11 Apr 2022

Guerra in Ucraina: pace e democrazia passano attraverso la sovranità energetica

Scritto da: Filippo Bozotti

Il nostro collaboratore Filippo Bozotti riflette sulle contraddizioni delle democrazie occidentali – l'Italia in testa – e della loro linea politica rispetto alla guerra in Ucraina. Conflitti d'interesse e politiche energetiche fallimentari rischiano di farci diventare ostacoli alla cessazione delle ostilità piuttosto che suoi promotori.

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La guerra in Ucraina è al 47esimo giorno. L’Ucraina sta resistendo contro ogni pronostico. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno imposto innumerevoli sanzioni alla Russia, bloccando più della metà delle loro riserve di valuta estera, rimuovendo molte banche russe dal sistema SWIFT per i bonifici internazionali e sanzionando oltre mille oligarchi e business russi.

Ma queste sanzioni stanno funzionando? Putin non si ferma, l’Ucraina è in rovina, migliaia di cittadini sono stati uccisi e torturati, il rublo è tornato ai livelli pre-guerra e l’Europa sta dando 800 milioni di euro al giorno alla Russia tramite l’acquisto di gas e petrolio, che finanziano la distruzione dell’Ucraina. 800 milioni di euro al giorno.  Da quando la guerra è iniziata l’Europa ha mandato 1 miliardo di euro all’Ucraina per difendersi e 35 miliardi di euro alla Russia per attaccare. 

Possiamo non volere uno scontro diretto con Putin, ma se continuiamo a importare energia dalla Russia continuiamo a finanziare la sua macchina da guerra. Putin non sta perdendo. Il prezzo del gas è passato da 18 euro a 295 euro al mw/h in un anno, aumentando di sedici volte il suo valore. Il paradosso è che con la guerra, Putin guadagna molto più di prima e può continuare a finanziare il suo arsenale militare.

L’Unione Europa importa quasi il 40% del suo gas dalla Russia. Nel 2010 era il 20%. Questo è il risultato di una strategia energetica scellerata e miope: siamo alla mercé di Putin e abbiamo degli enormi conflitti di interessi. La Germania e l’Italia sono i due paesi più dipendenti dal gas russo: comprano il 65% e il 43% rispettivamente da Mosca. Infatti sono i due paesi più restii ad attuare un totale embargo del gas e petrolio russi. Il motivo? Hanno paura che i prezzi del gas salgano ancora, che ci sia una recessione o addirittura un razionamento del gas. Temono che il PIL non aumenti. 

guerra in ucraina

Davvero siamo disposti al collasso di una democrazia in Europa per fare salire il PIL di qualche punto di percentuale in più? Davvero il popolo italiano e quello tedesco sono disposti a sacrificare così poco per porre fine allo sterminio di Putin? È davvero più importante stare in maglietta d’inverno in casa che evitare il massacro di un popolo e la rovina di uno Stato sovrano democratico? Uno Stato, fra l’altro, che è a solamente 9 ore di macchina dal confine italiano e la cui eventuale caduta sotto la dittatura di Putin causerebbe un effetto domino senza precedenti.

I politici in Germania e in Italia temono una rivolta stile gilet jaune in Francia di qualche anno fa, quando il paese si bloccò perché il presidente Macron aumentò le tasse sul petrolio. Ma l’inverno è finito. Abbiamo abbastanza gas fino all’inverno prossimo.  Davvero non riusciamo a organizzarci? La necessità è madre di ogni invenzione.  Come Italia che Cambia, già nel 2015 nel libro E Ora si Cambia, parlavamo di sovranità energetica.  

Se c’è bisogno siamo disposti ad abbassare il termostato di un grado centigrado e metterci un maglione in più? Siamo disposti al razionamento del gas?  Vi ricordo che fra l’autunno del 1973 e la primavera del 1974 ci fu in Italia il razionamento del petrolio, ci fu il divieto di transito dei mezzi nei giorni festivi, ma se ne parliamo oggi con coloro che l’hanno vissuto, ci racconteranno che non fu una tragedia. Anzi. 

Un sacrificio oggi, per sei mesi o per un anno, potrebbe finalmente essere quello che serve all’Italia per diventare più autonoma energeticamente. Con più investimenti su energie rinnovabili, ma anche più efficienza energetica, più energia locale e comunque un mix più distribuito di fornitori esteri di idrocarburi per non avere conflitti di interessi.  

Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza draghi 5

Non solo è possibile, ma è anche auspicabile. L’Italia importa ancora il 73% dell’energia che consuma. Potremmo diminuire il nostro consumo del 43% come sta facendo la Svizzera. Potremmo produrre il 27% della nostra energia con il geotermico come fa l’Islanda. Il Regno unito – dal 2014, dopo gli avvelenamenti a Salisbury da parte di Mosca – ha cominciato a tagliare la sua dipendenza dal gas russo, che adesso è solo il 3% del suo fabbisogno. Tutto è possibile.

È economicamente possibile avere una sovranità energetica. È anche geo-politicamente  auspicabile ed ecologicamente è la nostra unica speranza. Ma è politicamente difficile. Il Governo ha paura che sia sconveniente per la cittadinanza, che magari la benevolenza verso il popolo ucraino sciami se per un po’ le bollette sono più care.  Proprio settimana scorsa Draghi ci ha chiesto: “Vogliamo la pace o l’aria condizionata quest’estate?”. Ecco, questo è quello che ci dobbiamo davvero chiedere onestamente. E non so quale risposta prevalga.

Ma davvero gli italiani e i tedeschi non sono disposti a sacrificare una briciola delle loro comodità per i valori che ci dovrebbero rappresentare di più – la democrazia, la libertà di stampa, la pace? Ci piace congratularci per le mezze misure adottate finora, gli oligarchi non possono venire più in vacanza a Porto Cervo, ma davvero crediamo che questo fermi la guerra? Se falliamo un’altra volta, l’occidente non avrà nessun altro da incolpare se non sé stesso. Se i regimi autocrati vedono che non ci saranno serie ripercussioni per le loro azioni, allora continueranno a invadere Stati sovrani.

Il risultato di una strategia energetica scellerata e miope è che siamo alla mercé di Putin e abbiamo degli enormi conflitti di interessi

È tempo di smettere di finanziare quelle dittature che l’occidente, intrappolato da una miriade di conflitti di interessi, continua a rafforzare con la globalizzazione. Compriamo la loro energia, realizziamo tutti i nostri prodotti da loro perché costa meno visto che là i lavoratori non hanno diritti, poi semmai applichiamo qualche sanzione. Le mezze misure non fanno altro che rafforzare i dittatori. Essi sono ben contenti di prendersi i nostri soldi, ma non importeranno mai la democrazia o la libertà di stampa, perché se così facessero perderebbero il potere. 

Le democrazie occidentali sono in crisi. Lo si vede chiaramente dalla loro paralisi e lo vedono anche i regimi totalitari del mondo che sono sempre più audaci. Rendiamoci conto però che è molto meglio vivere in una democrazia, per quanto imperfetta, che in una dittatura, dove gli oppositori politici vengono uccisi e una notizia che va contro la propaganda statale può costare quindici anni di lavori forzati.  

Ripartire con una sovranità energetica, alimentare ed economica forse è il modo migliore per dare nuova linfa alle nostre democrazie. Creando fra l’altro posti di lavoro locali e prevenendo una catastrofe ecologica. La transizione energetica farà male per un po’, ci potrà essere una recessione e razionamenti di gas, ma è proprio in questi momenti che si misura il carattere di un popolo. 

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