19 Apr 2022

I(n)spira-Azioni incontra Carlo Taglia il Vagamondo e il suo nuovo progetto Meraki – #2

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Carlo Taglia ha girato il mondo senza mai prendere un aereo. È autore di libri di successo in cui racconta le tante avventure vissute. Il viaggio gli ha permesso di rinascere e staccarsi dalla dipendenza dalla droga e dall’alcool. Oggi condivide la sua esperienza con molti giovani anche grazie all'ecovillaggio Meraki, che ha fondato lungo Via degli Dei, il percorso che collega Bologna e Firenze. Un luogo di ascolto, espressione e creazione in cui incontrare gli altri, prendersi cura e contribuire alla crescita del potenziale umano.

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Il secondo appuntamento della rubrica I(n)spira-Azioni è tra un vagamondo, una mondonauta e un terranauta. Due di loro li conoscete già – Daniel Tarozzi e Darinka Montico – l’altro probabilmente pure. Si tratta di Carlo Taglia, grandissimo viaggiatore, conosciuto per aver fatto il giro del mondo senza mai prendere un aereo. Da questa esperienza ha tratto un libro Vagamondo, che ha venduto moltissime copie, e molte altre competenze e consapevolezze che adesso hanno trovato un luogo fisico nel progetto Meraki, che sta costruendo sull’appennino bolognese.

Meraki nasce dall’incontro di tre viaggiatori, Carlo, Antonio di Guida e Luca Verri, che dopo tanti anni di esperienze, viaggi e studi hanno sentito l’esigenza di creare qualcosa di diverso: un nuovo modo di stare insieme e comunicare, una vita sostenibile a contatto con la natura, un centro educativo e formativo per adulti e bambini. Un ombelico del mondo dove convogliare esperienze di viaggiatori per cercare di lasciare un seme di speranza e benessere per le generazioni future. Un grande progetto in cui si intrecciano permacultura, consapevolezza, artigianato, formazione, natura e molto altro ancora.

carlo taglia 1

Da tre persone, nel giro di poco più di un anno, sono adesso in tredici a vivere nel casale. C’è anche una bambina di 2 anni. L’iter per entrare a far parte della comunità prevede diverse fasi: si può iniziare con un volontariato a breve termine o a lungo termine, per poi continuare con il cammino per i futuri residenti. Chiunque abbia bisogno di un sostegno, chi sta male, chi vuole essere accompagnato è il benvenuto all’interno dell’ecovillaggio.

Meraki si trova sulla Via degli Dei, il sentiero che collega Bologna con Firenze. La scelta di questo luogo si è concretizzata dopo un lungo viaggio in giro per l’Italia dove – prima singolarmente e poi insieme – Carlo, Luca e Antonio hanno incontrato sindaci, comunità e paesi per raccontare il loro progetto, che nasce dal bisogno di mettere insieme esperienze, passioni e valori di persone e professionisti che si dedicano quotidianamente alla cura delle persone, delle comunità e alla salvaguardia dell’ambiente.

In passato l’associazione ecovillaggio-fricchettoni era abbastanza scontata, ma oggi non è più così. A Meraki vivono ingegneri, educatori, persone laureate, permacultori che si sono resi conto della necessità di cambiare la realtà e costruire un ponte con la società moderna per andare verso un nuovo mondo. Immaginare Carlo radicato in luogo può sembrare quasi impossibile, ma in realtà come racconta lui stesso «è vero che sono fermo, ma sono in movimento costante, perché qui facciamo tante cose, siamo sulla via degli Dei, passano 20.000 viandanti all’anno, mi sento nutrito perché imparo ogni giorno».

Penso che dobbiamo cambiare radicalmente tante cose nel modo di comunicare e stare insieme

«Sono in viaggio e mi sento in viaggio», racconta Carlo a Daniel e Darinka. «I viaggi mi hanno dato un sacco di stimoli costanti, mi hanno permesso di mettermi alla prova e imparare. Se riesco a riportare questo insegnamento anche in una realtà in cui mi radico ben venga! Sarà come essere in viaggio continuando a crescere. Io sono scappato dall’Italia a vent’anni, avevo tanti problemi, non stavo bene, avevo una dipendenza da droghe e alcol, sono fuggito per curarmi e rinascere. Così è stato. Il viaggio è stato una grande terapia. Con i libri e le conferenze ho condiviso e continuo a condividere il mio percorso con chi vive le stesse tenebre da cui provengo. È diventata per me una missione sociale. Sono andato nelle scuole, nei centri per tossicodipendenti, nelle università, nei bar, nelle carceri minorili».

