14 Apr 2022

Animenta: per combattere i disturbi alimentari che nascono nella propria anima – Io Faccio Così #349

Scritto da: Daniela Bartolini

Animenta è un progetto ispirato dalla storia personale – difficile e dolorosa – di Aurora Caporossi con l'obiettivo di raccoglierne tante altre analoghe e trovare la forza di rinascere nel sostegno reciproco e nella condivisione per contrastare i disturbi alimentari.

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Roma, Lazio - «Animenta è uno strano nome per un’associazione che si occupa di disturbi alimentari». A dirlo è proprio la fondatrice e presidente, Aurora Caporossi. Più volte prima di incontrarla ho pensato al nome – Animenta – e a quelle piccole foglie incorporate nel logo di questa realtà che in poco tempo ha saputo, partendo da un piccolo paese della provincia romana, radicarsi, crescere e diffondersi in tutta Italia. 

«Il nome nasce da ciò che mi è mancato quando ho sofferto di disturbi alimentari. Avevo perso completamente la brillantezza, la freschezza. Non avevo quella linfa vitale tipica di una adolescente, di una ragazza di sedici anni che del mondo dovrebbe fare un sol boccone», racconta Aurora. «Un giorno stavo mangiando una caramella alla menta e cercando di capire come chiamare questa realtà che stava nascendo, quando mi sono resa conto di quanto sia potente questo senso di menta fresca e fredda».

animenta 2

Da qui la voglia di mettere la foglia di mentuccia nel logo, «per questo senso di vita che ricomincia a scorrere, di freschezza e vitalità che ognuno di noi dovrebbe avere. Animenta è l’unione tra l’anima e la menta o anche la mente. Perché i disturbi alimentari nascono nella propria anima e dentro la propria mente. E anche se sono nella nostra mente e non si vedono, sono estremamente reali. Anche se una cosa è nella mia mente ha diritto di essere vista e di essere curata». 

Aurora aveva sedici anni quando si è ammalata di anoressia nervosa e il progetto che oggi nutre Animenta, in qualche modo, è nato già allora, quando affrontando il suo percorso di terapia ha sentito nascere il desiderio di dare una mano e di fare la differenza. Qualcosa che oggi descrive come una linfa vitale che torna a scorrere, vita. 

DA PROGETTO SOCIAL AD ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE

Prima che come associazione, Animenta nasce come progetto social e blog. Una pagina Instagram nella quale condividere testimonianze, un blog in cui diverse persone insieme a lei hanno iniziato a raccontarsi, invitando altre a fare la stessa cosa. Il racconto delle esperienze personali è la base di Animenta, perché le storie sono uno specchio in cui riconoscersi e comprendere che c’è speranza e che non si è soli. Nel legame empatico che si crea nel momento in cui si ascolta chi ha vissuto un’esperienza vicina alla propria, che sa che cosa significa vivere con un disturbo alimentare, si può trovare ispirazione per il proprio percorso di cambiamento. 

Animenta è soprattutto la possibilità di mettere al centro la persona, di parlare con gli altri, di capire quali sono i problemi

«Abbiamo deciso di costituire un’associazione di promozione sociale quando abbiamo sentito la necessità di fare attività concreta nel territorio», spiega Aurora. «Non che l’online non sia sufficiente, ma sentivamo soprattutto la necessità di costruire programmi di prevenzione e sensibilizzazione all’interno delle scuole». Animenta nasce il 20 gennaio del 2021 con l’intento di creare una nuova realtà che sappia accogliere e rispondere alle esigenze delle nuove generazioni attraverso attività di sensibilizzazione e informazione.

Un luogo di ascolto e di accoglienza, dove il giudizio è bandito: «Abbiamo sentito la necessità di raccogliere anche tutte quelle persone che come noi hanno deciso di mettere la propria storia al servizio degli altri. Abbiamo una sessantina di volontari tra ragazzi e ragazze, psicologi e psicoterapeuti che decidono di mettere volontariamente e gratuitamente la propria esperienza e professione al servizio delle persone che chiedono aiuto».

