3 Mar 2022

Smart Walking: vivere in cammino e lavorare quando e dove si fermano i piedi

Scritto da: Benedetta Torsello

Un viaggio di otto mesi zaino in spalla porterà Davide Fiz alla lenta riscoperta delle venti regioni italiane lungo sentieri, tratturi e vecchie vie dismesse. La mattina si farà guidare dai suoi piedi e il pomeriggio si dedicherà al suo lavoro di freelance, fermandosi di volta in volta in un posto nuovo. Il suo progetto, Smart Walking, vuole proporre un approccio nuovo, che armonizzi passioni, tempo libero e impegni lavorativi.

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Mettersi in cammino – scriveva David Le Breton – è come «avventurarsi fisicamente nella nudità del mondo». A piedi siamo più vulnerabili, eppure riusciamo a dare prova di grande resistenza. Siamo lenti e fragili, ma da nessun’altra prospettiva potremmo scoprire meglio il mondo. In cammino si impara ad ascoltare e a fidarsi di chi si incrocia lungo la strada. Si macinano chilometri, paura e si torna a stupirsi di fronte alla bellezza.

Metafora della vita, il cammino è molto spesso vissuto come una pausa da questa, si sostituisce alla routine, al lavoro e trova spazio unicamente nel fine settimana o durante le vacanze. Ma è davvero l’unica soluzione possibile? Zaino in spalla e portatile alla mano, Davide Fiz percorrerà l’Italia a piedi per promuovere un modo di lavorare basato su progettualità, organizzazione individuale del proprio tempo e benessere personale. Si chiama Smart Walking il progetto che lo porterà in giro per lo stivale, da marzo fino al prossimo autunno.

2500 chilometri per venti regioni: questa è la sfida che lo attende. Viaggiatore, fotografo ed esperto di commercial sales, Davide fa il freelance da oltre dieci anni e viaggia a piedi da molti di più. Con Smart Walking vorrebbe dimostrare che passioni e lavoro non devono necessariamente escludersi a vicenda, ma si possono portare comodamente dietro, in uno zaino.

Smart Walking nasce con l’obiettivo di ribaltare la visione tradizionale del lavoro e dello stesso smart working. Che siate nomadi digitali o campioni di workation, vivere meglio conciliando routine e tempo libero è possibile, basta trovare la propria strada. Quella di Davide risale per tutta Italia, da sud a nord: è un inno alla lentezza e al piacere del tempo ritrovato. Nel corso del suo viaggio Davide si racconterà sul suo blog e sulle nostre pagine. Scriverà di luoghi, incontri, di cosa dicono i paesi che attraverserà e di come stanno i suoi piedi. Intanto, conosciamolo un po’ meglio.

smart walking 1
Ti si potrebbe definire uno smart worker ante litteram. Quando lo sei diventato?

Sono un freelance dal 2010. C’è un’enorme differenza tra il lavoro da remoto e lo smart working. Credo che quello che faccio io sia molto più vicino a quest’ultimo, perché posso lavorare ovunque, non ho degli orari d’ufficio da rispettare, né altri vincoli di questo tipo. Ho degli obiettivi da raggiungere, ma sono io a dettarmi le scadenze e il ritmo di lavoro.

Mi capita spesso di lavorare una domenica piovosa e di uscire di lunedì perché c’è il sole: per me lavorare da freelance è un privilegio. Tornassi indietro continuerei a fare il freelance, perché riscoprire il valore del mio tempo è stata una delle conquiste più importanti.

Com’è nato il progetto Smart Walking?

Il progetto è nato da un’idea che mi è balenata in testa l’estate scorsa, mentre ero in cammino tra Oviedo e Santiago. Affrontare un viaggio a piedi richiede del tempo e molti giorni di stacco dal lavoro e quindi mi sono detto: perché non dimostrare che è possibile conciliare le proprie passioni con il lavoro?

Ed è quello che proverò a fare nei prossimi mesi. Smart Walking porterà me, il mio zaino e il mio pc su alcuni dei sentieri delle venti regioni italiane. La mattina si cammina, il pomeriggio si lavora. La settimana lavorativa sarà una settimana di cammino: vorrei che fosse il cammino a scandire il tempo e che il lavoro arrivasse quando e dove si fermeranno i miei piedi.

E i tuoi clienti? Come hanno reagito?

Mi hanno invidiato molto. Qualcuno di loro si è persino offerto di venire a camminare con me. Mi conoscono, sanno che sono un po’ nomade: ho fatto il mio miglior fatturato lavorando da Palermo, per un’azienda di Livorno. Mi hanno visto lavorare dai posti più improbabili: Sicilia, Tel Aviv e persino le Canarie. La professionalità non dipende da dove stai seduto e la fiducia dei propri clienti si conquista un passo alla volta.

Venti cammini per venti regioni. Come li hai scelti?

Ho cercato di scegliere dei cammini minori, inesplorati. Alcuni di questi sono abbastanza famosi, come quello di San Benedetto. Camminerò una media di venti chilometri al giorno, circa cinque ore. Partirò dal Sud Italia con il Cammino Materano, il Cammino del Salento e quello del Negro in Campania, solo per citare alcune delle tappe di Smart Walking. E poi sarà la volta di Sardegna, Umbria, Lazio, Marche, Molise per proseguire in estate nel Nord Italia fino al Friuli. In autunno tornerò nuovamente a sud, in Sicilia e Calabria.