Meraki è quel luogo dove rivivere un ritiro tutti i giorni, un centro in cui prendersi cura di sé stesso e degli altri. Tornare in Italia, cercare serenità e aiutare i giovani con dinamiche simili alle sue ha permesso di chiudere un cerchio. Meraki non è una comunità di recupero e nonostante abbia poco più di un anno di vita è molto ben strutturato. Grazie a un lavoro di facilitazione di gruppo e all’uso di vari strumenti, i fondatori hanno scritto subito l’ambizione, la missione e gli accordi di base – «non li chiamano regole», precisa Carlo – riuscendo a gestire conflitti e prendendo insieme tutte le decisioni.

Ogni settimana svolgono cerchi decisionali ed emozionali, usano il co-ascolto per risolvere problemi tra loro, la comunicazione nonviolenta per affrontare un conflitto. Viene riposta tantissima attenzione nel modo in cui si comunica: «Non è sempre facile, perché ognuno di noi ha un trascorso alle spalle e una propria educazione. Spesso comunichiamo in modi che non ci piacciono consapevolmente che, senza volere, facciamo nostri. Ognuno diventa specchio per l’altro. È impossibile non avere dei conflitti in una comunità. Qualsiasi cosa va affrontata, la accogliamo senza scontro. Ogni volta che c’è un disagio ci lavoriamo sopra e la cosa bella è che alla fine stiamo meglio di prima», continua Carlo.

Da un punto di vista più pratico Meraki si sostiene attraverso donazioni libere, consapevoli e a volte consigliare. I residenti fanno una donazione mensile, spesso anche i volontari. Anche piccole autoproduzioni di saponi e olii essenziali, artigianato, eventi e corsi di permacultura, ritiri olistici, festival di musica e medicina, danza e teatro sociale, yoga, residenze artistiche e campi estivi per bambini/ragazzi contribuiscono alla cassa comune. «Molti ci dicono che non hanno mai provato un’esperienza umana così forte, non si sono mai sentiti così accolti con gentilezza e attenzione, uno dei motivi per cui le persone che vengono da noi sono felici di contribuire».

«L’anno scorso, che è stato per noi l’anno zero, abbiamo sperimentato un po’ di cose, siamo riusciti a creare una buona base economica che ci ha sostenuto per vari mesi e la comunità non ha messo un soldo. L’obiettivo è l’autosufficienza economica. Per farlo vogliamo sviluppare un’agricoltura sostenibile attenta all’impatto che produce sull’ambiente, capace di generare collaborazioni con agricoltori e allevatori della zona e che con il tempo diventi una fonte di sostentamento. Ricerchiamo un buon utilizzo delle risorse idriche e delle energie rinnovabili. Guardiamo alla bioedilizia e alle tecniche di costruzione da diverse parti del mondo come fondamenta di ogni tipo di costruzione e ristrutturazione».

Tutto questo non fa di Meraki un luogo dove non esistono problemi: «È importante partire da oggi, osservare la realtà, dire cosa non funziona, cosa migliorare. La società di oggi è l’unica cosa su cui posso basarmi. Quando torno in città parlo con le persone, chiedo come stanno i ragazzi e non sento delle belle cose. Penso che dobbiamo cambiare radicalmente tante cose nel modo di comunicare e stare insieme. Sento il bisogno di formarmi riguardo all’educazione emozionale perché vorrei portarla nelle scuole, c’è il bisogno di tirare fuori ciò che reprimiamo dentro. Anche questo è Meraki».

carlo taglia 2

Carlo è l’esempio di come l’abito non faccia il monaco. Chi si ferma all’apparenza vedrà solo un volto molto tatuato, dread, alcune delle caratteristiche del tipico fricchettone. Dalle sue parole emerge invece un grande logorio personale che lo ha condotto a una ricerca costante e incessante che ha voluto rappresentare sul suo corpo anche tramite i tatuaggi, che raccontano di simboli sacri connessi con le tante culture che ha avuto modo di conoscere durante i suoi tanti viaggi. Meraki è la capacità di liberarsi il più possibile dal giudizio e avere compassione verso gli altri. Avendo risolto alcuni conflitti, tra i sogni di Carlo c’è, appunto, la voglia di portare ascolto, compassione, pace e amore, di andare oltre certi tabù che limitano un vero dialogo nella nostra società.

Un altro sogno è vedere fiorire questo progetto in Italia e nel mondo, crescendo come centro educativo per bambini e adulti che stimoli a mettersi in gioco, imparare a fare, comunicare e vivere assieme, in maniera empatica e costruttiva. Un luogo dove supportare un’ecologia della mente e delle relazioni che possa essere un seme di resilienza capace di riportare l’essere umano in contatto con sé stesso e con la ricchezza della vita su questo pianeta. Una comunità intenzionale che sappia accogliere le differenze e sappia renderle risorse utili alla realizzazione dei suoi obiettivi. Un progetto ambizioso che possa essere da esempio e fonte di ispirazione per le tante realtà che stanno nascendo. E noi ci auguriamo con tutto il cuore che i sogni di Carlo trasformino presto in realtà!

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Il prossimo appuntamento è per mercoledì 20 alle ore 19 con Roberta Trucco.

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