I FALSI MITI SUI DISTURBI ALIMENTARI

Come Aurora ci racconta nel video che trovate di seguito, ci sono molti falsi miti legati ai disturbi alimentari ed è anche su questo che Animenta sensibilizza attraverso i propri canali e azioni. «Si crede che siano solo femminili. Non è così, sono malattie estremamente democratiche e non riguardano solo l’età adolescenziale: abbiamo tante mamme, tanti genitori, tanti papà che hanno affrontato o stanno affrontando questa malattia. L’idea di raccontare le storie, anche in formato anonimo, nasce anche dal fatto che il racconto di una storia unica crea stereotipi, raccontando tante storie diverse offriamo la possibilità a chiunque di sentirsi rappresentato».

«Il disturbo alimentare è stato per troppo tempo raccontato solo come una malattia legata al corpo, al cibo, al peso, in realtà non è così», prosegue Aurora. «Quando parliamo di disturbi alimentari faccio sempre la metafora del palcoscenico: il corpo possiamo collegarlo allo spettacolo che vediamo su un palco, è la manifestazione che noi facciamo all’altro di noi stessi. È la prima cosa che vediamo, ma il modo in cui il corpo si comporta, le trasformazioni che ha, sono correlate a tutto quello che c’è dietro le quinte, il backstage. Ed è lì che c’è un disturbo alimentare, nell’invisibile».

Aurora è una marketing manager che ha cambiato completamente la sua vita per creare questa associazione, «anche un po’ con la pretesa di riscrivere la comunicazione intorno a questi disturbi. Sul nostro profilo Instagram non si troverà una foto né di corpo né di cibo, non si parla di peso, si parla di emozione, di storia, si parla di ciò che non si vede. I disturbi riguardano una persona nella sua totalità». 

ANIMENTA OGGI

Animenta continua a ricevere ogni giorno tantissime storie, testimonianze, richieste di aiuto e ascolto. Pur avendo la propria sede a Roma, raggiunge tutta Italia attraverso le sue attività on line e non solo. I volontari e le volontarie sono diffuse in diverse regioni e in ognuna di esse si sta creando una piccola Animenta dove si fanno attività di prevenzione e sensibilizzazione sul territorio. 

«Animenta è soprattutto la possibilità di mettere al centro la persona, di parlare con gli altri, di capire quali sono i problemi, di comprendere cosa manca in Italia per avere accesso alle cure. Cerchiamo di cambiare il modo in cui si parla di questi disturbi alimentari andando a parlare anche con i media, con le altre associazioni già presenti sul territorio».

Animenta è fra le associazioni che fanno parte del Movimento Lilla, un movimento nato di recente che ha dato vita alla manifestazione che si è tenuta l’8 ottobre sotto il Ministero della Salute per chiedere il riconoscimento dei disturbi del comportamento alimentare come malattie autonome, con un budget dedicato all’interno dei LEA, i livelli essenziali di assistenza. «I disturbi alimentari sono multifattoriali e per essere curati hanno bisogno di una equipe multidisciplinare. Vorremmo creare un dialogo, un punto di incontro che, al di là del protocollo della parte più clinica, metta al centro la persona».

Oltre alle attività nelle scuole secondarie di secondo grado, dall’anno prossimo i progetti di Animenta entreranno anche nelle scuole secondarie di primo grado e stanno già coinvolgendo università e strutture private. A Roma l’associazione promuove anche attività teatrali e di self empowerment: Lettera al corpo è stato il primo progetto teatrale, lanciato insieme ad Ambra Angiolini.

animenta 1

«Se do uno sguardo al futuro, oltre a concretizzare tutte le attività che stiamo facendo – conclude Aurora – e diffonderle nel resto d’Italia, vedo un centro diurno per i disturbi alimentari a Roma che sappia accogliere le persone, le famiglie e che soprattutto crei momenti della giornata con attività terapeutiche che permettano un approccio alla cucina attraverso dei laboratori in cui i ragazzi, le famiglie possano ricreare il loro momento con il cibo».

«Immagino che in questo spazio ci sia uno sportello di ascolto in cui tutti e tutte possono confrontarsi con uno psicologo, con un professionista che fa parte della nostra rete. E, nello stesso centro, creare qualcosa legato alla danza, come la DanzaMovimentoTerapia che nella mia esperienza personale è stata un’ancora di salvezza insieme alla terapia».

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