questi anni. Sta a noi!», conclude Roberta. 

Segui I(n)spira-Azioni su youtubefacebookspreaker o spotify. Il prossimo appuntamento è per mercoledì 27 alle ore 19 con Federico Traversa

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