28 Apr 2022

Centro Tice: la psicologia è uno strumento essenziale per vivere la vita di oggi – Io Faccio Così #351

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli
Intervista di: DANIEL TAROZZI
Riprese di: PAOLO CIGNINI
Montaggio di: EZIO MAISTO

Nel 2006 Francesca Cavallini ha creato il centro Tice, un luogo dove la pratica clinica si unisce alla ricerca accademica in psicologia, creando impresa e aiutando chiunque abbia voglia di costruirsi un futuro. I servizi sono rivolti principalmente a bambini e ragazzi e alle loro famiglie, che soprattutto nel periodo pandemico hanno trovato in Tice un sostegno fondamentale.

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Piacenza, Emilia-Romagna - Cosa hanno in comune la psicologia e la pallacanestro? A raccontarcelo è Francesca Cavallini, psicologa e fondatrice di Tice, un centro in cui si sperimentano innovativi metodi nel campo della psicologia. Da piccola la sua vocazione era già chiara: aiutare chiunque avesse bisogno a trovare il modo di tirare fuori ed esprimere il proprio potenziale e diventare consapevoli delle cose che si amano fare. Se ne accorse mentre accompagnava la madre, insegnante di sostegno, ad assistere alcuni ragazzini che avevano difficoltà a scuola. 

IL CENTRO TICE

La ricerca l’ha sempre appassionata: dopo anni passati all’Università aveva voglia di sperimentare sul campo quanto appreso dai libri e nel 2006, dopo aver concluso il dottorato di ricerca, Francesca ha deciso di fondare Tice, un luogo in cui unire la pratica clinica alla ricerca accademica in psicologia.

Negli anni, grazie anche al legame con l’Università, Tice si è ingrandita sempre di più e oggi ha diverse sedi a Piacenza e a Correggio (RE). È una cooperativa sociale che si prende cura di bambini, adolescenti e giovani adulti attraverso incontri dal vivo e online. Un team di psicologi appassionati – quasi tutte donne, alcune anche madri – che si impegnano a tutelare chi vuole costruirsi un futuro. Alcune di loro vengono dal sud Italia, l’obiettivo è fare esperienza per poi ritornare nella propria terra di origine e dare vita a una realtà simile a Tice. 

«Quando racconto di Tice ricordo sempre la mia performance sportiva, abbastanza scadente ma fondamentale per il lavoro che faccio oggi. Ho praticato per tanti anni la pallacanestro e durante le partite stavo spesso in panchina. Questo sport mi ha insegnato più di ogni altra cosa che in squadra si gioca anche dalla panchina», racconta Francesca nel corso dell’intervista, realizzata con Daniel Tarozzi, che trovate qui sopra.

È proprio questo sentimento, questo piacere di vincere in squadra, l’elemento essenziale che Francesca ha riportato e voluto in Tice: «Con il nostro lavoro vogliamo combattere l’idea dello psicologo che lavora da solo nel proprio studio. Tice è l’opposto. Siamo in trenta e lavoriamo insieme come un’impresa perché la psicologia soprattutto in questo secolo è un’impresa», racconta. 

Tice si distingue per i metodi innovativi, basati su evidenze sperimentali, in cui la ricerca gioca un ruolo fondamentale. Terapie brevi che seguono l’approccio cognitivo comportamentale e accompagnano l’individuo nel quotidiano. Bambini che hanno paura ad andare a scuola, adolescenti che non riescono ad affrontare coetanei dell’altro sesso, ragazzi che preferiscono rinchiudersi in casa sono alcuni esempi.

LE CONSEGUENZE DELLA PANDEMIA

Ogni giorno il centro Tice riceve telefonate da parte di genitori che hanno bisogno di aiuto per i propri figli. Con la pandemia sono aumentate anche le richieste da parte degli universitari. Molte scuole richiedono percorsi di formazione e aggiornamento, Università, l’Istituto Superiore di Sanità e colleghi psicologi vogliono creare delle realtà simili: «Cominciano a essere evidenti i primi segnali, a livello neuroscientifico, dell’impatto che la pandemia ha avuto sui ragazzi con grosse ricadute sull’aspetto creativo. Non si conoscono ancora gli effetti al livello neurobiologico, ma a livello psicologico è stato constatato un aumento drastico della sintomatologia ansiosa depressiva».

centro tice1

Secondo Francesca – che avevamo intervistato qualche mese fa proprio sul tema Covid –, dopo questa pandemia non si può più lavorare da soli, bisogna rivoluzionare il ramo della psicologia: «Io sono una di quelle che spinge sempre gli altri a tirare fuori il proprio potenziale, cerco di provare a fare impresa rivoluzionando il mondo da cui provengo. La psicologia per fortuna è un elemento essenziale di questo secolo, in passato non c’era questa necessità. È un mondo più difficile, in cui essere felici non è così facile. Dover scegliere ogni giorno cosa fare, che vestito poter indossare, che persona essere è difficilissimo, serve la psicologia».

OBIETTIVI E UTENTI

L’obiettivo di Tice è coniugare quindi due aspetti: la parte di potenziale e l’apprendimento attraverso una metodologia basata sull’evidenza. Ad esempio insegnare ai ragazzi a studiare in modo più efficiente attraverso metodologie basate sull’apprendimento, far ricordare loro cosa amano, cosa sognano, cosa vorrebbero fare. La creazione di community, anche online, di ragazzi con difficoltà simili è utile per fare emergere il potere del gruppo. Attraverso l’approccio cognitivo comportamentale è possibile far fare dei piccoli passi alla persona che non si accorge che sta uscendo dalla propria zona di confort per andare incontro ai propri valori. 

Secondo Tice, la psicologia si sta rivelando sempre più determinante, nella progettazione scolastica e di servizi sociali, per chi si appresta a diventare genitore – essa infatti promuove l’idea di accogliere una nuova vita al di là del sesso, sollecitando un vero e proprio viaggio nella genitorialità. Ma anche per i ragazzi che soffrono di disabilità ma vogliono creare un’impresa. Al di là dei luoghi fisici, il lavoro di Tice si svolge in tutta Italia grazie alle piattaforme online. Essendo un servizio privato il centro ha stabilito delle tariffe sul modello europeo che si basano sul reddito di ogni fascia sociale. 

È un mondo più difficile, in cui essere felici non è così facile

LA RETE ASHOKA

L’importanza del lavoro di Francesca le ha permesso di diventare una Ashoka fellow. «Sono diventata fellow perché mi hanno detto di avere tutte le caratteristiche per esserlo. Il processo di consapevolezza è stato posteriore. Quando ho conosciuto Ashoka ho provato quell’imbarazzo che ho vissuto quando sono andata in una discoteca gay per la prima volta, ho visto quei ragazzi che mi somigliavano».

«Ad Ashoka ho visto persone che mi assomigliano un po’: guadagnano poco nonostante il tantissimo lavoro, credono molto in qualcosa. Trovare una community con queste qualità mi fa sentire meno stramba e racconta di un’Italia capace di diventare consapevole del proprio potenziale», conclude Francesca.

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