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Novara - Marco è un ragazzo di 25 anni, fa canottaggio sul lago d’Orta, ama nuotare in piscina, camminare nel bosco e andare in montagna. Aiuta volentieri sua mamma a pulire casa e nelle prossime settimane ha in programma un viaggio a Firenze. La sua agenda è scandita da impegni e cose da fare. Ad esempio, giovedì e venerdì sono due mattine particolari perché va a lavorare.
È il suo primo lavoro e ha iniziato da poco meno di un anno; i compiti che svolge presso il laboratorio dove lavora sono tanti e diversi: divide viti e tasselli, ordina le forcine per capelli in piccoli contenitori o mette le guarnizioni nei soffioni delle docce. Con i colleghi si trova bene e ha un ottimo rapporto anche con i responsabili. Durante la pausa si parla di canottaggio, si beve una cioccolata alla macchinetta. Insomma, insieme sono diventati una bella squadra.
Marco è un ragazzo con autismo e lavora da quasi un anno al laboratorio Gener.Attiva di Borgomanero, in provincia di Novara: si tratta di un progetto gestito dalla Cooperativa Il Ponte di Invorio che, come vi abbiamo già raccontato in questo articolo, da oltre trent’anni si occupa di inserimento lavorativo per chi ha disabilità e fragilità. Nel farlo la Cooperativa segue il “modello transitivo”, il cui fine è preparare e formare persone per un possibile e successivo inserimento in cooperativa o in azienda.
LA STORIA DI MARCO: RISCATTO E AUTONOMIA
Possiamo dire che quella di Marco sia una storia di riscatto per sé e per la sua famiglia. All’interno della cooperativa, Marco svolge piccoli compiti che è in grado di completare in autonomia e che, proprio per questo, aumentano la fiducia in sé stesso e nelle sue capacità. All’interno dei laboratori vengono poi svolte attività propedeutiche al lavoro: ognuno impara a rispettare regole e consegne ed è messo alla prova con mansioni diverse.
Numerose le famiglie di coloro che sono coinvolti nel progetto: l’obiettivo è dimostrare che ogni persona può essere parte della comunità e lavorare se si creano i contesti adeguati. Insomma, ognuno diventa una risorsa, per sé stesso e per gli altri. Ad esempio la mamma di Marco, Teresa, sottolinea quanto «questi ragazzi abbiano bisogno di vita»: vede suo figlio felice da quando, da solo, ha iniziato il suo percorso lavorativo. Sa che se l’esperienza dovesse finire sarebbe molto complicato, difficile da spiegare e accettare. Marco infatti sta imparando a gestire una serie di nuove responsabilità e compiti, costruendo poco alla volta autonomie e competenze.
FARE, LA RETE DOVE LE PERSONE FRAGILI POSSO SPERIMENTARSI NEL LAVORO
La storia di Marco si affianca a quella di molti altri ragazzi e ragazze che sono stati accolti dalla Cooperativa Sociale Il Ponte, che oggi si sta allargando sempre più: il suo motore è il progetto FARE, un grande lavoro di rete nato nel 2019 che vede come capofila l’ODV Orizzonti di Borgomanero e che coinvolge oltre trenta associazioni ed enti che si occupano di inclusione sociale tra le province di Novara, Verbania e Vercelli.
Molte delle risorse economiche e umane di FARE (acronimo di Formazione, Appartenenza, Responsabilità, Esperienza) sono destinate alla sensibilizzazione delle aziende per l’inserimento all’interno del proprio organico di persone fragili e alla creazione di laboratori di sperimentazione lavorativa, luoghi in cui la produttività non è la priorità, ma lo sono, al contrario, gli aspetti socializzanti e i percorsi formativi.
LA SOCIALITÀ CHE CREA INCLUSIONE
FARE crea non solo occasioni lavorative, ma anche opportunità per il tempo libero. Marco, per esempio, partecipa alle attività di “Vuoi uscire con me?”, progetto all’interno del quale si creano, con continuità e accompagnati da volontari formati, occasioni informali di socialità per ragazzi con disabilità.
Si tratta di attività “normali” come andare in piscina o a ballare in discoteca, a ciaspolare sulla neve e a fare merenda in pasticceria. «Il vero dono – racconta Teresa – sono ragazzi della sua età che vanno a prendere Marco e lo portano, tra amici, a mangiare una pizza». Al centro del progetto c’è l’idea che è possibile avere una vita al di fuori dalle mura di casa e insieme a persone che non fanno parte del proprio nucleo familiare: una rete che sorregge chi ha delle fragilità e ha bisogno di più aiuto, un sostegno che crea opportunità per rendere ogni giornata quanto più possibile piena e normale. Si lavora così con pazienza e costanza sulle autonomie di ognuno e si creano le occasioni per andare in questa direzione.
Spesso si tratta di un aiuto possibile grazie alla comunità che opera attraverso enti del terzo settore e di volontariato, in costante collaborazione e dialogo con le pubbliche amministrazioni. Per tanti ragazzi del territorio e le loro famiglie, i diversi attori di FARE (alcuni con alle spalle decenni di lavoro nel sociale) diventano un fondamentale punto di riferimento e di appoggio. Non solo per il presente, ma anche per il futuro.
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