26 Apr 2022

Vivere in una comunità in Portogallo: la nuova avventura di una famiglia alla ricerca della libertà

Scritto da: Daniela De Angelis

Nuovi modelli di vita per rispondere a una deriva che, raggiungendo il suo culmine durante la pandemia, ha determinato un preoccupante inasprimento dei rapporti umani e sociali, dello stile di vita, della cultura e del pensiero. La famiglia di Daniela è stata "sorpresa" dal Covid durante un viaggio in Portogallo, ma come spesso accade una potenziale crisi si è rivelata una grande opportunità.

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Abbiamo tutti desideri inespressi, visioni in un cassetto del comodino chiuso da molto tempo e di cui ormai fatichiamo a ricordare il contenuto, progetti che sembrano troppo grandi da poter realizzare. Spesso sono proprio questi mondi immaginari, seppur accantonati, a spingerci a fare le scelte più importanti della nostra vita, facendoci prendere certe direzioni piuttosto che altre e avvicinandoci più o meno consapevolmente al momento in cui ci sarà bisogno di aprire quel famoso cassetto, guardarci dentro, rispolverare i progetti del cuore ed esprimere le proprie fantasie in maniera esplicita, oppure abbandonarli per sempre.

Il momento per noi di imboccare la strada della vita di comunità – dimensione che ci è sempre stata congeniale, ma riguardo alla quale non abbiamo mai davvero messo energie – ci si è presentato senza preavviso, in un territorio per noi ancora inesplorato come lo era il Portogallo ai nostri occhi, circa due anni fa. Eravamo appena arrivati nella movimentata Lagos, cittadina del sud dell’Algarve, per fare visita a una famiglia di amici conosciuti l’anno prima on the road; stavamo girovagando, piazzandoci a dormire un po’ qui e un po’ lì sul nostro camper Icaro, facendo nuove conoscenze ed esplorando nuovi luoghi.

Era l’ultima decade di marzo, mese di nascita di Federico, e per festeggiarlo con una festicciola ci eravamo fermati con amici vecchi e nuovi in un boschetto delizioso e vivace vicino alla costa. Le notizie su un nuovo virus in circolazione potenzialmente pericoloso ci seguivano da qualche settimana, ma non ci saremmo mai aspettati che da un giorno all’altro il nostro viaggio sarebbe stato scombussolato. Alla fine di marzo l’emergenza sanitaria per Covid-19 fu proclamata in Portogallo e furono emanate delle ordinanze specifiche per i molti camperisti e nomadi che frequentavano questo angolo d’Europa: per arginare l’epidemia era obbligatorio l’isolamento in un terreno privato o il ritorno in patria.

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In cinque famiglie abbiamo deciso che, se ci fosse stato un lockdown, non l’avremmo passato in un bolla solitaria, ma che in un momento come quello l’unione avrebbe fatto la differenza, in meglio. Dopo giorni di ricerca abbiamo recuperato il contatto di una famiglia tedesca che abitava in un grande terreno in mezzo alla natura del distretto di Odemira, nella regione centro-meridionale del Portogallo e che si è detta disponibile a ospitarci tutti.

Grazie a questa scelta, estemporanea ma sentita, abbiamo iniziato a vivere la straordinaria avventura di quella che io chiamo comunità spontanea, vale a dire l’unione di persone che decidono consapevolmente di instaurare un rapporto di conoscenza, aiuto, appoggio reciproco e di fare spazio nella loro quotidianità a momenti di collettività, per svago, progetti collettivi o comuni bisogni.

Non è un caso che tutte le famiglie con cui ancora oggi conviviamo abbiano figli: il grande privilegio che offre una vita comunitaria ai bambini e alle bambine ormai è una possibilità rara. La condivisione delle esperienze di apprendimento spontaneo in un ambiente rurale nella vita di tutti i giorni da parte di bambini e bambine, la dimensione di genitorialità condivisa che spontaneamente è venuta a crearsi e la volontà comune di creare un piccolo progetto di educazione parentale hanno prodotto una forza magnetica che ha contribuito a tenerci legati e uniti.