La mattina si cammina, il pomeriggio si lavora. La settimana lavorativa sarà una settimana di cammino: vorrei che sia il cammino a scandire il tempo e che il lavoro arrivi quando e dove si fermeranno i miei piedi.

Quando ho pensato a questo lungo viaggio mi sono venuti in mente i sette sentieri cui si ispira Italia che Cambia. La ricerca del sé, le relazioni umane, la salute, l’economia, l’ambiente e anche la scuola: sarebbe un sogno poter raccontare a degli studenti la mia avventura. Nel corso dei prossimi mesi cercherò di percorrerli idealmente, al ritmo del mio passo.

Come ti sei preparato a questo lungo viaggio?

Nei mesi prima della partenza sono stato a Fuerteventura e ho praticamente camminato tutti i giorni, su strada e sterrato, con dislivelli positivi di massimo 500 metri. Ho iniziato camminando per un paio di ore (10 chilometri) fino ad arrivare a 4 ore (20 chilometri). Rientrato in Italia ho tolto la batteria della macchina e mi sono imposto di raggiungere qualsiasi posto a piedi. Questo mi ha permesso di fare almeno 10 chilometri al giorno, anche nelle giornate in cui ero pieno di impegni.

Non solo viaggiatore, ma anche fotografo: nei tuoi viaggi porti sempre con te la macchina fotografica?

Nel 2005 ho trascorso tre settimane in Kurdistan con una ONG italiana e ho avuto la fortuna di conoscere due reporter che hanno letteralmente scoperto il mio occhio fotografico. Da lì ho iniziato a viaggiare e realizzare reportage in Brasile, India e Angola. Quando fai un cammino ti scontri inevitabilmente con il problema del peso da portare sulle spalle e anche solo cento grammi, moltiplicati per venti o trenta chilometri, diventano faticosi da trasportare. La macchina fotografica è sempre stata un grosso punto interrogativo: portarla nello zaino o lasciarla a casa?

Nei cammini di Santiago ho sempre deciso di portarla con me, mi sembravano delle occasioni irripetibili e non potevo assolutamente rinunciarvi. Preferisco lasciare a case dei vestiti e portare la mia Nikon. Le possibilità che dà un viaggio a piedi da un punto di vista fotografico sono infinite e meravigliose. Perché vai lento, ti soffermi sulla gente che incroci, vedi la luce che cambia nel corso della giornata. Le foto non possono essere fatte se non andando a piedi. Rispetto agli altri cammini, questa volta ho anche il portatile da trasportare. Il rischio di dover rinunciare alla mia macchina fotografica, ahimè, è molto alto.

Portarsi dietro la macchina fotografica è un dilemma. Il portatile in questo caso sarà insispensabile: cos’altro non dimenticherai di portare con te?

Il fondatore del movimento scout, Baden Powell, ripeteva sempre che «non esiste buono o cattivo tempo, ma esiste buono e cattivo equipaggiamento». A parte le cose essenziali non vi è nulla di davvero importante da portare con sé. Dovrò avere le scarpe giuste, gli indumenti indispensabili, ma nulla di più. In questi anni, ho capito che per essere felici bisogna aprirsi alla vita, il resto non conta. La cosa più importante che porterò con me è un cuore aperto, capace di accogliere tutto ciò che di buono incontrerò lungo la strada. Ciò che porterò nello zaino è fondamentale, ma quello che mi serve davvero è dentro di me.

smart walking
Se potessi partire con uno scrittore-viaggiatore, chi sceglieresti?

Paolo Rumiz. Ho divorato i suoi libri e da uno di questi ho preso ispirazione per un viaggio con un carissimo amico. In direzione contraria a quanto fatto da Rumiz, abbiamo risalito l’Italia a cavallo della sua colonna vertebrale, gli Appennini. È stato un viaggio nel tempo, attraverso aree remote che ancora raccontano il passato della nostra civiltà rurale.

L’elogio della lentezza – che Rumiz fa nel suo La leggenda dei monti naviganti – è stato di grande insegnamento per me. Da quando ho scoperto i cammini, ho capito che solo i miei piedi o le pedalate in sella a una bicicletta mi permettono davvero di scoprire il territorio. Ha ragione Rumiz: «forse la percezione del mondo non dipende dai luoghi, ma dall’andatura».

A proposito del work life balance: pensi di averlo raggiunto?

Ci sono stati dei momenti della vita in cui c’ero quasi (ride, ndr). La vita evolve, non è mai ferma. Come tutti gli equilibri va ricercato: non è un traguardo, ma una scoperta. Spero che Smart Walking mi aiuti a ritrovarlo, ancora una volta.

Cosa consiglieresti a chi non ha il coraggio di partire o lanciarsi in un’avventura simile?

Nella vita nulla si ottiene con facilità. Anche per stare meglio bisogna rischiare qualcosa e mettersi in gioco. Tutto quello che non si fa, a lungo andare può trasformarsi in un rimpianto. Bisogna avere costanza, determinazione, darsi un obiettivo e lavorare duramente per raggiungerlo. Arrivare piano alla meta e godersi ogni passo, ogni metro della fatica. Mi torna spesso in mente Itaca di Constantino Kavafis:

Sempre devi avere in mente Itaca
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e
che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca non è l’obiettivo, ma provare a raggiungerla è il fine. Ciò che conta è il viaggio, sempre.

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