Il nostro gruppo è stato sempre molto unito da un legame affettivo, più che da vincoli legati a progetti comunitari. Fin dalle nostre prime assemblee, abbiamo concordato dei punti cardine su cui si basava la nostra relazione:

  • Ogni famiglia ha la libertà di partecipare o meno a progetti che, con il tempo, potrebbero nascere all’interno della comunità e ha la stessa libertà di attuare progetti personali senza necessariamente voler coinvolgere il resto del gruppo
  • È importante rispettare gli spazi privati di ciascuna famiglia, la quale ha la libertà di gestirli come preferisce; in una dimensione come quella collettiva infatti gli spazi personali sono ancora più vitali per ritrovarsi come individui e separare i progetti propri da quelli del gruppo
  • Una delle parole chiave su cui siamo stati d’accordo è stata spontaneità, legata al contempo alla parola responsabilità. Il vivere a stretta vicinanza con altre persone è un impegno quotidiano, molto più intenso di quello che si potrebbe pensare: il contatto, diretto o telematico, praticamente giornaliero, a seconda del proprio stato emotivo può essere vissuto con un sentimento di gioia per il piacere della condivisione o come irritante e invasivo, nei momenti in cui si perde il confine tra il proprio equilibrio e quello del gruppo
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La parola “spontaneità” in questo contesto viene usata per dare valore e importanza a tutte le emozioni che vengono vissute, piacevoli o meno, e ciascuna persona deve avere il diritto di viverle e agire per come ritiene sano per lei, sempre nel rispetto degli altri. La parola “responsabilità” al contempo lascia sottintendere che questo non vuol dire non far fede a impegni presi in precedenza o non comunicare eventuali decisioni che possano influenzare anche le altre famiglie.

In questi mesi insieme abbiamo compreso che la chiarezza nella comunicazione e la sincerità sono strumenti importanti perché l’energia che ci circonda rimanga pulita e trasparente, libera da muri di pensieri non detti e da fumi di incomprensioni non esplicitate, che bloccano e limitano la visione del tesoro che abbiamo costruito finora. Abbiamo lavorato sull’accettazione del fatto che ogni persona è diversa e che la realtà che vediamo intorno a noi è soggettiva e mutevole, insieme al fatto che il confronto e il dialogo sono mezzi indispensabili per capirsi, con la consapevolezza che l’apertura a ciò che non sappiamo ci porta alla conoscenza vera di quello che abbiamo intorno.

Abbiamo condiviso innumerevoli momenti insieme, dentro e fuori dal terreno in cui viviamo, eventi felici e tristi, situazioni di leggerezza e di difficoltà. Siamo tutte persone ancora in movimento, alla ricerca di un equilibrio con il resto del mondo, con la volontà di costruire ed esplicitare le proprie visioni interiori, per migliorare la propria vita e dare un contributo all’evoluzione delle donne e degli uomini sulla terra.

Il grande privilegio che offre una vita comunitaria ai bambini e alle bambine ormai è una possibilità rara

Dopo circa due anni siamo ancora dei principianti nel campo della vita comunitaria: tante lezioni ancora da imparare, tanti sbagli da compiere e molti traguardi da conquistare. Ci sentiamo ancora in una fase di apprendistato, in un territorio di sperimentazione che sarà fondamentale per evolvere in un progetto più stabile e, magari, più ampio e ricco di progetti. Io e la mia famiglia non ci siamo mai pentiti del sentiero intrapreso e stiamo acquistando sempre maggiore consapevolezza di ciò che vorremmo per il nostro futuro con la nostra famiglia allargata; al contempo ogni famiglia sarà libera di scegliere altre direzioni e di intraprendere un cammino diverso, senza per questo rompere il legame fin qui consolidato.

Siamo convinti che in questo momento storico – in cui si sta perdendo il buon senso comune di ciò che significa salute, empatia verso gli altri, rispetto della libertà individuale, responsabilità del futuro delle prossime generazioni e rispetto del libero pensiero – tornare a sperimentare collettivamente la risoluzione di problemi grandi e piccoli della vita, la costruzione di uno stile di vita sostenibile e l’interrogarsi su quali siano i valori fondamentali degli esseri umani e del mondo in cui siamo ospiti siano un buon punto di partenza su cui ricostruire un nuovo modello di società.

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